LA VISTA DA QUI

Cosenza da qui è una voce lontana.
Qui, ormai lo saprete, è una fetta di nord (nord-est, se preferite) Italia, un angolo di lombardo-veneto: boschi (parecchi), ville isolate, casolari, paesini, e poi all’improvviso metropoli. Pievi, acquitrini, paludi, campi, e poi sbatti su Milano o Venezia. Qui è la mia villa, il mio parco, i boschi al limitare del mio cancello (in boschi come questi, geograficamente nemmeno lontani, è germogliato il seme delle Bestie di Satana, per rendere l’idea di come appaiano di notte).
Ecco, da qui Cosenza appare un puntino lontano, laggiù.
Dalla valle del Crati, dalla Sila, dalla città mi arrivano notizie, voci, pettegolezzi: guardo tutto con distanza e distacco, e magari più degli altri ho la possibilità di formarmi un’opinione più obiettiva. Non vivo più Corso Mazzini e nemmeno il Sanvitino, e siti web cosentini e trasmissioni televisive (anche su internet) li bazzico sì, ma con sguardo divertito.
Da lontano posso permettermi anche di risultare un po’ offensivo per qualcuno (magari tra quelli che si danno arie da giornalisti senza sapersi esprimere o saper scrivere in italiano, ma con una lingua lunghissima e sempre pronti a prostrarsi a Guarascio, persino quando lo stesso presidente nemmeno ne avrebbe bisogno). Posso risultare offensivo per costoro e anzi un po’ anche lo spero, perché c’è veramente bisogno che qualcuno li offenda.
La vista da qui è placida, anche. In città, in riva al Crati e al Busento, serpeggiano spesso veleni che però non arrivano a mille e passa chilometri di distanza. Salgo all’ultimo piano, in mansarda, dove ho ricavato una specie di studio, in legno tipo baita, con vista sui boschi di nord-est e totalmente dedicato all’osservazione della lontanissima Cosenza: scrivania, librerie, scaffali, computer, immagini alle pareti, la grande finestra lucernario che guarda le conifere che si estendono per ettari infiniti, e la postazione per scrivere sul blog, grazie ai ragazzi che mi ospitano sulla loro creatura web.
Per scrivere di Cosenza e del Cosenza.
Da qui, soprattutto, posso guardare con sufficiente distanza il quadro d’insieme.


Quello che vedo non è confortante.
Non è ancora desolante, no: quello lo è stato in altri anni, in periodi molto più avanzati, quando lo scempio andava facendosi certo. Ma stiamo giungendo a fine maggio e solo chi di calcio non ne capisce neanche un minimo può pensare che ci sia tempo e non siamo ancora in ritardo: gente che pensa che il calciomercato si faccia ad agosto e così, d’istinto, senza un minimo piano programmatico, gente che pensa che il ritiro precampionato sia un inutile orpello e che anzi, quando lo svolgiamo, è un regalo che fa il presidente; ecco, se escludiamo questa gente, restano quelli normali, quelli che hanno capito che cominciamo a essere in ritardo.
Del ritiro non si sa nulla, se non che praticamente a fine maggio si è scoperto che anche quest’anno le strutture in Sila non sono all’altezza (per voler usare un eufemismo che non spari sulla croce rossa). La presidente provinciale Succurro si mostrava anche piccata nella scelta operata lo scorso anno di andare a svolgere il ritiro fuori proprio a motivo delle carenze strutturali silane: credo che dovrebbero semmai mostrarsi arrabbiati i suoi elettori.
Del DS non si sa nulla: Gemmi è dato dietro la scrivania di mezza serie B, bussano alla sua porta Spezia e Reggiana, lui dice che prima aspetterà una chiamata da Guarascio perché il Cosenza è la priorità ma chiamate da Guarascio non ne arrivano. Dovevano incontrarsi nella scorsa settimana, poi lunedì, poi non si sa: non si sono ancora visti. E il timore, sussurrato da qualcuno (voci che arrivano persino fin quassù) è che il presidente stia tergiversando in attesa di soldi che spera arrivino da sponsorizzazioni e soprattutto in attesa di conoscere l’esito dei playoff di B, perché i programmi del Cosenza potrebbero essere molto differenti se il Catanzaro li vincesse.
In attesa di sapere se il posto in serie A e di conseguenza la fetta migliore dei ritorni economici vengano accaparrato da Noto, convincendo il Nostro (così si dice) a rivedere al ribasso le ambizioni perché i rubinetti in entrata subirebbero un drastico calo del flusso in confronto alle attese e alle previsioni, Guarascio pare abbia congelato tutto.
Gemmi compreso.


Guardo Cosenza da tanto lontano e mi chiedo se sia vero.
Quello che so è che si doveva fin da ora imprimere un’accelerata decisa gettando sul tavolo programmi e ambizioni, progetti e visione del futuro, anche solo in nuce, anche solo in astratto, e invece al 23 maggio c’è il direttore sportivo in scadenza che ancora aspetta una telefonata, il giocatore più forte della rosa (e del campionato) e più rappresentativo che non si sa se verrà riscattato (e già si fa subdolamente circolare la voce che sia lui a non voler restare a Cosenza perché vuole la serie A), l’idea per la prossima stagione ancora in alto mare, eccetera.
Tutto un enorme punto interrogativo.
Guardo Cosenza da lontano e mi domando come mai non si sia imparato.
Come mai anno dopo anno non si impari mai.
Come mai anno dopo anno sempre gli stessi errori.
Poi mi ricordo che qui, su questo blog, si è sempre detto che certe scelte sono volute e consapevoli e quindi non devono chiamarsi errori, perché l’errore, in fondo, discolpa e attenua le responsabilità (a tutti succede di sbagliare), mentre la scelta voluta e consapevole almeno inchioda alle responsabilità che ne sorgono il suo autore.
Fatto sta che anno dopo anno scriviamo sempre le stesse cose. Maggio, quasi giugno, e ancora non si sa nulla, e ancora un direttore sportivo aspetta una telefonata, e ancora si sfogliano margherite mentre si dovrebbe preparare la prossima stagione e c’è una squadra che di base potrebbe anche puntare in alto, se mantenuta e rinforzata, e se garantita quella continuità tecnica che questo tergiversare sta mettendo a rischio anche stavolta.
Guardo Cosenza da lontano e sospiro.

Mario Kempes

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