L’IMPORTANZA DI UNA MAGLIA.

Ieri è stata presentata, più o meno in sordina, la nuova maglia del Cosenza. Al di là dell’aspetto estetico – che non mi permetto di giudicare, de gustibus non disputandum est – è ormai consuetudine che la nostra squadra debba sempre iniziare la stagione con quella dell’anno precedente. Oddio, a Firenze abbiamo tirato fuori una muta di maglie color bianco fantasma, roba che ho trovato solo nel catalogo Legea a prezzi d’occasione! Un po’ come la maglietta grigia della partita di Coppa Italia giocata a Trapani nell’anno del ritorno in serie B, qualcosa di impensabile. Voglio comunque essere sincero, nel complesso la nuova maglia alla fine non mi dispiace, ma la seconda lascia un po’ a desiderare. Però quello che mi tocca di più, e’ la costante mancanza di programmazione della Società anche su questi “dettagli”. Sembrerà strano, ma oggi nel settore del merchandasing, le magliette di calcio hanno assunto una valenza non indifferente per le casse Societarie, se lanciate e studiate per bene. I colori sociali sono sempre stato un motivo di orgoglio, appartenenza e condivisione fra i tifosi, e indossare la maglia di un “certo periodo” è come mettere un’amuleto, o sottolineare con un richiamo visibile a tutti un periodo della storia della propria squadra, uno specifico giocatore (se si indossa la maglia con il numero), o un campionato. Su questo, il settore dei vari brand di abbigliamento sportivo, ha col tempo capito l’enorme rilevanza e utiità di creare un oggetto unico che identifichi una specifica epoca. Un tempo invece, nei famosi anni ’80, non era inusuale vedere anche le grandi squadre utilizzare per qualche anno lo stesso modello. Era l’epoca della Nr sul Napoli di Maradona, delle Robe di Kappa sulla Juve, della Uhlsport su quella dell’Inter e via dicendo. La Nike stava prendendo piede solo per le scarpe di Michael Jordan, e l’Adidas era un marchio che capeggiava più sulle divise tedesche. Addirittura la nostra Nazionale campione del Mondo aveva la francese Le Coq Sportif. Eppure quel “feticismo” di comprare e indossare quelle maglie allo stadio stava prendendo piede, e gradualmente negli anni ’90 si è intuito che strada avrebbe preso la cosa, grazie anche ai collezionisti. Ecco, su questo punto vorrei far notare una cosa a chi non lo sa. Per quanto le maglie del Cosenza non siano le più richieste, ho scoperto – da collezionista – che quelle dei Lupi sono quelle che possono raggiungere in proporzione i prezzi più alti! In rete sono anche quelle più taroccate, e bisogna essere degli specialisti ( per fortuna ne ho conosciuto qualcuno) per saper distinguere i dettagli che separano una maglia indossata da Marulla, Negri o Lentini, da una volgare contraffazione. Morale, il mercato delle maglie del Cosenza è molto presente e considerato – nonostante non sia un club che ha un pedigree internazionale come squadre tipo Real Barcellona o Liverpool – soprattutto per l’interesse degli stessi tifosi del Cosenza. Se non ci credete, fatevi un giro su Internet. La cosa personalmente non mi sorprende, visto che anche sul Forum ogni anno si apre uno specifico topic per pensare, suggerire o ideare la maglia del campionato che dovrebbe iniziare. Eppure siamo sempre gli ultimi. Siamo gli ultimi a renderla pubblica, gli ultimi a metterla in vendita (quest’anno ce la faremo prima di Natale, grazie?), gli ultimi anche nel presentarla – come la Squadra. E qualche volta non l’abbiamo nemmeno fatto! Sinceramente non trovo motivazioni a questa ennesima lacuna comunicativa – perchè anche la maglia fa parte della comunicazione – visto che alla fin fine è una spesa che ti “tocca” effettuare. Inoltre, se sei al corrente del morboso attaccamento su come vengono presentati i nostri colori sociali, e quanto si abbia comunque voglia di acquistarla, si potrebbe e dovrebbe sfruttare meglio questo desiderio. Perchè sarebbe motivo di contatto, di conoscenza e anche di esaltazione del pubblico cosentino. La città è sempre stata legata allo stile, alla tendenza, “all’apparenza”. E non è mistero che si è portati a fare sacrifici pur di indossare i capi di marca o di qualità superiore. Eppure, questo elemento non è presente nella solita mentalità retrograda Guarasciana! E non faccio questo discorso perchè siamo in Serie B, ma perchè nel calcio odierno anche una maglietta buttata lì, come un semplice “oggetto di scena”, non aiuta l’immagine della Società. Lo studio e l’importanza dei dettagli è quasi fondamentale, indipendentemente dalla categoria. Per farvi capire, guardate qui sotto la maglia dell’Akragas, squadra caduta in disgrazia che milita nel campionato d’Eccellenza.

Facendo un raffronto con la nostra, al di là se vi piace o meno, riuscite a notare la costruzione, la cura dei dettagli, gli elementi che richiamano alla storia di quella Città, ecc? E parliamo di una squadra che gioca in un campionato dilettantistico! Francamente lo ritengo una presa in giro, e non sto scherzando. Perchè oggi creare e personalizzare una maglia è molto semplice, se chi ci lavora viene dal settore e sa cosa ha in testa la tifoseria. Neanche a farlo apposta, qualche settimana fa era girata in rete una foto di una maglia del Cosenza realizzata col marchio Nike. Per qualche ora i tifosi erano andati in fibrillazione pensando che fosse la vera maglia e avessimo cambiato sponsor tecnico, salvo poi scoprire che era opera di un tifoso. Se non l’avete vista, ve la ripropongo.

Mi duole dirlo, ma il modo in cui escono queste cose non è da sottovalutare sull’umore che crea nei tifosi, perchè rafforza l’opinione di chi da tempo reputa la nostra gestione societaria simile a quella di una ”bancareddra”. E una maglietta come la nostra – amata, contesa ed esaltata – andrebbe curata meglio. E non mi si venga a dire che non abbiamo chi è in grado di creare cose belle per la nostra Squadra a Cosenza! Abbiamo avuto fino a poco tempo fa persone come Ilenia Caputo che poteva supportare adeguatamente queste scelte. E, da tifosa, indirizzare anche i gusti nella giusta sintonia con quelli della piazza. Ma questo comportava lasciare la gestione totalmente libera e indipendente a gente del settore, e pagarla affinchè producesse a livello qualitativo. Perchè, per quanto a qualcuno sembri strano, queste cose non sono facili. Si studiano, si organizzano, si programmano! E bisogna prenderle a cuore.

Le menti più pure e più pensose sono quelle che amano i colori.” diceva John Ruskin. I colori che amo di più sono il rosso ed il blu. E credo che il compito di farli risaltare il più possibile non sia solo di noi tifosi, o dei giocatori che scendono in campo, ma anche della Società. Se vuole fare degnamente la sua parte. Almeno in questo.

Sinn Feìn

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