LA RETORICA DELLA DISTRAZIONE.

Il calibro di una persona è riconducibile allo spessore della sua parola.
Nicola Zacchino

Avevo scritto alcune cose per questo pezzo, ma questa vignetta che ci ha girato ieri un nostro affezionato lettore (a cui tutta la Bandiera Rossoblù fa i complimenti per la creatività), mi ha costretto a rivedere alcune cose.
Il senso del discorso che volevo fare non cambia di molto. Perché con questa storia della Conad, è ufficialmente caduto anche l’ultimo velo – e l’ultima giustificazione – di chi continuava a sostenere che Guarascio fosse l’unica soluzione possibile per il Cosenza Calcio. Comunque vada a finire (noi della Bandiera ve lo abbiamo anticipato: male. Come sempre, quando c’è di mezzo Guarascio), quest’ultima frottola va a fare compagnia a tutte le altre che dal 2011 hanno cercato di proteggere le gravi mancanze di questa Società.
E adesso non ci sono più scuse.
Ci sono tre elementi molto interessanti che forse vi sono sfuggiti questa settimana nel post Pisa-Cosenza.
Il primo è stata la “conferma” della veridicità della trattativa data su Teleuropa durante Replay lunedì pomeriggio. Teleuropa è l’emittente che – se siete stati attenti – si era affrettata per prima a smentire venerdì la voce della Conad e l’articolo uscito sul Pendolo. La cosa più ironica è che a dare la notizia (e a fare questa improvvisa giravolta) è stato proprio uno di quelli che per anni ha difeso a spada tratta TUTTE le scelte e gli errori di questa Società, e replicava stizzito “piagliatillu tu u Cusenza” quando si faceva notare che questa proprietà aveva toccato il fondo e doveva passare la mano. Una frase che su i Social i soliti prezzolati hanno fatto diventare un mantra per anni, pur di fare scudo nelle tante situazioni critiche. Fino all’altro giorno…
Il secondo è stato l’ironica costruzione fatta durante la trasmissione A lupo a lupo da un ospite, sul modo in cui Guarascio ha contattato gli allenatori: “C’è il numero del registro delle opposizioni. Guarascio, a tutti ‘sti allenatori, li ha chiamati col numero riservato. Uno l’ha rispùsu! Gli ha risposto Zeman, e quello ha chiuso!”. Credo sia la battuta della settimana che meglio rappresenta, fra il serio e il faceto – ma forse sarebbe meglio dire tra il serio e il tragicomico – come ormai anche a Cosenza viene considerata la serietà del nostro presidente.
Il terzo è una frase scappata (non so se volontariamente o involontariamente) a qualche giornale, mentre è riaffiorata di colpo l’ipotesi di prendere qualche svincolato per correre subito ai ripari allo stupore mancato di quest’anno. Qualcuno infatti, presentando l’ipotesi che a breve il Cosenza potrebbe dotarsi di giocatori esperti e svincolati, si è fatto incautamente uscire un “Gemmi è stato autorizzato ad operare”.
Interessante.
Quindi adesso si ammette che per fare il mercato a Cosenza, il Ds di turno ha bisogno delle “autorizzazioni”, e non è responsabile in toto e autonomamente delle scelte che ogni anno gli vengono rinfacciate dai tifosi! Lo so che per molti questa è una cosa assodata, ma siccome io mi trascino da mesi il cruccio del mancato di ingaggio di Gori in porta, chiuso da settimane – a cui ha fatto seguito una repentina conferma di Matosevic (che era sul mercato fino a quel momento), con addirittura prolungamento del contratto! -, non riesco a pensare che dietro ci sia stata una “mancata autorizzazione” del Presidente. E chissà quante altre volte durante il calciomercato, Gemmi è rimasto stupito nel dover fare retromarcia su trattative che stava imbastendo.

La verità trionfa da sola, la menzogna ha sempre bisogno di complici.” diceva il grande filosofo Epitteto. Ed è dal 2011 che c’è troppa complicità nel far passare molte menzogne di questa Società. Di più, c’è stata una pesante retorica. Per chi non fosse edotto in merito, la retorica è la capacità di convincere, di persuadere le persone sulle proprie idee e le scelte che fa chi si rivolge al pubblico da un pulpito, o da una qualunque posizione di comando.
Alla base di questa disciplina per convincere si passa attraverso vari livelli, anche tramite le emozioni. Nella manualistica antica, si diceva che un oratore doveva porsi tre obiettivi: docere, informare sul fatto oggetto del discorso; movere, commuovere e coinvolgere l’uditorio; delectare, esporre gli argomenti con vivacità. Il tutto evitando l’effetto noia, un grosso freno per la comprensione. Per ottenere questi risultati, l’oratore non deve parlare a se stesso, compiacendosi delle proprie capacità oratorie, vere o presunte. Al contrario, deve rivolgersi al pubblico, modulando le sue argomentazioni sulla base delle caratteristiche e degli interessi del suo uditorio.
Ma spesso, nell’uso moderno, essere retorici ha quasi un valore spregiativo, ampolloso, enfatico e sostanzialmente vuoto. Cioè privo o povero di maggiore impegno intellettuale, civile o morale (e sportivo, mi sento di aggiungere). Bisogna quindi essere in grado di utilizzare questa arte, o gli effetti possono essere contrari a quello desiderato. Nei casi in cui avvertiamo un’enfasi eccessiva, siamo semplicemente di fronte a una cattiva retorica. Perché, quando un oratore mette in campo la buona retorica, l’uditorio non se ne accorge nemmeno. La buona retorica, infatti, non è quella che gonfia un discorso o una situazione favorevole, ma molto più semplicemente, quella che analizza e comprende la situazione oggettiva.
Voi pensate ovviamente che parlare di retorica, in un argomento che riguarda Guarascio, sia totalmente fuori luogo, viste le sue limitatissime (e a volte anche imbarazzanti, molto imbarazzanti!) capacità oratorie. Niente di più falso, come vi dimostrerò adesso. Perchè c’è stata una evidente retorica dietro la sua figura, propugnata e rafforzata dall’ambiente. O meglio, da parte dell’ambiente. Che ha saputo supportare con questo strumento un personaggio che fin dal primo giorno aveva palesato subito quanto fosse inadeguato a fare il Presidente.

Docere:
Ripartiamo da due fallimenti, invece di criticare, pensate a sostenerlo, visto che è da solo.”
Movere:
Veniamo da anni di D, e siamo ritornati in B. Abbiate fiducia, si sta appassionando.”
Delectare:
Sì, forse è inadeguato. Però con lui non falliamo. E poi, parliamoci chiaro, a chi interessa il Cosenza Calcio? A Nessuno! Quindi chissa è!”

Ho preso solo tre esempi base, ma ce ne sarebbero molti altri, per farvi capire come tutto questo metodico raggirare i tifosi con frasi ad hoc sia stato scientificamente riproposto appena all’orizzonte arrivava una crisi, ed i dubbi si insinuavano su Guarascio ed il suo (non) modo di fare calcio. Ovviamente, la leva maggiore si è fatta sull’emozione. Perchè da tifosi l’amare la squadra, per quanto gestita in maniera vergognosa, ci ha spesso fatto frenare e autolimitare nel dover andare a fondo su queste mancanze.
E questo, quella parte dell’ambiente, lo sapeva benissimo. E soprattutto su questo ha sempre utilizzato le ultime cartucce, quando il livello critico di massa raggiungeva punti pericolosi.
Ma, come detto, una cattiva retorica si smaschera alla fine. E l’aver enfatizzato le miracolose salvezze degli ultimi anni come dei trionfi Storici (mi chiedo dove fosse questa gente negli anni ’90, che abbiamo passato quasi tutti in B, con risultati il 90% delle volte superiori a questi) è stata la pietra tombale su questa retorica della distrazione. Tanto che anche il giornalista Andrea Marotta – sempre misurato e possibilista nel concedere fiducia – ad un certo punto non si è saputo spiegare come mai certa gente vinti i playout parlasse addirittura di “carro dei vincitori”!
Retorica della distrazione, come vedete.
Una retorica fasulla, cattiva e malsana, perché di fatto poi genera delle reazioni che raccolgono anni e anni di frustrazioni incomprensibili, di verità che sbucano fuori con veemenza, di troppi silenzi tenuti a bada che hanno voglia di essere urlati senza freni.
Eugenio Guarascio ha esattamente lo stesso spessore della frase di Zacchino. E’ finto, calcisticamente incapace, menefreghista e totalmente disinteressato. Un uomo di piccolo calibro, che ha una grossa responsabilità ma non sa che farsene, se non utilizzarla esclusivamente per i suoi fini ed i suoi interessi lontani dal calcio. E le distrazioni che i suoi sodali mettono in giro gli fanno comodo, perché gli danno tempo di “sperare” che nel frattempo qualcosa lo aiuti a salvare la baracca. Una volta è arrivata la pandemia, un’altra il Chievo, l’anno scorso Bisoli. E ora? Ora si prega che col Palermo arrivi la vittoria, altrimenti la sosta che seguirà questa partita sarà la cosa peggiore che gli sarà mai capitata.
Sì, avete capito bene, si prega.
Perché qui, progetto tecnico o meno, non si cercano soluzioni per migliorare l’attuale situazioni. Le soluzioni costano, e qui non si vuole spendere, se non vi è ancora chiaro. Intanto hanno dato in pasto la distrazione degli svincolati, così arriveremo a sabato. Ma statene certi, se vinceremo (come spero da tifoso, non da sostenitore di Guarascio) quei nomi probabilmente spariranno. Si dirà magari che con la sosta si proverà ad andare avanti con questo gruppo, col pieno recupero di Florenzi, e sulla messa a punto di giocatori che sembrano con le gomme a terra. E arriverà la nuova distrazione. Sapete, la strada fino a Febbraio è lunga per cercare di non investire e mantenersi serenamente in sella alla Società. Mica è facile, eh?
E un po’ di retorica – buona o cattiva che sia – è sempre utile a chi non vuole prendersi responsabilità, ma fare solo quello che gli fa comodo.

Sinn Feìn

9 pensieri su “LA RETORICA DELLA DISTRAZIONE.

      1. Lord Brummel

        Coglione di merda, come sarebbe che non è mai successa? Figlio di puttana, hai dimenticato la retrocessione con occhiuzzi? Vaffanculo tu e tuo cugino, stronzo

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