LA NECESSARIA CATARSI DEL TIFO ROSSOBLU’

La sconfitta di domenica sul cozzo ventoso ha lasciato non pochi strascichi polemici e recriminazioni, e tanto non solo tra la tifoseria rossoblù, ma anche tra gli addetti ai lavori (stampa ed opinionisti) che gravitano attorno al Cosenza calcio e conoscono molto bene le dinamiche in seno al mondo pallonaro bruzio.

Tutti, stampa ed opinionisti (ex calciatori, tifosi di lungo corso con trascorsi da calciatore od allenatore amatoriale…) concordano sul fatto che, sebbene tecnicamente la compagine rossoblù sia di caratura medio-alta (salvo doverla necessariamente puntellare con un centrale d’esperienza ed un terzino di valore) non riesce ad esprimere adeguatamente il proprio potenziale a causa di letture sbagliate della partita da parte del trainer. Insomma, per dirla fuori dai denti, un allenatore un po’ integralista e prigioniero delle proprie idee, in evidente difficoltà quando deve correggere in corso d’opera la disposizione tattica della squadra o affidarsi ad alcuni atleti, anziché ad altri, per caratteristiche intrinseche dei medesimi ovvero per motivazioni oggettive che vengono a dispiegarsi durante la partita (infortuni, ammonizioni, risultato della gara). Tale orpello mentale, chiaramente, influisce anche nel non riuscire ad orientare tattiche e formazioni in funzione dell’avversario di turno: ne abbiamo avuto evidenza domenica scorsa, quando Vivarini ha completamente snaturato il gioco mnemonico proposto dal Catanzaro da ben 1 anno, al fine di mettere in difficoltà un Cosenza tecnicamente più forte e portare a casa la gara.

Più che parlare di vittoria della squadra giallorossa, che ha solo mostrato cinismo ma null’altro, si dovrebbe dar merito al suo tecnico per aver schernito il suo omologo sulla panchina bruzia: Vivarini 2 – Caserta 0!

Trattandosi di derby, peraltro, il “peso” del risultato vale almeno il triplo e di ciò i tifosi cosentini, rivoltisi alla squadra prima della gara per incitarli senza gravarli di responsabilità e di ansia, sono evidentemente poco contenti.

All’opposto, invece, i supporters giallorossi il sabato mattina in quel di Soverato hanno avuto modo di “spronare selvaggiamente” i propri calciatori incitandoli a “picchiare nelle gambe”, pur di portare a casa la vittoria, ossia “l’unica cosa che conta, ad ogni costo!”.

Invero, l’oratoria da “sabato fascista” ha avuto i suoi effetti sia in campo che fuori, sancendo ancora una volta la reale caratura morale e sociale di determinati individui diretti discendenti del progenitore di Neanderthal.

Tutti abbiamo assistito sgomenti alle immagini dell’aggressione vile e primitiva di 20-30 persone contro un’autovettura con a bordo 2 tifosi del Cosenza, all’immobilismo delle forze dell’ordine presenti, allo sbandierare con fierezza sui social il fatto di aver “punito” dei provocatori che avevano osato inoltrarsi nella città dei 3 colli nell’imminenza della gara… quasi ci trovassimo a Gaza di fronte all’invasione degli israeliani!

In campo, parimenti, dopo 2 secondi di gioco il capitano del Catanzaro, tale “Jackpot” Iemmello, dava il via alle danze falciando Meroni già disimpegnatosi del pallone e il buon “Lurch” Scognamillo bastonava a dovere, più volte, un Tutino alla fine dimesso, minacciandolo espressamente di stare zitto altrimenti gli avrebbe fatto ancora più male.

Questa volta addirittura la società del Catanzaro Calcio, solitamente distintasi – nella persona dell’ing. Noto – per correttezza nei rapporti con le altre società ed in particolare con la società di patron Guarascio, decideva di esporre in prima pagina sul proprio sito ufficiale l’immagine di capitan Iemmello con la maglietta celebrativa “vi ho purgato ancora mostrata alla curva cosentina dopo aver imitato l’aquila nei pressi del settore nell’imminenza della segnatura.

Scelta di cattivissimo gusto quella della società giallorossa, scesa a livello dei propri tifosi meno signorili, scelta da punire con la squalifica (doppia perché capitano) quella del calciatore catanzarese per il gesto effettuato durante la gara (non alla fine come fece Totti) e volutamente sotto la curva est, pur sapendo delle vili aggressioni perpetrate dai suoi concittadini poche ore prima (anche alcuni pullman sono stati fatto oggetto di sassaiola, pur scortati dalle forze dell’ordine, ma senza danni alle persone).

Il Cosenza manca certamente di uomini d’esperienza nel reparto difensivo, ma soprattutto di giocatori che sappiano difendere l’onore della maglia, dei tifosi e della città, affrontando a muso duro qualsiasi provocazione ostentata dai “gladiatori” giallorossi.

La tifoseria cosentina – in special modo quella organizzata – per anni apripista di un nuovo modo di essere ultrà, custode di valori e mentalità, precorritrice di un ideale concretizzatosi negli anni 80-90, dilaniata dall’assenza di unitarietà d’intenti ormai da anni, è quella che, purtroppo, potrebbe avere le ripercussioni maggiori a seguito delle velenose scorie di questo derby.

Lo scollamento delle varie anime del tifo è palpabile, soprattutto i 5 anni vissuti come un carcerato nel braccio della morte che ottiene la grazia pochi istanti prima dell’esecuzione hanno segnato indelebilmente le anime di ciascuno, malgrado quest’anno si sia evidentemente fatto meglio, ma sempre in linea con un onesto campionato di B, nulla di più.

Il tifoso, peraltro, mai ha preteso di più, è stato sempre e soltanto chiesto di allestire una squadra dignitosa per la categoria. Quest’anno tutti si ringrazia il presidente, ma va fatto altro ancora per riavvicinare il grande pubblico allo stadio: politica dei prezzi, empatia, presenza sistematica della società ogni qual volta si parli del Cosenza (Noto ha rilasciato una dichiarazione forte, chiedendo ai propri ragazzi la VITTORIA, mentre Guarascio probabilmente era in vacanza alle Maldive!).

L’appello che voglio lanciare a tutte le anime della tifoseria, senza entrare nel merito di dinamiche, motivazioni e polemiche distanti anni luce dalla filosofia propugnata da chi si rese protagonista in prima persona dei magnifici anni 80 del tifo cosentino, è quello di fare ciascuno un esame di coscienza nel proprio intimo, chiedere a sé stesso se il Cosenza è ancora importante e portatore di emozioni uniche ed insostituibili, interrogarsi se sia ancora importante portare in giro per l’Italia il nome di Cosenza come un vessillo intonso e difenderlo da tutti e da tutto… se viene meno la voglia, l’unità d’intenti, la consapevolezza di essere, piuttosto che di apparire, viene meno lo stesso essere tifoso. E’ vero, sono passati tanti anni dall’epoca in cui il tifo cosentino faceva scuola alle curve dell’Italia intera, ma bisogna necessariamente ripartire se vogliamo bene a questi due magici colori, altrimenti sarà l’inizio della fine, anche per la squadra che noi inciteremo SEMPRE, COMUNQUE e DOVUNQUE.

Il Cigno di Utrecht

2 pensieri su “LA NECESSARIA CATARSI DEL TIFO ROSSOBLU’

  1. Guido

    Vabbè articolo anche condivisibile ma scomodare “sabato fascista” per una cosa normalissima e sacrosanta che NOI PURE avremmo DOVUTO fare dimostra ancora una volta come i primi a essere prigionieri di noi stessi siamo proprio noi tifosi e ultras (sì con la S finale) cosentini. Intanto n’hannu mannatu ara casa scuappulati sotto tutti i punti di vista, anche a livello di striscioni, cori e “dinamiche” varie. Atru ca sabato fascista… Comunque, mo che la marchetta l’hai fatta e la professione di fede pure, caro cigno, puoi anche vivere di rendita in curva.

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