IL PATTO DEI LUPI

Spider-Verse, CinemaTown.it

Al trentacinquesimo del secondo tempo di un futuro Lecce-Cosenza (in serie A? In serie B? In serie C? Non importa), i Lupi sono sotto per uno a zero. Non è una gara vitale, siamo ancora a metà campionato, la squadra non sta neanche giocando male. Un paio di tiri da fuori area, sibilando rasente i pali della porta leccese, hanno quasi fatto esultare i tifosi rossoblu, giunti in Salento in 1500 unità. La società, però, aveva programmato in estate un campionato ambizioso e perdere al Via del Mare potrebbe compromettere al momento le migliori velleità, quindi qualcuno – sugli spalti ma anche sul divano – mugugna. Del resto, da qualche partita l’allenatore sta un po’ mostrando la corda, e la tifoseria comincia a non comprendere certe scelte tattiche.
A dieci minuti dalla fine, mentre il Cosenza profonde il massimo sforzo per giungere al pareggio, si alza dalla panchina Jonathan Zaibiry, fantasista / seconda punta, 31 anni, elemento sulla carta di spicco (il classico giocatore che “ce lo invidiano tutti“) ma che in campo sembra un po’ indolente e comunque abbastanza fumoso, tanto che dopo lunga insistenza dei tifosi – allo stadio e sui social – l’allenatore si è convinto a lasciarlo in panchina per lanciare dal primo minuto Nicholas Guiquiry, diciannovenne prodotto del vivaio che si è già distinto in Primavera. Guiquiry non si è nemmeno disimpegnato male contro la retroguardia leccese, superando anche una volta in dribbling il suo diretto marcatore per mettere al centro un pallone invitante non raccolto però dagli altri attaccanti rossoblu. La sua prestazione stava, insomma, confortando tutti.
Ma è proprio Guiquiry a lasciare il posto a Zaibiry.
Il giovanissimo non era certo tra i peggiori e la sostituzione sorprende infatti i tifosi, che fin da subito non mancano di far notare rumorosamente il loro dissenso – e ancora più nei giorni successivi sui social. Anzi, è la classica goccia che fa traboccare il vaso – l’allenatore ne ha combinata una di troppo, e la tifoseria chiede a gran voce l’esonero: sei punti di distacco dall’obiettivo minimo stagionale sono troppi da tollerare. La società non se ne dà per inteso, anzi, conferma la fiducia al mister. Si va allo scontro totale, la contestazione dilaga, finché una parte della tifoseria prende una decisione clamorosa: assecondare un gruppo di imprenditori che rilevano il titolo del Pedivigliano, in Eccellenza, prendono in comodato d’uso per l’ennesima volta il marchio del Cosenza Calcio 1914 e fondano un nuovo Cosenza.
Sì, rinunceremo alla serie A / B / C per ripartire dall’Eccellenza“, dicono i tifosi, “ma almeno potremo farlo con un allenatore che non sbaglia le sostituzioni. E poi noi siamo tifosi del Cosenza, mica della categoria. Un Cosenza in serie A / B / C che ha un allenatore che toglie Guiquiry per far giocare Zaibiry non è il vero Cosenza, non è il nostro Cosenza e non ci rappresenta, e inoltre questa società che preferisce continuare con questo allenatore non ha futuro, prima o poi retrocederebbe comunque in Eccellenza. Noi siamo i veri tifosi del Cosenza, quelli che non vogliono ripartire dall’Eccellenza e vanno allo stadio solo perché siamo in serie A / B / C sono tifosi della categoria.


Surreale, vero?
Nessuna tifoseria rinuncerebbe mai a una categoria faticosamente conquistata per ripartire dal fango solo perché contesta un allenatore che sbaglia una sostituzione. No?
Ci sono molte circostanze che mi spingono spesso a definire una città bellissima e ricchissima di storia e cultura qual è Cosenza come pittoresca. A volte sono storie di strisce pedonali, di leggende urbane che diventano (finta) realtà, di telenovele tutte recitate e imperniate su impensabili dialoghi a distanza tra maggioranza e opposizione in Consiglio comunale tenuti a mezzo cartellone in pubblica affissione (la delirante epopea di Ohi cò e Ohi Cosicì). PIù spesso, a renderla pittoresca sono le storie della sua squadra di calcio – e della tifoseria che l’accompagna.
Io ho come l’impressione che si debba chiarire un punto che a molti sfugge – peraltro per inseguire una falsa soluzione di comodo che è tutt’altro che comoda, anzi, riporterebbe il nostro blasone in categorie che lo offendono profondamente, quindi chiariamolo questo punto: non si riparte da zero ogni volta che le cose vanno male. Perché se oggi il problema è Guarascio, e allora sotto con il marchio del Cosenza Calcio 1914 in mano a Citrigno e via con una nuova società in serie D con Pagliuso, Di Donna, Pellegrino e/o chissà chi altro, un domani succederà davvero che il problema sarà un allenatore inviso alla piazza. E poi un giocatore che non sa battere le rimesse laterali come si deve. E via così, abbassando sempre più la soglia di tolleranza.
NO, un punto va messo ora.
Il Cosenza c’è, è questo, a oggi è una società di serie C e ci teniamo questo. Ce lo teniamo perché è il Cosenza, entità amatissima che prescinde da presidenti, allenatori, giocatori e falli laterali. Il Cosenza è in mano a un presidente – proprietario che non lo amerà mai quanto lo amiamo noi, e dunque infatti noi questo presidente nonché proprietario delle quote societarie lo contestiamo, contestiamo le sue improvvide dichiarazioni pubbliche (i bei tempi in cui le rilasciava anziché rifugiarsi in un silenzio vigliacco), contestiamo la sua gestione societaria scellerata che ci ha portato dove siamo ora (e che ha pochissimi meriti rispetto a quando eravamo in B).
Sta operando malissimo e non vediamo l’ora che sparisca, ma sta operando malissimo da presidente del Cosenza, perché la società di cui è a capo è il Cosenza. Il nostro Cosenza. L’amore a cui non sappiamo rinunciare mai. Ci si sta chiedendo davvero di rinunciare al nostro amore per seguire un clone, un Lupo impagliato mosso con un telecomando? Sono vere le voci circa il progetto di far nascere (di nuovo) un secondo Cosenza in serie D, a fare concorrenza al nostro Cosenza che già così ha l’acqua alla gola – figuriamoci con una scissione della piazza -, a spaccare in due la tifoseria? Questo ci state chiedendo?
E per far cosa, andare di nuovo appresso a Pagliuso, ammesso che siano vere le voci? Non ha avuto già abbastanza possibilità Pagliuso di mandarci a vedere lo Zumpano? Non sono stati sufficienti due fallimenti qui, comprensivi di altrettante radiazioni dal mondo del calcio?
E cosa dobbiamo leggere da parte di chi difende questa follia? “Con una società seria e solida come quella che sta nascendo, tanto, la serie D la vinciamo a mani basse, tempo un paio d’anni e saremo di nuovo in serie B in carrozza“.
No, grazie, ci siamo già passati. Lo abbiamo visto che fine hanno fatto, ogni volta che siamo ripartiti “liberi all’inferno“, i vostri bei propositi. No, grazie, il vostro inferno non ci piace e i vostri progetti men che meno. No, grazie, noi il patto lo abbiamo già stabilito col nostro stesso sangue molto tempo fa – e il nostro sangue è consacrato esclusivamente al Cosenza. Uno, unico e indivisibile.
E di venditori di fumo che tentano di spacciarci una serie D vinta a mani basse non ne vogliamo né vedere né sentire.
Ve lo abbiamo detto che saremmo stati, dalla trincea di questo blog, Lupi da Guardia. Lo abbiamo giurato, eravate stati tutti avvisati. Siamo qui – e facciamo la guardia. Sì, davvero.
Siamo pronti a difendere il Cosenza da chiunque, anche dalle imitazioni.

NubeDT

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