LA VINCIAMO NOI

Una cosa non molto semplice, in periodi come questo, è far trascorrere il tempo in attesa che torni in campo il Cosenza – coltivando peraltro sempre la speranza che sia finalmente il Cosenza vero – capace di reggere decorosamente l’urto delle immense difficoltà di un torneo come quello cadetto, e non il fantasma che per le mancanze societarie ha affrontato malissimo l’inizio di stagione, comprese le prime due partite di campionato. Una speranza confortata da un calciomercato che ha portato sì in dote qualche potenziale equivoco tattico (mancando poi di chiudere il cerchio con un attaccante di categoria che garantisse i gol necessari alla salvezza: ma Goretti scommette su Gori e Pandolfi, attesi alla consacrazione) ma anche dei giocatori, vedi specialmente Situm e Palmiero, che hanno non solo alzato il tasso tecnico della squadra ma soprattutto garantiscono finalmente una maggiore fluidità del gioco e capacità di palleggio, punto dolentissimo dell’ultimo anno in casa Cosenza.
A Occhiuzzi, nonostante i buoni propositi, non era riuscito di farsi portare da Guarascio e Trinchera in due sessioni di mercato quei giocatori che fossero congeniali al suo piano tattico e soprattutto che garantissero una vera costruzione dal basso (se poi hai Idda e lo stesso vuoi costruire dal basso, sei un kamikaze) e un’uscita pulita del pallone dalla nostra trequarti (unico decentemente in grado di farlo era Petrucci, però fortemente limitato quanto a dinamismo). Zaffaroni, seppure all’esordio in categoria, è allenatore palesemente di ben altra pasta – e di ben altro anagrafe, sarà pure quello -, tale da mettere in chiaro subito cosa volesse. Il suo 352, mutevole fino a diventare un 3232 o un 343, a seconda delle situazioni di gioco, necessita esattamente di ciò che ha portato il mercato: di play di categoria, troppa grazia, ne abbiamo persino due oggi.
Questo Cosenza va chiaramente atteso alla prova dei fatti, e dunque l’attesa per la ripresa del campionato (fermo restando che probabilmente ancora qualche altra partita servirà per amalgama e condizione) si fa spasmodica.


C’è chi dice che non ci sarà comunque, per i noti motivi. Sul punto mi sono già dilungato prima dell’estate: per quanto mi riguarda, non esiste la Guarascese. In campo ci va sempre e comunque il Cosenza, che porta i colori di sempre e il nome della città. Non si abiura l’Amore più grande perché non ci piace il presidente: il quale in effetti non ci piace – non piace quasi a nessuno e continuerà a non piacere finché non cambierà modi, tempi e politiche di gestione societaria – ma ciò non toglie che nel campionato di serie B scenda in campo a lottare il Cosenza e nient’altro che il Cosenza, con le strisce rossoblù e il Lupo sulla maglia.
Guarascio non avrà (più) i miei soldi, tuonano in molti. A loro ricorderei che i soldi Guarascio li prende da Lega B, sponsor, diritti televisivi, calciomercato con valorizzazione di giovani di società di serie A – e ancora in epoca di covid, con gli accessi allo stadio comunque contingentati e una capienza ridotta se va bene della metà, la voce a bilancio degli introiti provenienti dai botteghini viene sempre in fondo a questa classifica. Ai tempi il nostro Sapiens, sul forum di riferimento CosenzaUnited, calcolò con discreta approssimazione in un milione annuo circa le entrate dal pubblico pagante allo stadio, in occasione dei nostri primi due tornei di B: l’ingresso era libero, non c’era green pass da esibire, non c’erano limitazioni di capienza per rispettare le normative da coronavirus. Oggi, volendo proprio essere di manica larga, ancora la voce in questione non andrebbe oltre la metà di quella cifra di allora. Cinquecentomila euro, ovvero quanto il presidente guadagna da una singola operazione in stile Falcone. Capite bene, dunque, che sono soldi certamente graditi, ma non tali da poter costituire oggi chissà che fastidio per Guarascio se venissero decurtati di una parte per via dello sciopero del tifo. La mancanza sarebbe ampiamente compensata da tutti gli altri introiti: noi speriamo poi che Pandolfi, che è di proprietà, ci conduca a risultati importanti segnando venti gol in questa stagione, ma questo significherebbe che Guarascio, che ha speso centomila euro per il suo cartellino, potrebbe guadagnare da una sua eventuale cessione dai due ai quattro milioni.
Comprendo perfettamente la questione di principio – a lui i miei soldi non li dò – ma ribadisco: in campo comunque ci va sempre il Cosenza. E, come si usava dire a ritmo di curva, i ragazzi han bisogno di noi.


Se c’è da schierarsi, io mi schiero con il Cosenza. Con Sy, Gori, Boultam e Caso, con Situm e Anderson, con Corsi, Vigorito e tutti gli altri. Portano addosso la mia maglia. Quella di quest’anno ha suscitato discussioni: è piaciuta a moltissimi, moltissimi altri l’hanno trovata troppo basica. Fa discutere, ma almeno è la nostra maglia, quella nuova, niente più materiale di recupero o di magazzino. Per essa io tifo, non per il presidente.
Non vedo l’ora, finalmente, che questo campionato ricominci: e scrivo finalmente perché fino alla trasferta di Brescia era (a causa sempre di Guarascio) un lungo incubo in cui l’unica cosa di cui non vedevo l’ora era che l’arbitro fischiasse la fine delle partite. Ora ho di nuovo il mio Cosenza. Ho Palmiero in mezzo a dialogare con Carraro e far partire il gioco come Dio comanda, ho Situm sulla fascia ad arrivare finalmente sul fondo a crossare come Dio comanda, a saltare l’uomo, a centrare la porta sui tiri, ho Vigorito a impedire che anche palloni addomesticabili finiscano nella mia porta, ho una difesa di categoria pronta a rintuzzare gli attacchi avversari e ho Pandolfi accanto a Gori a fare paura a qualunque difesa – non fosse altro, in assenza di esperienza, che con la sfrontatezza della gioventù, oltre che con una classe che comunque già tutti riconoscono ai nostri due attaccanti.
Quindi sì, non vedo l’ora che questa serie B ricominci, finalmente (probabilmente l’avverbio più usato in questo articolo) potendo affidare le mie speranze di vittoria a una squadra che è in grado di cogliere i tre punti, di sapere cosa fare col pallone, di militare degnamente in categoria.
Non vedo l’ora che questa serie B ricominci.
E spero soprattutto che ricominci per tutti. Storicamente non soltanto il Cosenza non è stato da solo mai, ma ha tratto la sua forza – spesso, nel suo secolo e passa di vita, non potendo contare sui mezzi economici dei suoi competitores – proprio dall’amore, cantato e urlato, della sua gente, in casa e in trasferta. Perché anche a mille chilometri da casa, sotto cieli stranieri, il vento ha gonfiato in curve da settore ospiti il rosso scarlatto e il blu oltremare talvolta di decine, spessissimo di centinaia, a volte di migliaia delle nostre bandiere.
Guarascio o meno, covid o meno, green pass o meno, il Cosenza non deve essere lasciato da solo nemmeno quest’anno. Dovunque saranno i Lupi, ma soprattutto al San Vito che oggi porta il nome di Gigi Marulla, lì dovrà esserci anche l’Amore di un popolo intero.
Facciamo tremare per primo il Vicenza.
Ricominciamo.

NubeDT

Lascia un commento