​#18 WAITING FOR THE BARBARIANS: CITTADELLA

Ndr: la partita di cui andiamo a trattare in rubrica oggi, avrebbe dovuto giocarsi – come si sa – il 26 dicembre scorso. Poi la situazione pandemica ha suggerito di congelare la 19a giornata del girone d’andata per riproporla a metà gennaio; dopodiché la Covid-19 ha falcidiato, nello specifico, la nostra squadra, con 21 casi registratisi nel gruppo squadra, quindi la partita è stata nuovamente rinviata. A futura memoria, non abbiamo voluto cambiare l’incipit con cui il nostro pezzo, confezionato appena prima che si sapesse del primo rinvio, quello del 26 dicembre, esordiva: al lettore non sembri, dunque, anacronistico, anche perché poi è stato aggiornato, ad esempio con le notizie – arrivate successivamente – provenienti dal mercato invernale. Così tra qualche anno ricorderemo che questa partita non si giocò, per ben due volte, a causa della Covid-19.

Auguri, oggi è Natale ed in tale ricorrenza è d’uopo essere buoni, quindi niente polemiche (che già per il Cosenza ci siamo avvelenati abbastanza) ed estendiamo a nome di tutti i blogger de La Bandiera Rossoblu gli auguri proprio a tutti: intanto ai nostri lettori, ma anche all’ambiente tutto che gravita intorno ai Lupi, tifosi, squadra, staff tecnico e dirigenziale in generale. Ma, la giornata odierna, non è solo quella in cui Babbo Natale è venuto a fare visita ai nostri bambini, oggi è infatti la vigilia del boxing day (l’origine del nome risale ai tempi in cui era usuale, nel giorno di Santo Stefano, regalare doni ai propri dipendenti o ai membri delle classi sociali più povere, preparati in delle apposite scatole – ‘box’, in inglese) che, come è tradizione in Inghilterra (sin dal 1860) è un’attesissima, quanto seguitissima giornata di campionato, da qualche anno importata pure da noi, in Serie B, per riempire un giorno altrimenti vuoto e placare la ‘fame’ di calcio durante le feste. Quindi è, seguendo il canovaccio di questa rubrica, giornata da orda barbarica in quello che, tra l’altro, sarà anche l’ultimo turno del girone d’andata. Il prossimo barbaro che il Cosenza è chiamato ad affrontare, è il Cittadella.

Poco meno di ventimila abitanti; 31 km da Padova, una distanza appena sufficiente ad alimentare la rivalità con i più blasonati cugini biancoscudati; il cuore di una provincia che pulsa lavoro. Ecco Cittadella, con la sua Cinta Muraria, con la Torre di Malta, con il silenzioso vociare di un’oasi felice… Almeno nel calcio, dove i risultati raggiunti da una piccola realtà di provincia, fanno strabuzzare gli occhi e quasi non ci si crede! Chiamarla favola si può, definirlo miracolo però no. Perché se il Cittadella quasi ogni anni in Serie B arriva stabilmente a ridosso delle prime e si gioca la promozione in massima Serie, è solo il coronamento di un percorso iniziato da tempo e che è frutto della programmazione della proprietà, della sagacia e capacità del suo DS (molti premi e riconoscimenti come migliore della categoria) e della serietà e serenità di un ambiente tutto. Il merito va ascritto soprattutto ad un signore d’altri tempi, un imprenditore lungimirante che nel lontano 1954 fondò quello che sarebbe diventato uno dei principali gruppi siderurgici italiani: Angelo Gabrielli (scomparso nel luglio 2009), nativo di Covolo di Pederobba – in provincia di Treviso, ma ad appena 30 km dalla cittadina medievale dove nei primi anni ‘50 si era trasferito – che rimane il vero artefice del miracolo Cittadella. O meglio… del modello Cittadella! Parte da molto lontano la storia del coinvolgimento nel calcio dei Gabrielli, cioè quando l’imprenditore fondatore dell’impero di famiglia, di cui tratteremo a breve, nel 1966 diventa prima dirigente e poi l’anno successivo presidente dell’A.C. Olimpia, una delle due squadre della cittadina veneta (l’altra era la Cittadellese) rimanendoci per un totale di sette anni. Nel 1973, a causa dei debiti che le due società Olimpia e Cittadellese avevano, Gabrielli decide di fondere le due squadre dando vita all’attuale Associazione Sportiva Cittadella. Da quel momento, partendo dai dilettanti ma con una crescita graduale e paziente, fatta di tanto lavoro e lungimirante programmazione (se i Gabrielli facessero dei corsi ad hoc, in tal senso, sarei disposto a pagarne la retta a favore di Eugenio Guarascio. Visto che purtroppo ciò non è possibile, facci un favore, presidente, cedi e VATTENE!) e senza spese folli, il Citta è arrivato fino a sfiorare più volte l’approdo in Serie A. Senza spese folli, scrivevamo, nonostante le disponibilità del paperone di Cittadella fossero davvero enormi. L’impero di Gabrielli parte proprio da Cittadella con l’attività di commercializzazione da magazzino di laminati mercantili, tubi e lamiere. Un ventennio dopo, negli anni settanta, la società che nel frattempo si era spinta fortemente nella lavorazione delle lamiere da coils, assume la denominazione di Siderurgica Gabrielli S.p.A. Le scelte di politica aziendale consolidarono la realtà industriale grazie ai risultati ottenuti dalla Divisione Lamiere Grosse, fondata nel 1988 e specializzata nella lavorazione e commercio delle lamiere grosse da treno quarto. Nel 2006 gli stabilimenti vengono ampliati ulteriormente, portando la superficie coperta fino agli attuali 54.000 mq. Nel 2013 La “Siderurgica Gabrielli S.p.A.” cambia denominazione in “Gabrielli S.p.A.” e fonde per incorporazione la società “Angelo Gabrielli” (magazzini prodotti lunghi). Oggi, attraverso i tre rami aziendali: Divisione Coils, Divisione Lamiere Grosse e Divisione Lunghi, la Gabrielli S.p.A. ha raggiunto una capacità produttiva e distributiva di circa 500.000 tonnellate/anno. Il core business del Gruppo Gabrielli consiste nell’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti siderurgici grazie alla collaborazione di circa 1.300 dipendenti. Gli stabilimenti, collocati tutti nel nord-est d’Italia, hanno una superficie coperta (complessiva) che supera i 230.000 m² ed il valore della produzione sfiora gli ottocento milioni di euro annui. Quando nel 2009 papà Angelo è passato a miglior vita, le redini di azienda e Club sono infine passate nelle mani del figlio Andrea Gabrielli, diventato, quindi, presidente del Cittadella del Gruppo e della SO.FI.DA. (Società Finanziaria Distribuzione Acciaio).

Scrivevamo in precedenza come una delle componenti fondamentali del duraturo successo del Citta sia anche la dirigenza tecnica, nello specifico l’attuale DG del sodalizio granata ed a tutti gli effetti anche DS (carica a lungo ricoperta in passato) in pectore, tant’è che questa figura ufficialmente manca nell’organigramma dei veneti. Stiamo parlando di Stefano Marchetti, dal 2000 (primo anno di cadetteria per i granata) ininterrottamente a capo del progetto tecnico, un’istituzione al Cittadella, l’uomo di riferimento della famiglia Gabrielli (prima il padre Angelo e adesso il figlio Andrea), colui il quale ogni anno è capace di ricostruire una squadra e di rendere durissima la vita alle “big” del torneo cadetto. E di sfiorare per ben due volte anche la serie A, sfumata la scorsa primavera dopo la doppia finale playoff disputata contro il Venezia e due anni prima in un altro derby doppio, allora contro l’Hellas Verona. Impegnato prima di tutto a coltivare giocatori, quelli allevati nel vivaio e quelli pescati in giro nelle serie inferiori o quelli con forti motivazioni da rilancio, reduci da annate storte, il 58enne Direttore Generale nativo di Fontaniva, comune di settemila anime ad appena 4 km. di distanza dal Tombolato, ha Cittadella nel cuore ed il suo attaccamento alla compagine patavina lo ha portato a declinare offerte da squadre importanti, come nel 2017 da un Chievo ancora in Serie A o, più recentemente il Parma del miliardario americano Krause di cui, in questa rubrica, abbiamo già parlato. Marchetti ci ha sempre pensato, ha ringraziato e rispedito al mittente tutte le offerte. “Ho sempre preso in considerazione con grande attenzione tutte le proposte – racconta – ma poi, alla fine, il pensiero era sempre il medesimo: a Cittadella posso svolgere il mio lavoro nel migliore dei modi, la società è sana, seria, un modello e quella granata è una splendida famiglia. Non ho alcun rimpianto nella mia carriera”. Una famiglia, dunque, che è sinonimo di continuità e progettualità. Provata anche dal fatto che nei suoi quasi ventidue anni di carriera da dirigente responsabile del progetto tecnico, tutti spesi a Cittadella, ha cambiato – costituendo di fatto un unicum, una rarità nel frenetico mondo del calcio tricolore – solo quattro allenatori: prima Rolando Maran, poi Claudio Foscarini, quindi Roberto Venturato. Mai un esonero, mai un cambio in corsa. Così pure alla fine della passata stagione la Società aveva rinnovato la fiducia a Venturato per l’attuale campionato, il settimo consecutivo, per il quale era peraltro sotto contratto. E’ arrivata invece la rescissione consensuale, per la volontà del tecnico di non proseguire il rapporto, motivando la decisione col fatto che riteneva di aver dato il massimo e di non essere pronto a ripartire dopo la delusione delle due finali perse, che hanno lasciato il segno. Così è arrivato (o meglio è rimasto) il quarto allenatore dell’era Marchetti. Ma ne parleremo in seguito. Ora invece vale la pena soffermarsi sulla campagna acquisti di quest’anno, la 16a della carriera in granata condotta dal dirigente di Fontaniva (nei primi cinque anni al servizio della famiglia Gabrielli il suo lavoro era concentrato nella segreteria del settore giovanile) ancora una volta improntata a vendere i prospetti valorizzati, come Ogunseye, Proia e Paleari, che hanno portato nelle casse societarie 3,3 milioni di euro. Soldi freschi impiegati per l’acquisto dei soliti prospetti, come la giovane ala destra, scuola Roma, Antonucci rilevato a titolo definitivo dai capitolini per 300mila euro, autore nell’attuale campionato già di 6 assist e 2 gol: c’è da giurarci che le sue quotazioni, già a fine stagione decolleranno, com’è già avvenuto di sovente a Cittadella. Insomma, una tipica operazione da Cittadella, alla Marchetti. Transazioni come questa, in casa granata, sono usuali e la regola è patrimonializzare, così quasi ad ogni sessione di calciomercato il Citta riesce a chiudere con un saldo positivo. Questo perché, pur contenendo gli investimenti (anche Marchetti ad esempio aveva trattato il famoso Lorenzo Lucca, valutato però un’operazione non in linea per il suo Club) i veneti i calciatori li comprano, di conseguenza i prestiti si contano sulla punta delle dita (questo per chiarire una volta per tutte a chi, sconsideratamente e senza ragionare, si permette di accostare i due Club, le sostanziali differenze tra la micragnosa ed improvvisata politica societaria del Cosenza e quella lungimirante e programmata del Cittadella). Nel caso di quest’anno, di un unico dito, infatti il solo elemento preso in prestito è l’attaccante di proprietà del Bologna, Okwonkwo. Tutti gli altri, come Ciriello, Cuppone e Icardi svincolati dalla Casertana, Danzi prelevato dal Verona, Mattioli dal Modena, Tounkara dalla Viterbese e Mazzocco dalla Spal, sono tutti di proprietà con contratti pluriennali, pronti, nelle stagioni che seguiranno, o ad essere ceduti con plusvalenze (quelle vere, però, non quelle fittizie fatte per assestare bilanci in rosso) oppure a garantire la prosecuzione del progetto tecnico e ad avere una squadra già pronta su cui innestare solo qualche nuovo elemento nella finestre di mercato successive (evitando rifondazioni ex novo, tutti i santi anni, della squadra – altra sostanziale differenza con il modus operandi di Guarascio). Senza andare lontano, ad esempio, così è stato anche nell’ancora non conclusa finestra di mercato invernale, in cui non solo non si parla di esigenze di rivoluzionare la squadra (ah, quanto invece ne avremmo bisogno noi!) ma non è ancora stato ceduto alcun elemento. O meglio, il Brescia ha offerto 800mila euro per quel Davide Adorni prelevato nel 2017 per 300mila euro dal Sant’Arcangelo Calcio. Se il Citta vendesse, si ritroverebbe ad avere sfruttato per 5 anni le prestazioni del calciatore ed a poter beneficiare di un’ulteriore benefit grazie ad una plusvalenza di 500mila euro, oltre il doppio del valore pagato quando il giocatore aveva appena 23 anni. In entrata, sempre nell’ottica di non stravolgere la squadra, l’unica operazione che i veneti hanno fatto registrare è l’acquisto, ovviamente a titolo definitivo del cartellino di Ignacio Lores Varela, prelevato in serie C dal Siena, giocatore versatile, sostanzialmente un jolly d’attacco che s’integrerà alla perfezione nel modulo adottato dai granata. La strategia di cui parliamo, in una parola la programmazione adottata dal Club patavino, garantisce solidità societaria e quindi anche la continuità del progetto. Il tutto con esborsi sempre molto contenuti, considerato che i veneti sono sempre quelli che hanno il monte ingaggi più basso della B, pur senza lesinare quando si tratta di investire sulla rete scout che aiuta a scovare i migliori giovani talenti nelle serie inferiori, così come sul pagamento dei cartellini alle società di provenienza dei prospetti individuati (altre fondamentali differenze con il nostro derelitto Cosenza). Quindi, se è vero che il l’impegno economico sugli stipendi è alquanto contenuto (arriva a tre milioni, con i premi, e ingaggi al massimo di 80.000 euro netti) non è altrettanto vero che il budget in generale è altrettanto parsimonioso, perché quando si tratta di investire sulle – affidabili – giovani promesse, il presidente Gabrielli non esita a fidarsi del suo DG ed a mettere mano al portafogli. Altri elementi essenziali al successo del modello Cittadella sono, senz’altro un settore giovanile che vanta ben sedici squadre, da coltivare e da cui attingere risorse, oltre a cinque femminili; contribuisce tanto anche l’ambiente che non mette particolari pressioni e lascia lavorare serenamente il gruppo squadra; poi, non meno importante, il fatto che ci sia un forte sistema identitario (una grande famiglia, così la definisce il presidente) che permette ad ogni componente di crescere professionalmente e di realizzarsi all’interno del Club, senza cercare fortuna altrove. Così, lo abbiamo scritto sopra, ad esempio ha fatto lo stesso Marchetti, che ha sviluppato l’intera propria carriera da dirigente tra i granata, ma altrettanto era stato in passato per Foscarini, o lo stesso Venturato e così con ogni probabilità sarà per il capitano Iori, ritiratosi quest’anno, ma già al lavoro come tecnico nelle giovanili e con la prospettiva di diventare l’allenatore del futuro.

Dicevamo di progettualità e continuità, ebbene la Società ha seguito questo canovaccio pescando, coerentemente, in casa il sostituto di Venturato e facendo ricadere la scelta su Edoardo Gorini, suo storico vice, promosso a capo dello staff tecnico (primo allenatore) con Roberto Musso a sua volta promosso da collaboratore tecnico a secondo allenatore, con l’intentodi salvaguardare e mantenere il modulo, l’idea di gioco e la mentalità che ha guidato in questi anni il Citta. Continuità, appunto! Questo modo di operare, secondo il presidente Gabrielli, garantirà ai granata “di valorizzare uno degli staff tecnici più validi a livello nazionale, uno staff che, oltretutto, conosce perfettamente la realtà del Cittadella“. Valorizzazione, un’altra parola chiave dal contenuto significativo da quelle parti, che significa far crescere i propri uomini di fiducia e creare un ambiente di sintonia, oltre che di professionalità, quindi d’intesa. Ed il lungo tempo speso a lavorare assieme cementa il gruppo. Gorini è granata dal 2007, il vice Musso dal 2000, il preparatore dei portieri Pierobon da una vita, il preparatore atletico Redigolo da vent’anni, di Marchetti e Iori abbiamo detto. A tal proposito, il pensiero di Gorini è illuminante: “La cosa bella di conoscerci da così tanto tempo è che viene tutto naturale, con leggerezza, siamo prima di tutto un gruppo di amici. Ognuno sa ciò che deve fare e lo fa al massimo perché sa che il collega, alias amico, accanto a lui farà lo stesso e con altrettanta dovizia. E’ una società che ha dei valori importanti, che ha costruito una struttura solida attraverso poche e semplici regole: lavoro, rispetto e armonia. Al Citta c’è davvero possibilità di fare calcio, perché ti lasciano sbagliare, ti danno fiducia, in primis sotto il profilo umano. E quando percepisci armonia nell’ambiente, lavori meglio…”. Veniamo dunque al lavoro del tecnico 47enne, veneziano di nascita che, in continuità con il suo predecessore abbraccia a sua volta il 4-3-1-2, fatto di tanto pressing alto e verticalità, con la squadra sempre compatta, che esprime un gioco veloce ed è bella da vedere. Nella sua idea di calcio non bisogna concedere spazi, rubare palla nella metà campo avversario per far subito male con i tanti giocatori di qualità di cui dispone. Ciò che non ama è il possesso palla in sé, da lui giudicato sterile, per cui nel suo credo si deve giocare il pallone sempre in avanti, senza fraseggiare all’indietro e senza paura di sbagliare una verticalizzazione o un dribbling. Ai suoi uomini chiede sempre di tentare la giocata. Così, sostiene il trainer granata, “si diverte il pubblico e si divertono pure i giocatori, che così rendono pure di più”. La squadra in fase di possesso palla spesso si dispone con un 3-4-1-2, i due esterni bassi sono dotati di ottime doti atletiche e non è raro trovarne uno dei due sulla linea dei centrocampisti a supportare lo sviluppo dell’azione. Quando non si riescono a trovare le giuste linee di passaggio nella zona centrale di campo i tre attaccanti si dispongono in linea ampliando così il fronte d’attacco. La costruzione in genere parte dal basso, con i due centrali a manovrare l’azione. A volte si cerca un giro palla per consentire di far allargare la squadra avversaria al fine di togliere la marcatura ad uno dei centrocampisti, che quasi sempre è a supporto dei centrali nella costruzione dell’azione. E’ in particolare Pavan (attualmente infortunato, quindi provvisoriamente sostituito da Danzi) ad abbassarsi, ma il più delle volte questo movimento è finalizzato a farsi seguire dal marcatore e liberare campo per uno dei due centrali e permettergli di avanzare e sviluppare l’azione. Quando succede che la squadra avversaria attua una forte pressione sui due centrali il Cittadella si affida o ai i due esterni bassi per la costruzione e la successiva giocata è sul centrocampista di zona che nel frattempo si è allargato sulla linea laterale. Oppure ad una costruzione “alta” con Kastrati che gioca sulla “spizzata” di Okwonkwo, Beretta, Antonucci, Baldini ovvero – immaginiamo – sul nuovo innesto Varela. Se l’azione si sviluppa con una costruzione dal basso i granata principalmente adottano due giocate che si alternano e dipendono molto dallo schieramento avversario. Lo sviluppo maggiormente utilizzato coinvolge le fasce laterali, quando la palla arriva ad uno dei due esterni il centrocampista in zona forte si allarga sulla linea laterale a creare una catena. Questo movimento ha lo scopo di garantire un appoggio per il terzino ma anche di attirare su di sé un marcatore (spesso l’esterno avversario) creando spazio o per una giocata verticale, centrale o per sfruttare un taglio dell’attaccante nello spazio lasciato libero alle spalle del terzino avversario. Altra giocata che parte sempre dai piedi dei due centrali di difesa è la verticalizzazione centrale sul trequartista (D’Urso o, talvolta, Baldini). La giocata inizia con Branca o Vita che “fintano” di abbassarsi per contribuire alla costruzione, ma spesso lo scarico è sul centrale opposto a quello deputato all’impostazione, liberando così lo spazio per avanzare e giocarla diretto sul trequartista. Quest’ultimo, spesso marcato e impossibilitato a girarsi, scarica su uno dei tre centrocampisti che a loro volta cercheranno la verticalizzazione immediata sullo spazio sfruttando i tagli delle punte. Le rapide verticalizzazioni che il Cittadella attua non impediscono alla squadra di creare un’elevata densità in zona di rifinitura e in area di rigore. Questo è sicuramente possibile anche grazie all’ottima capacità atletica di tutta la squadra. Sfruttando le catene esterne e il gioco in profondità degli attaccanti negli spazi che si creano tra i centrali e gli esterni avversari, la squadra di Gorini arriva spesso al cross o al traversone. Uno dei punti di forza della squadra è appunto la grande partecipazione corale degli effettivi alla fase offensiva (con, soventemente, anche il coinvolgimento dei terzini che si sovrappongono spesso); in aerea di rigore sono spesso presenti almeno quattro giocatori (la famosa densità di cui tanto parlava – senza mai trovarla – Occhiuzzi, l’anno scorso) e almeno uno o due vi si trovano appena fuori, pronti a giocare sulle seconde palle. Questo coinvolgimento è risultato anche delle qualità di inserimento che sono comuni a tutti e tre i centrocampisti (in particolare Vita, già a quota 3 gol). Micidiale, il Cittadella, in transizione positiva perché secondo i dettami di Gorini essa si deve trasformare velocemente in ripartenza, con verticalizzazioni veloci e quasi sistematiche. Il pressing è ben coordinato e viene fatto nella metà campo offensiva, con la squadra che cerca di chiudere tutte le linee di passaggio per orientare la giocata avversaria. Gli attaccanti sono rapidi, molto abili negli smarcamenti preventivi e nel gioco sullo spazio, cercano di sfruttare tutta l’ampiezza del fronte d’attacco lasciando ai centrocampisti gli spazi per gli inserimenti centrali. La squadra, in fase di non possesso palla, è molto compatta e reattiva anche sui raddoppi, con i reparti molto vicini e la partecipazione di tutti gli 11 in campo. La prima linea di pressione è affidata ai due attaccanti ed al trequartista che mantengono lo scaglionamento tra punte (in pressione sui due centrali) e rifinitore, molto spesso quest’ultimo funge da marcatore sul centromediano metodista avversario. Questa scelta costringe l’avversario il più delle volte o a cercare una costruzione bassa partendo dagli esterni o una costruzione alta. Obiettivo primario della prima azione difensiva è però quello di indirizzare la costruzione avversaria sugli esterni. E’ qui dove il Cittadella riesce a interpretare al meglio la transazione negativa ed è in questa zona che avviene il pressing per cercare di riconquistare la palla. Quando gli avversari giocano sugli esterni, essi vengono pressati in tempi molto rapidi dal centrocampista di zona, e con altrettanta rapidità gli altri due centrocampisti stringono scaglionandosi e creando anche tre linee di difesa. Al fine di non concedere completamente il lato debole agli avversari uno degli attaccanti arretra offrendo allo stesso tempo un’alternativa per un eventuale ripartenza. Nel caso in cui la squadra avversaria opti per una costruzione alta molto spesso però è Perticone (o Frare, a seconda di chi viene schierato tra i centrali di difesa) ad uscire, cercando l’anticipo sull’avversario, mentre dietro a lui i due terzini e l’altro centrale si stringono a coprire. Questo avviene anche se gli avversari riescono a superare il forte pressing e a varcare la metà campo. Come si sarà capito, da quanto finora detto, il vero punto di forza di questa squadra che fa dell’intensità e del recupero palla immediato due pilastri fondamentali è la transizione negativa. Se la palla è persa nella metà campo avversaria viene attuato un forte pressing finalizzato alla riconquista immediata della stessa. Ciò permette, in caso la pressione abbia esito positivo, di trovarsi in zona d’attacco con almeno cinque uomini. Se la palla invece è persa nella propria metà campo, la difesa rincula velocemente per cercare la miglior copertura della porta, quindi, una volta assicurato ciò, eventualmente torna a riattaccare il possessore di palla avversario. In conclusione, si tratta di una squadra molto ben messa in campo ed in grande condizione atletica, che pratica un pressing alto e che sa costruire e ripartire molto rapidamente e per vie centrali. Non a caso, oggi, è a ridosso della zona playoff, al 9o posto in classifica, a due soli punti dall’Ascoli, che le sta sopra anche in virtù di una gara in più disputata. Domani sarà, in conclusione, l’ennesima partita maledettamente difficile per noi!

Il 4-3-1-2 di Gorini

Entriamo ora nel dettaglio delle scelte che Gorini potrebbe domani assumere per il suo scacchiere, nello scegliere gli uomini da schierare in campo, secondo il suo collaudato 4-3-1-2. A difesa dei pali non abbiamo dubbi che venga schierato il confermatissimo pipelet albanese Elhan Kastrati, davanti al quale, nella scelta di uno dei due centrali, parimenti non sembrano esserci alternative all’utilizzo di Frare. Al contrario, l’altra casella al centro della difesa non parrebbe così certa e scontata: considerata la trattativa aperta con il Brescia, di cui abbiamo scritto più su, riteniamo che il capitano Adorni possa rimanere in panchina in modo precauzionale, per evitare rischi d’infortunio e garantire così ancora una volta, dopo la discreta prestazione di Vicenza, il posto da titolare a Ciriello. Più chiara, invece, sarà la decisione di Gorini riguardo i due esterni, per le cui posizioni vedrebbero impegnarsi a destra Mattioli, mentre sull’out opposto di sinistra, Benedetti. In mediana, vista l’indisponibilità di Branca per squalifica e di Icardi e Pavan per infortunio, i tre che dovrebbero essere chiamati a formare la linea di centrocampo con ogni probabilità saranno Vita, Danzi e Baldini (ma una chance, lì, se la può giocare anche Antonucci, così come in linea più avanzata, in attacco, nel suo ruolo naturale). D’Urso sarà con ogni probabilità sulla trequarti (così lo vedremo all’opera, prima di una sua chiacchierata cessione, proprio in rossoblu) mentre a comporre il tandem d’attacco, stante la squalifica di Tounkara, saranno due tra Okwonkwo e Beretta, con Baldini (soprattutto) ed anche il nuovo arrivato Varela, pronti anche loro a partire da titolari, pressoché con le stesse chance dei compagni di reparto.

E’ ora di chiudere e come al solito lo facciamo con le notizie di servizio. Intanto vediamo il pronostico verso chi si volge. Il Cittadella di Edoardo Gorini, reduce dal rocambolesco pareggio per 3-3 sul campo del Vicenza, arriva a questa sfida nel migliore dei modi, forte di una serie di risultati utili consecutivi di ben nove giornate. Tante quante, invece sono le giornate in cui il nostro Cosenza non conosce più la vittoria (ultima in casa con la Ternana). I granata sono tra le primissime posizioni come punti conquistati nelle prestazioni tra le mura amiche dove, in nove partite disputate, è riuscita ad ottenere la bellezza di 17 punti, frutto di cinque vittorie, due pareggi ed altrettante sconfitte. Per contro, il Cosenza è agli antipodi della speciale classifica delle partite giocate fuori casa, dove i Lupi hanno racimolato la miseria di 3 punti, sempre in nove gare disputate lontano dal Marulla. La partita tra Cittadella-Cosenza, che andrà di scena domenica 26 dicembre allo stadio Tombolato di Cittadella, presenta una perfetta parità nei precedenti in Veneto, con cinque partite giocate tra le due squadre ed un bottino di due vittorie per parte oltre all’unico pareggio. I bookmakers, come da tradizione ormai in questo campionato, ci danno per spacciati (come dargli torto!). Il segno 1 è pagato da un minimo di 1,40 (che tradotto per i non avvezzi al mondo del betting significa vittoria quasi scontata per i padroni di casa) ad un massimo di 1,49; il pari, quindi il segno X, viene dato da un minimo di 3,75 a 4,20; infine il 2 con la vittoria fuori casa dei Lupi pagherebbe davvero tanto, con oscillazioni che vanno da un minimo di 7,10, per spingersi a pagare fino a 7,60 la posta giocata. La gara, che come detto in apertura di articolo è valevole per il recupero della 19a giornata del campionato di Serie B BKT, si giocherà in terra veneta domani alle ore 14,30 sul terreno di gioco del Tombolato e sarà diretta dal Sig. Niccolò Baroni di Firenze. Con l’arbitro Toscano il Cosenza si è incrociato sette volte, due delle quali ottenendo successi, in quattro occasioni è arrivato un pareggio, mentre una sola è stata la sconfitta. A coadiuvare nel suo lavoro il direttore di gara sono stati designati i due assistenti, Sig. Dario Garzelli di Livorno e Sig. Paolo Laudato di Taranto. Il quarto ufficiale sarà il Sig. Fabio Rosario Luongo di Napoli, mentre al VAR il Sig. Giovanni Ayroldi di Molfetta e suo assistente il Sig. Marco Scatragli di Arezzo.

Inutile dire quanto sarebbe importante uscire indenni, domani, da Cittadella. Ma le aspettative sono davvero basse, dobbiamo ammetterlo. D’altra parte, un’ennesima sconfitta crediamo possa mettere già in discussione la posizione di Occhiuzzi (giustamente aggiungiamo, visto quanto finora il tecnico non sia riuscito ad invertire minimamente la rotta), perché a quel punto rimanere a galla diventerebbe particolarmente difficile, anche alla luce dello scandaloso mercato sinora – e mancano appena due giorni alla sua chiusura – condotto. Non sappiamo più a chi appellarci e crediamo che nemmeno Alarico guardi più verso la nostra direzione.

Sapiens

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