​GALLINE SPENNATE

Corre sul web un aneddoto, o forse sarebbe più opportuno parlarne come di una leggenda (non c’è letteratura o prove storiche che ne confermino la veridicità) in cui mi sono imbattuto, che mi ha molto colpito, sia perché mi ha fatto riflettere sui tempi – bui – che stiamo attraversando, in generale, come società civile (con perdita di valori, ma soprattutto di libertà) sia perché l’ho accostata facilmente a ciò che da anni, ormai, sta accadendo attorno al nostro amato Cosenza. Ora, trattando qui di pallone e nello specifico dei Lupi, non voglio tediare il lettore circa i miei pensieri riguardanti lo sfacelo totale che a mio modo di vedere si sta consumando nel mondo, anche perché sarebbe esclusivamente una mia personale visione delle cose e non rappresenterebbe dunque la linea editoriale di questo Blog: ciascuno, se vuole estendere il ragionamento ad altro è liberissimo di farlo da sé e ne tragga le proprie considerazioni e conclusioni. Io sarò lieto, in questo caso di avere fornito uno spunto di riflessione più ampio, rispetto al mondo pallonaro. Pertanto, accosterò al Cosenza l’aneddoto che ora vi vado a riportare, per fare poi un parallelo su quanto accade in val di Crati.

In una delle sue tante riunioni con i suoi vari ministri e gregari Stalin (ma potrebbe essere stato qualsiasi altro potente) chiese che gli venisse portata una gallina; la afferrò e la strinse forte con una mano mentre con l’altra iniziò a strapparle le penne ad una ad una, inducendo grande dolore al malcapitato pennuto. La gallina starnazzava dal dolore e tentava, divincolandosi, di sfuggire in ogni modo, ma senza riuscirci: la presa era troppo forte per lei. Stalin riuscì a toglierle tutte le penne senza tanti problemi – immaginate il dolore del povero animale – e una volta terminato si rivolse agli astanti dicendo loro: “Adesso guardate cosa accade”. Mise la gallina sanguinante e dolorante per terra e si allontanò da essa per andare a prendere del grano, mentre i suoi collaboratori continuavano ad osservarlo esterrefatti. Ancora più meravigliati nel vedere che la gallina, invece che allontanarsene per il terrore, al contrario correva verso il dittatore, il quale nel frattempo aveva preso a depositare a terra manciate di becchime, facendole fare il giro della stanza. Ad ogni suo passo ne corrispondevano altrettanti della gallina che gli si avvicinava. A questo punto Stalin si rivolse ai presenti dicendo loro: ”Così, facilmente, si governano gli stupidi: avete visto come la gallina mi insegue nonostante tutto il dolore che le ho procurato? La maggior parte dei popoli sono così, continuano a seguire i loro governanti e i politici nonostante tutto il dolore che gli provocano, con il solo scopo di ricevere un regalo da niente o semplicemente un po’ di cibo per qualche giorno”. Sono passati tantissimi anni, ma le cose non sembrano, purtroppo, essere affatto cambiate.

Soprattutto dalle nostre parti. Questo aneddoto così d’effetto, infatti, può tranquillamente essere traslato, secondo la nostra fantasia, a quanto sta capitando a Cosenza da quando è diventato presidente del sodalizio rossoblu Eugenio Guarascio (a proposito: VATTENE!). Signorotto di turno, Don Rodrigo più che Innominato (il potente vero, dietro le quinte, potrebbe essere altrove? L’immaginazione è fervida ed in tanti se lo chiedono) che da undici anni adotterebbe la politica del dividi et impera riuscendo così a fare il bello ed il cattivo tempo con la nostra squadra del cuore. Per dividere, basta pochissimo, perché evidentemente alle galline di Cosenza sarebbe sufficiente davvero un becchime anche scadente. Qualcuno si fa bastare un lavoretto pure saltuario, di qualche ora; ad altri semplici accrediti per accedere allo stadio; a qualcun altro ancora una maglietta; poi ci sono i padri di famiglia – come se non fosse una condizione comune e si trattasse di una prerogativa appannaggio solo di costoro – per cui esporsi significherebbe mettere a repentaglio il futuro della propria prole; infine, i peggiori, quelli che si lasciano vincere dall’apatia, che magari soffrono pure, ma lo fanno in silenzio, quelli del “perché non te lo prendi tu il Cosenza?”; o quegli altri che “se non era per il presidente giocavamo ancora con la Fincantieri”; per non parlare della massa di pecoroni che, finché non è arrivato il regalo di Natale di quest’anno, contenente le registrazioni dei vari Rodriguez/Fernando e Campisano, continuavano a raccontare che “se va via lui, chi lo vuole il Cosenza? Non c’è mai stata nessuna offerta!”. I peggiori perché sono quelli che il grano non arrivano neanche a beccarlo, si accontentano della pùla, il cascame della trebbiatura, gli scarti insomma. Quelli a cui la paventata verità crea più imbarazzo e dolore rispetto alle menzogne, quindi difendono queste ultime a spada tratta. Ed in ragione di quelle, chiudono gli occhi sulle peggiori nefandezze perpetrate ai danni di una fede e di una passione di cui viene – a questo punto – il sospetto che possano essere parte, o realmente nutrire! Ma, procediamo con ordine.

Così abbiamo ascoltato, in questi anni, il silenzio assordante della politica, mai intervenuta a sostegno di una comunità che nel Cosenza si riconosce per senso di appartenenza e di riscatto, che travalica la semplice fede calcistica. Questi signori non sono stati in grado di muovere un dito per esercitare un minimo di pressione, neanche quando la scorsa estate sembrava che il dissenso nei confronti del proprietario del Club, che è vero si tratti di un’azienda di diritto privato ma che è altrettanto vero rechi il nome e rappresenti un’intera collettività, quindi ha responsabilità nei confronti di essa. Connivenze, interessi, intrallazzi, giochi di potere… nell’immaginario collettivo la politica si nutre di tutto ciò (questo il loro becchime?), quindi – forse – l’immobilismo della classe politica cosentina riguardo alla scellerata conduzione societaria del Cosenza Calcio, è quello che colpisce o scandalizza di meno.

Un po’ più di perplessità generano invece gli imprenditori che hanno deciso anche quest’anno di supportare, in qualità di sponsor, il sodalizio rossoblu. A loro era, anche recentemente, promesso dal patron mari e monti nel mercato di riparazione. E’ sotto gli occhi di tutti come si sia mossa la Società, al riguardo, eppure non ho visto nessuno dei partner del Cosenza revocare la sponsorship o venire fuori con comunicati stampa che prendessero le distanze da un tale atteggiamento ed una palese presa per i fondelli. Nel loro caso, il becchime qual è? Non è che si annida dietro le carte dei bilanci del Cosenza? Ma ci fermiamo qui.

Ancora, la stampa. A parte le testate in cui i giornalisti sono più o meno direttamente collegabili con l’ufficio stampa del Cosenza (il becchime, qui, molto semplicemente consiste nell’impossibilità di un collega esterno alla Società di pestare i piedi di un altro collega ad essa interno, perché grazie alle notizie passate in anteprima dal secondo al primo, quest’ultimo trae diretto beneficio e sussistenza per il proprio lavoro) che non sto qui ad elencare, perché esse sono note ed i giornalisti che hanno un piede di qua ed uno di là pure, sono sotto gli occhi di tutti. Su questi basterà stendere il fatidico pietoso velo, tanto è lapalissiano il conflitto di interessi; altri che devono mantenere buoni i rapporti con il DS, altrimenti le informazioni di calciomercato o comunque le notizie in generale, provenienti da una Società incapace di comunicare, come può averle, altrimenti, in anteprima (becchime); altri ancora – magari ancora sprovvisti di tessera professionale – non possono certo pensare di inimicarsi la Società che decide a chi dare, o meno, gli accrediti (altro tipo di granaglia); così come c’è da scommetterci che non vale la pena stuzzicare a mezzo stampa un rancoroso (e l’ha dimostrato a più riprese) presidente, meglio evitare di andargli contro e ricevere una pericolosa fatwa – ma forse sarebbe più corretto definirla come dannosa scomunica – che colpendo il malcapitato giornalista oppositore, gli pregiudicherebbe di intervistare giocatori, staff e comunque chiunque graviti attorno al calcio cosentino. Significherebbe smettere di lavorare? Forse (quindi meglio evitare di rischiare di perdere il proprio miglio). Anche se ci sono esempi di qualcuno che non si è conformato a tali pensieri (quindi NON facciamo di tutta l’erba un fascio) e che lavora comunque, salvaguardando stipendio e dignità. E ci campa comunque la famiglia. Infine, mi piace citare anche altri tipi di galline, di quelle abituate a mangiare tanto, che magari non sono esattamente iscritte all’albo, ma vengono definite massmediologi che, nonostante gli evidenti problemi ad impugnare la penna o a digitare sulle tastiere, sono facili ad etichettare chi ha anche titoli di studio, capacità lessicali, idee e libertà di pensiero maggiori, come ciotariaddri. Per queste galline, viene più facile leccare, anziché beccare, e così si nutrono. In sintesi, considerata la varietà di mangime appena elencata e generosamente elargita, siamo costretti a subire da anni una classe giornalistica, fatti i dovuti distinguo – ripeto -, quasi totalmente asservita e conformata.

Altro dolorosissimo capitolo, forse il peggiore, è quello che riguarda certi tifosi. Da un lato, parte della tifoseria organizzata, colpevolmente assente e silente, che è intervenuta con tempistiche quanto meno sospette, a raffiche. Come fatto – da qualcuno, mica da tutti – nelle manifestazioni dell’estate scorsa, ad esempio, o in occasione della prima partita casalinga stagionale, oppure in occasione della partita persa contro la Cremonese. E poi? Perché la protesta non è continuata? Per loro il becchime qual è? Altri addirittura non hanno mai contestato, anzi! Non scorderò mai più quando, a Livorno, il 15 febbraio di due anni fa, in occasione di Livorno – Cosenza 0 – 3, ero nel settore ospiti dell’Armando Picchi, quindi nella nostra curva, quella occupata da noi cosentini. A fine partita un mio amico levò un urlo con un epiteto contro il presidente. Fu immediatamente accerchiato da tre o quattro persone, ultrà rossoblu – così si sono definiti -, a torso nudo che ci mancò poco se non lo presero a botte, intimandogli di smetterla altrimenti se la sarebbe passata brutta. Più in là il mio amico ha scoperto che uno di essi lavorava a Cosenza come operatore ecologico, a tempo determinato (ecco il mangime per questa ed altre galline in quell’ambiente!). Poi, ce ne sono altri, che chiameremo tifosi da social, che la loro azione invece la praticano, ma forse sarebbe il caso di dire la… spammano, sui social. Per questi, che sono forse i più subdoli, c’è miglio, grano, frumento, crusca e chi più ne ha più ne metta. Da chi riesce ad ottenere fondi per le proprie attività, a coloro i quali si accontentano di una maglietta autografata, a quelli che accedono agli accrediti, fino a quelli che – fortunelli – ottengono qualche favore personale più importante o qualche impiego. Pochi giorni fa ne abbiamo sgamata una che difendeva a spada tratta il signore di Parenti, con argomentazioni che si arrampicavano sugli specchi. E’ stata zittita quando qualcuno ha tirato fuori una sua foto che la ritraeva sorridente di fianco al signore di cui sopra, di cui è dipendente in una delle sue attività. Questo esercito di truppe cammellate chissà quali altre aderenze ha che non immaginiamo nemmeno, assistenzialismi, ruffianìe, collusioni, opportunismi, o semplice apatie. Tutte storture che giustificano la difesa ad oltranza ed a spada tratta, soprattutto sui social, delle peggiori nefandezze perpetrate ai danni di un popolo, quello rossoblu, che da sempre non riesce a trovare pace, stabilità, progettualità, in una parola, futuro!

Molti attacchi sono arrivati in modo diretto anche a questo Blog, solo perché esso si è fatto voce di verità e la verità, si sa, a volte fa male, soprattutto se rovina il gioco a chi lotta per coprirla. Il che non significa che noi non si possa incorrere in errore, badate bene, ma che se ciò accadesse, avverrebbe in buona fede, perché in questa redazione non esistono galline da spennare, semplicemente perché nessuno dei blogger chiede, né vuole alcun tipo di mangime. Il lavoro che viene svolto è frutto di puro volontariato, genuina e reale passione per i colori rossoblu. Come nelle migliori tradizioni della tifoseria cosentina di un tempo, quando vigeva ancora una certa mentalità alla Piero Romeo, di cui siamo orfani quanto nostalgici, nel contesto della quale siamo cresciuti, ancora oggi diciamo: padroni e capi non ne vogliamo! Quindi il nostro obiettivo, nell’interesse di chi ama in modo disinteressato e solo per pura passione i Lupi, è di cercare di scardinare questo mefistofelico status quo e questa coltre di nebbie e di menzogne che si sono venuti a creare attorno al nostro amato Cosenza. Se non si riesce ad innescare presto un cambiamento, una brusca sterzata, con un cambio di timone in seno alla Società, sembra inesorabile il destino e, come sognavo in un incubo pubblicato l’anno scorso (Nightmare), siamo avviati verso il terzo fallimento. Non vorremo poi arrivare a dire, un giorno, siamo stati facili cassandre, avevamo lanciato l’allarme, solo che o non siamo stati creduti, oppure qualcuno non ha voluto ascoltare, intento com’era a razzolare nell’aia, come una gallina spennata!

Sapiens

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