OH CAPITANO, MIO CAPITANO!

Oh capitano, mio capitano! il nostro viaggio tremendo è terminato; la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato…” così inizia la famosa poesia di Walt Whitman, recitata e resa ancora più famosa nel bellissimo film “L’attimo fuggente”. Nella metafora dell’autore, il viaggio tremendo richiama gli orrori della guerra di secessione americana ed il capitano della nave, che muore sul ponte di comando, rappresenta l’allora presidente americano Lincoln, che morì assassinato il 14 aprile 1865.

Bella immagine, quella di un capitano che muore sul ponte della propria nave per consentirle comunque di arrivare in porto e conseguire il risultato. Riportando la metafora al nostro Cosenza, dobbiamo registrare che purtroppo… no, il nostro capitano non si è affatto sacrificato e l’ambìto premio non è stato conquistato: il Cosenza, come tutti sappiamo, è miseramente e malamente (senza neanche passare dai playout) retrocesso. Il lettore, a questo punto, starà pensando: ma può essere colpa esclusiva del capitano? In un gioco di squadra può dipendere da un unico elemento? Le risposte, ovviamente sono, no e no! Perché l’enorme responsabilità di questa preannunciata retrocessione (sul forum.cosenzaunited.org eravamo, purtroppo stati facili cassandre) va certo ascritta prevalentemente al presidente – #ioboicottoguarascio, per non dimenticare! – passando per il DS, l’allenatore e quindi la squadra. Quest’ultima da chi dovrebbe essere rappresentata se non dal suo capitano?

Quello stesso capitano che, per tornare alla metafora di Whitman, mentre la nave beccheggiava pericolosamente tra i marosi della tempesta ed a metà campionato prefigurava già il futuro fragoroso naufragio, invece di preoccuparsi di compattare l’equipaggio (lo spogliatoio) si sentiva in dovere di uscire in conferenza stampa – era il 12 gennaio 2021 – per fare il piccato avvocato di se stesso. Così quando gli si chiedeva come mai la fascia destra, durante le sessioni di mercato fosse sempre oggetto di valutazioni, lui, invece di fare un po’ di sana autocritica (orsù, lo sappiamo e lo vedevamo tutti che il suo livello tecnico non fosse adeguato a disputare un campionato come la serie B) si sentiva in dovere di togliersi il sassolino dalla scarpa: “io penso che determinate persone, quando parlano di calcio è come quando io parlo di fisica nucleare… (omissis)… da qualche parte vedo un po’ di pregiudizio nei miei confronti e questo non va bene!”. Pregiudizio? Non ho voglia di enumerare tutte le topiche in cui quest’anno il “buon” Angelo è incappato, da errori tecnici in fase d’attacco propiziatori di capovolgimenti di fronte da parte delle squadre avversarie, alle irresponsabili espulsioni, alle innumerevoli palle perse per supponenza, limiti tecnici e scarsa propensione a marcare adeguatamente gli avversari, in fase difensiva, che ci sono costati sanguinose sconfitte e punti pesanti in classifica!

O ancora, quel capitano il cui utilizzo smodato (lo abbiamo visto schierato oltre che in fascia destra, ruolo che per lui inventò Roselli, persino sull’out sinistro, a centrocampo e e finanche in attacco!) a fronte della scarsa caratura tecnica ha finito inesorabilmente per pesare sul fatto che il Cosenza sia stato l’unico Club dell’intera serie B a non raggiungere il minimo dei 900 minuti di utilizzo di calciatori under 23 nelle 38 partite della stagione regolare. Un errore grossolano costato caro, ben 900 mila euro di contributi da restituire alla Lega. Su quella fascia avrebbe dovuto lasciare spazio all’under Devid Bouah, che tanto più scarso del n. 2 non dev’essere (rimane il condizionale perché con i lupi l’abbiamo visto davvero troppo poco) se è vero com’è vero che è dal 2017 nel giro delle nazionali italiane Juniores, cosa confermata dalla recente convocazione tra gli azzurrini under 20, appena pochi giorni fa. Questa probabilmente – starete pensando – è un’accusa da muovere più ad Occhiuzzi, piuttosto che a Corsi. Vero, anche se nessuno mi toglie dalla testa che le pressioni senz’altro esercitate da Corsi sul mister, in qualità di diretto interessato (in pieno conflitto di interessi – anche se in Italia, si sa, ciò non è una novità – ma questa è un’altra faccenda) di capo dei senatori dello spogliatoio (è il più longevo attualmente a vestire il rossoblu, ahimè!) nonché di capitano, abbiano avuto un peso determinante nelle scellerate scelte fatte dal trainer.

Infine, proprio quel capitano che non si è degnato di indire, dopo la squallida prestazione di Lignano Sabbiadoro, una conferenza stampa (stavolta sì che sarebbe stata opportuna!) per rammaricarsi a nome proprio e della squadra per l’amara retrocessione. Non si è neanche preso la briga di scrivere un trafiletto sui social (almeno, io non ne ho contezza e mi scuso sin d’ora qualora non fosse così) cosa che invece si sono sentiti in dovere di fare – per quel che conta – suoi compagni di squadra come Crecco (l’ultimo arrivato) Falcone (che colpe non ne ha, anzi!) e persino quell’ectoplasma di Schiavi (su di lui, mi aspetterei prossimamente, una puntata dedicata di Chi l’ha visto?).

Ecco, per tutto quanto scritto, oltre a chiedere a gran voce la cessione della totalità delle quote societarie al presidente #guarasciovattene, le dimissioni dell’allenatore (sul Blog ne parliamo qui) mi farebbe piacere se il signor Angelo Corsi chiedesse, per questioni di dignità, di essere ceduto evitando, quindi, di vestire ancora per un anno – tanto di contratto gli è rimasto – il Lupo sul petto. Né tantomeno la fascia, già indossata con orgoglio da Gigi Marulla: no, non ne è degno, non può essere ancora lui il mio capitano!

Sapiens

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