LA ZONA MORTA #37 – MA QUANDO IMPARI?

«Il successo non consiste nel non commettere errori, ma nel non fare lo stesso una seconda volta.»
(George Bernard Shaw)

La sera che Minelli ha infierito col suo arbitraggio killer contro noi in quel di Ferrara, ho scritto due pezzi. Il primo lo avete letto subito dopo la partita. Quello che state leggendo è venuto fuori mentre ascoltavo il nostro Ds Goretti andare in conferenza a lamentarsi (com’era giusto!) per il trattamento ricevuto in campo. Il motivo per cui esce solo oggi è che volevo aspettare. Aspettare e vedere se la solfa sarebbe stata la stessa, o se stavolta – memore degli errori, dei silenzi e delle omissioni nei comportamenti passati – la persona che ci dovrebbe rappresentare più di tutte quando si parla della NOSTRA SQUADRA ( se non l’avete capito, sto parlando del Presidente Guarascio) si sarebbe degnata di darci un segnale di vita concreto. Non mi interessa se non sa parlare, se lui di calcio non ci capisce nulla e comunque vuole farlo (male!) a modo suo, e se può essere considerato anche fonte di imbarazzo. Quando ti trattano come martedì sera, uno puo’ avere tutte le sue astruse idee ed il più grande menefreghismo del mondo verso una Società di cui è proprietario, ma è tenuto a dire qualcosa. Qualsiasi cosa! Può anche provare a stemperare gli animi se lo ritiene opportuno, ma deve farlo. Lo impone l’immagine ed il ruolo che tanto gli piace ricoprire. Non sa o non vuole parlare in pubblico? Bene, basta un semplice comunicato ufficiale con la sua firma. Ci sono oneri ed onori nell’essere Presidente. E nessuno può evitarli, suo malgrado. Non è che uno può passeggiare gongolandosi nel sentirsi chiamare Presidente per Corso Mazzini e pensare che, quando le cose vanno male, basta “eclissarsi” per un certo periodo come se niente fosse. Ieri la mannaia dell’arbitraggio di Minelli ha chiuso l’ultimo capitolo di quella orribile partita, con i turni di squalifiche – che ci aspettavamo – comminati ai giocatori che durante e dopo la partita sono stati vittime della sua ignobile miopia, malafede e protervia. Due turni a Camporese e Rigione, uno a Larrivey. Persino il vice di Bisoli, Chiodi, non è stato risparmiato. Decisioni abbastanza prevedibili per quello che avevamo visto. Ma proprio per questo era l’occasione giusta per sottolineare come queste sanzioni (addirittura un’ammenda di 4000€ è stata data ai tifosi del Cosenza presenti, per avere lanciato in campo tre bottigliette di plastica) siano state generate da una cattiva gestione che ultimamente sta colpendo in maniera deleteria ed ingiusta il Cosenza Calcio. Si potevano trovare mille pretesti per farsi sentire, senza scadere ma cercando con contegno di protestare. Un po’ come ha fatto Goretti nel post partita nel suo ruolo di Ds. Ed invece, com’era prevedibile, il solito silenzio, che stavolta possiamo interpretare come silenzio assenso. Su tutta la linea. Noi non molliamo, come ribadito ieri da Nube, in una stagione e con una Lega che si dimostra incapace e inadatta a gestire questo campionato, e che ci tratta come dei pezzenti. Ma a dirlo chiaramente doveva essere per primo chi è proprietario di questa Società! Come da copione, ci becchiamo l’ennesima batosta – soprattutto morale – e ce ne stiamo zitti in attesa della prossima partita.

Una partita che tutti noi vedremo con una notevole rabbia latente per quello che abbiamo subito. Che affronteremo stanchi, falcidiati dalle squalifiche oltre che dagli infortuni, e che si percepisce partirà con un’inevitabile pregiudizio verso la classe arbitrale. Già le risposte date sulla pagina facebook dell’Aia di Varese ai tantissimi tifosi del Cosenza che (giustamente) hanno scritto inferociti nel post partita non ha certo rasserenato gli animi. Dulcis in fundo, il fischietto designato per dirigere il match contro il Monza non ha precedenti favorevoli con noi, anche se non per direzioni errate. Ma il tarlo che ormai si è insinuato dopo la Spal – l’ultimo di una serie, non il primo! – di essere facili prede di errori a nostro svantaggio, errori che lasceranno impuniti se qualcuno li commetterà, è oramai difficile da scacciare. Anche gli appelli ad andare allo stadio per reagire fanno poca presa e risultano stucchevoli. Perchè se il primo che dovrebbe incitare e dare l’esempio se ne sta – ancora una volta – bellamente in silenzio, come se il miniabbonamento sia stato già una grossa “concessione” fatta ai tifosi, che ci possiamo aspettare se domenica saremo nuovamente vittime facilmente calpestabili, lasciati soli da una Società sempre assente? Che cosa trasmette all’esterno una tifoseria che urla e protesta, mentre il suo Presidente tace con una espressione palesemente insensibile? La solita solfa, come detto. Eppure non sembra di chiedere tanto. Nella provincia, a qualsiasi latitudine, un po’ di genuina passione e irruenza ha sempre fatto la differenza. Delle volte ha persino compensato lacune molto grosse ( e questo Cosenza ne ha parecchie!) al momento opportuno. Ma era così quando si andava nella stessa direzione, e con la stessa convinzione e coinvolgimento. E quando ognuno fa la sua parte, cosa che a Cosenza fa solo la tifoseria. Non quando ti ritrovi sullo scranno più importante una persona che ha l’indifferenza e l’apatia più mortificante! Per farvi capire cosa intendo, vi lascio con un video di un personaggio che era la quintessenza del discorso appena fatto. Si chiamava Costantino Rozzi, se non lo conoscete è stato il Presidente più importante (ed amato) ad Ascoli. Una realtà che come dimensioni è molto simile alla nostra.

Rozzi non era certo colto, sofisticato e spendaccione. In un pezzo del video lo si sente pure dire che “lo hanno incastrato a fare il Presidente”. Eppure lo ha saputo fare. E non si è mai tirato indietro quando gli toccava esserlo nei momenti critici. Perchè era genuino, sanguigno e onesto quando si rivolgeva ai tifosi. Non faceva proclami, inventandosi affermazioni assurde e inconsistenti, ma diceva la verità! E, partendo dalla serie C, era arrivato nella massima Serie con coraggio. Battagliando, facendosi sentire se necessario e rendendo la sua Ascoli una realtà nazionale degli anni Ottanta. Certo, il calcio è cambiato, ma certe sue “basi” sono rimaste, e possono essere ancora d’esempio se aggiornate con criterio. Inoltre come imprenditore era figlio dei suoi tempi, ma sapeva “imparare” dagli errori, e teneva le fila serrate quando era il momento. Per il bene della sua Squadra. Nessuno – io per primo – si aspetta che Guarascio possa dopo 11 anni capire come si fa il Presidente in maniera adeguata. Del resto, come ho detto prima, gli piace solo il titolo, non il peso della responsabilità che ricopre lo stesso. E infatti ogni giorno di più la sua presenza è totalmente dannosa, oltre che inutile per come ci trattano. Ma, come detto nella frase di Shaw, che continui pure a fare gli stessi errori senza aver imparato è veramente grave!

Sinn Feìn

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