THE GUARASHOW MUST GO OFF!

The show must go on“… Lo spettacolo deve continuare… Così si cantava sulle note di uno dei brani più celebri e intensi dei Queen che con il loro rock hanno segnato indiscutibilmente la scena musicale internazionale. Una dedica, un tributo al frontman dei Queen Freddy Mercury – al secolo Farrokh Bulsara, che da lì a poco lasciò orfani i suoi fan dopo aver combattuto a lungo la malattia che lo aveva colpito tempo prima, l’HIV – da parte del resto della band, sebbene la paternità del testo è, come la gran parte del repertorio della band, di Brian May; lo stesso chitarrista, infatti, confidò in un’intervista che anche Roger Taylor e John Deacon diedero il loro importante contributo alla composizione del testo.

Non solo dedica e tributo ma anche un’esortazione a loro stessi, in qualche modo spronarsi, non arrendersi, farsi coraggio e andare avanti perché, nonostante le speranze, ultime a morire, in cuor loro sapevano che la fine del loro amico era ormai prossima. E, mi perdonino dunque Brian May, l’anima di Freddy Mercury (riposi in pace, spero non si stia rivoltando nella tomba) e tutti gli altri se in questa occasione prendo in prestito il titolo del loro capolavoro storpiandolo, consapevole, ahimè, del sacrilegio che sto per compiere, aiutato anche dalla pronuncia inglese della parola show (sciou) che per fonetica è identica alla parte terminale del cognome del presidente del Cosenza Calcio Eugenio Guarascio ma il gioco di parole è necessario per rendere l’idea del sentimento che pervade non solo il mio animo ma quello di tanti altri: Guarashow must be off! Ovvero, lo “spettacolo” di Guarascio deve finire! Dove, ovviamente, avrete sicuramente capito che spettacolo è un’antifrasi.

Deve conlcudersi e, aggiungo, il prima possibile. La sua gestione a Cosenza è ai titoli di coda e questo lo sa anche lui. Arrendersi e passare la mano. Oltre un mese dalla mesta e annunciata retrocessione – io personalmente ho elaborato il lutto dopo la sconfitta a Pisa – e tutto ancora tace. Il presidente è “latitante” (in realtà ci sono alcuni scatti che lo immortalano a Roma sembra sia in attesa di incontrare qualcuno o si è semplicemente appostato alle spalle di un venditore ambulante per sgraffignare delle caldarroste approfittando di un suo momento di distrazione – e al mare a godersi il sole). Lecito, per carità. La libertà, quella che purtroppo ci è mancata per ovvi motivi di salute pubblica nell’arco dell’ultimo anno e mezzo, è sacra. E ognuno, nel suo privato, è libero di fare ciò che vuole. Può andare liberamente a mangiare un gelato in compagnia, magari sul corso principale della città, o andarsi a svagare un po’, sempre con la stessa compagnia, all’autoscontro in occasione di un noto evento popolare autunnale. O ancora a farfugliare e blaterare parole senza senso quando gli si mette un gelato (questa volta non quello che si mangia ma il microfono) davanti la bocca. Del resto non contano le parole ma i fatti (già, i fatti…). Ma non è libero di prendersi gioco della passione dei tifosi, con il suo immobilismo e le sue innumerevoli “uscite a vùoto“, come disse a mo’ di scherno in diretta con accento partenopeo in un indimenticabile “duello rusticano” Enrico Varriale all’allora allenatore del Catania Walter Zenga accusandolo, di fatto, di avere sulla coscienza l’eliminazione della nazionale nel mondiale delle Notti Magiche.

Dopo 11 anni cosa ha costruito? Il nulla. Il patron si è ritrovato in cadetteria senza neanche capire come, in 3 anni non ha cambiato di una virgola il suo modus operandi e invece di programmare per tempo e assestarsi e strutturarsi in una categoria che permette di fatturare oltre 10 milioni a stagione ha lasciato che le cose andassero alla deriva da sole confidando nella dea bendata, come se nel mondo del calcio bastasse solo la fortuna, e dilapidando così il patrimonio della Serie B.

L’eredità di Guarascio è una società praticamente senza asset: assenza totale di strutture societarie, parco giocatori ridotto all’osso e insufficiente anche per affrontare un torneo di calcio a 5 tra amici, senza una guida tecnica (ah no aspe’… Occhiuzzi è a libro paga ancora per 2 anni) e senza una guida dirigenziale (ah no aspe’… Vuoi vedere che a Trinchera, scartato a destra e a manca, non è rimasta che la proposta di Guarascio? Sì, ma quale proposta? Quella a parole fatta a febbraio davanti ai nuovi acquisti “ci siederemo attorno ad un tavolo aveva detto“). Probabilmente il presidente non aveva dato al ds prossimo alla scadenza indicazioni precise sulla location e non si sono semplicemente trovati.
Perché non è più tollerabile che un personaggio, che in passato ha etichettato il Cosenza come un passatempo, “un hobby” (sì, lo ha dichiarato pubblicamente lui) tenga in ostaggio una città intera con il suo ostruzionismo (vedi trattative fatte fallire prima che ci si potesse sedere attorno ad un tavolo) e con il suo immobilismo che ha caratterizzato la decade di sua presidenza, il tutto in un silenzio assordante (sì, oggi sono in vena di figure retoriche) che continua a riecheggiare nelle stanze di Via degli Stadi.

What are we living for?” recita la prima strofa del brano. Per cosa stiamo vivendo? Che campionato sarà quello che ci vedrà ai nastri di partenza della terza serie del campionato italiano? Ma soprattutto che futuro ci aspetta considerato che, grazie all’impegno di “qualche tifoso di strada” (anche questa mi è toccata sentire) e non di certo di addetti ai lavori, è ormai sfatata la leggenda metropolitana del “il Cosenza non ha debiti e i conti sono in ordine e che si sia, la nausea solo a balenarla come idea tanto da dover ricorrere agli antiemetici, gettata in pasto ai social la proposta di creare una nuova società in contrapposizione a quella guidata oggi da Guarascio e quindi avere, come nel 2004/2005, due Cosenza anche se in questo caso in categorie differenti? Ci siamo passati già una volta, errare humanum est, perseverare autem diabolicum dicevano i latini.

No, questa volta non sarà come cantavano i Queen. Questa volta, the show must go off! Che il sipario cali, una volta per tutte su questo grottesco scenario. Perchè lo spettacolo, questa volta quello vero, quello dei nostri Lupi deve andare avanti.

Nevermind

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