19 WAITING FOR THE BARBARIANS: BRESCIA

Permettetemi di iniziare la puntata odierna della nostra rubrica ringraziando la trentina di tifosi rossoblu che, a dispetto delle assurde disposizioni restrittive della Lega di B, si sono comunque recati a Cittadella per sostenere la squadra, ma anche per contestare l’indegno presidente che ancora non molla l’osso. Al Tombolato uno striscione ed uno stendardo con la scritta GUARASCIO VATTENE ed anche una goliardica distribuzione di banconote (idea e realizzazione grafica partorite proprio da questo Blog, una volta ogni tanto lasciateci mettere il cappello sopra!) da 100 dollari, anzi, ONE UNDRED LUPINI, valuta in corso negli UNITED STATE OF PEZZENTE con al centro campeggiante non l’immagine di Benjamin Franklin ma quella di uno scapigliato presidente del Cosenza (vedi foto in basso)

Il conio del pezzente

al quale magari un po’ di valuta fresca – quella che non finisce tra gli oneri diversi – poteva servire per portare a termine il mercato di riparazione con qualche acquisto in più, invece dei soliti prestiti secchi. Fatta questa doverosa premessa ed archiviato ormai il recupero della partita che avrebbe dovuto essere giocata il giorno del boxing day, conclusosi con il deludente (per come si erano messe le cose e per l’assurda politica rinunciataria di Occhiuzzi) pari di Cittadella, domani si ritorna tra le mura amiche del Marulla, che ad inizio stagione avevano significato per la truppa, allora di Zaffaroni, un sicuro porto (nelle prime 4 all’ombra della Sila erano arrivati 12 punti, ricorderete). Poi, anche il tecnico milanese aveva preso a perdere pure in casa e la sconfitta con la Cremonese gli era costata la panchina. E’ arrivato Occhiuzzi per raddrizzare la barca, ma finora ha avuto – con tutte le attenuanti che possiamo riconoscergli nell’avere incontrato squadre toste (Pordenone a parte) e di avere avuto problemi di assenze causa Covid – una media punti da retrocessione diretta, quindi assolutamente al di sotto del suo predecessore: con Zaffaroni sono arrivati 15 punti in 16 gare (media a partita appena al di sotto di un punto, con 0,93), mentre il tecnico di Cetraro con le sue quattro gare ha portato la miseria di 2 punti (media di 0,5 punti a match). La cosa davvero preoccupante, è che con il buon Roberto, pare si sia ripreso il preoccupante trend già registratosi l’anno scorso, quando per l’intero girone d’andata – tutti lo ricorderemo come un record negativo senza precedenti nella storia del Cosenza – non arrivò neanche una vittoria tra le mura amiche. Dal suo ritorno, parafrasando il famoso detto, il cattivo giorno si vede dal mattino, il ruolino di marcia al San Vito è stato di due sconfitte su altrettanti incontri. Per domani, c’è solo da incrociare le dita, anche perché a visitare il Busento calerà uno di quei barbari accreditati per il salto diretto di categoria, attualmente a due soli punti dalla testa della classifica, che dunque verrà a Cosenza con il chiaro obiettivo di fare sua l’intera posta in palio: il Brescia.

Il Brescia Calcio nasce nel lontano 1911 diventando, ben presto, il primo Club calcistico della cittadina lombarda. La Società Sportiva professionistica è tra le più longeve della provincia bresciana. Nella sua storia il Brescia Calcio vanta la vittoria di due campionati di Serie C (1939 e 1985) dove ha partecipato per sole quattro edizioni, quattro affermazioni nel campionato di Serie B (1965, 1992, 1997 e 2019) torneo dove ha preso parte per ben 63 volte, oltre ad un successo in campo europeo, vale a dire il Torneo Anglo-Italiano conquistato nel 1993 in finale a Wembley contro il Notts County. Al campionato di massima serie italiana la squadra lombarda ha fatto la sua apparizione per ben 33 volte (l’ultima delle quali nel 2019/20). Il miglior piazzamento in Serie A è il settimo posto della stagione 2000/01, quando, guidata dal Pallone d’oro 1993 Roberto Baggio, la formazione biancoazzurra di Carlo Mazzone si qualificò per la Coppa Intertoto. In quest’ultima competizione raggiunse poi la finale, dove venne sconfitto per la regola delle reti in trasferta dal Paris Saint-Germain nonostante due pareggi. Nel 2004/05, dopo quattro stagioni consecutive nel massimo campionato, il Brescia Calcio tornò tra i cadetti. Il ritorno nell’Olimpo del calcio italiano avvenne nella stagione 2009/10 al termine di una cavalcata trionfale, culminata nel successo ottenuto contro il Torino nella finale play-off, ma la permanenza in Serie A durò appena l’arco di una stagione. Fino all’approdo a capo del Club dell’attuale presidente, Massimo Cellino, nell’agosto 2017, che ha rappresentato un nuovo trampolino di lancio della Leonessa, capace di ottenere un’immediata promozione in Serie A, oltre che fautore della realizzazione del Centro Sportivo di Torbole Casaglia e l’ammodernamento dello stadio Mario Rigamonti. Ai biancoazzurri sono legate molte figure prestigiose del mondo del calcio italiano ed internazionale. Con la tipica maglia azzurra con la “V” bianca sul petto hanno disputato diversi campionati, e partite, giocatori diventati mito e leggenda: per citarne solo alcuni, Altobelli, Baggio, Beccalossi, Hagi, Hamsik, Pirlo, Guardiola, Toni e persino due che poi sarebbero stati vincenti CT della Nazionale, come Valcareggi e Vicini. Tornando a Cellino, andiamo a capirne la solidità economica, quindi da dove deriva il suo patrimonio che negli anni gli ha consentito di poter fare calcio ad alti livelli. Insieme alla sorella fino al 2000 ha amministrato la SEM Molini Sardi, società che fa parte del Gruppo Cellino, una sorta di cassaforte di famiglia. Oltre alla SEM, del gruppo fanno parte altre sette aziende tutte sarde a eccezione della francese TRANSGRAIN FRANCE SA, che si occupa della “selezione e dell’acquisizione dei cereali indispensabili ai cicli produttivi di tutte le Società del Gruppo nonché della commercializzazione di cereali sui mercati internazionali”. Nato a Cagliari nel 1956, ragioniere, Massimo Cellino ha frequentato per alcuni anni la Facoltà di Economia e Commercio. Negli anni settanta, interrotti gli studi, iniziò a collaborare con suo padre Ercole nella gestione delle Aziende di famiglia e, dopo avere ricevuto gravi minacce di morte, giovanissimo, si trasferì a Sidney, in Australia, dove stabilì proficui contatti con i maggiori produttori locali di cereali. Rientrato in Sardegna nel 1982, si dedicò a tempo pieno alle aziende di famiglia ristrutturando l’organizzazione delle vendite sul mercato interno sardo. Nel 1988 assunse la gestione del Gruppo Cellino e concluse importanti contratti di fornitura con Paesi nordafricani. In quegli anni le aziende del Gruppo hanno lavorato circa tre milioni di quintali di grano, tra i quali circa il 70% dell’intera produzione isolana, e venivano considerate il settimo importatore mondiale di cereali. Il Gruppo, che all’epoca contava su di un fatturato annuo consolidato di circa 400 miliardi delle vecchie lire, tra dipendenti (450) e lavoratori dell’indotto (valutabili in circa 1.200) costituiva una importante fonte di guadagno e di sopravvivenza per un numero considerevole di famiglie sarde. Per i successi conseguiti nel campo economico-industriale, nel 1994 l’Università statunitense Columbia University – New York gli conferì la Laurea Honoris Causa in Scienze Economiche, della quale è molto fiero. Alle spalle del Massimo Cellino presidente di calcio ci sarebbe quindi la solidità del Gruppo di famiglia, con il pallone che però da anni rappresenta una assoluta passione che gli ha dato anche una grande popolarità. Sin dall’estate del 1992, quando aveva acquistato il Cagliari Calcio dai fratelli Orrù per una cifra pari a 16 miliardi di vecchie lire. A capo del club sardo rimase per 22 anni, durante i quali i rossoblu isolani hanno disputato 17 campionati di Serie A (con un 6º, due 9° e tre 10º posti come migliori piazzamenti, e due retrocessioni), 5 campionati di B (con due promozioni), ha raggiunto una semifinale di Coppa UEFA (1993-94) e due semifinali di Coppa Italia (1999-00, 2004-05). Nel 2014 Cellino ha ceduto il Cagliari all’attuale presidente Giulini per una cifra che, stando a quanto riportato all’epoca dai giornali, si sarebbe aggirata sui 40/45 milioni di euro. Quindi, il vulcanico presidente ha provato anche l’esperienza (fallimentare) oltremanica, al Leeds prima di rientrare in Italia, per acquistare il Brescia, quasi cinque anni fa, sborsando appena 6,5 milioni. I meglio informati raccontano che, prima di approdare in Lombardia, pare vi fosse un suo interessamento nei confronti proprio del nostro Cosenza, con un timido sondaggio, ma non se ne fece nulla. Stavolta non per volontà di Guarascio (una volta ogni tanto non ha responsabilità), ma solo perché Cellino volse appunto il suo sguardo, nel frattempo, verso il Brescia. Protagonista di diverse vicende giudiziarie, l’istrionico presidente è anche noto per i frequenti esoneri degli allenatori. Negli anni della sua presidenza, ben 27 allenatori si sono avvicendati sulla panchina del Cagliari, per un totale di 36 cambi in panchina. Da quando ha rilevato il Brescia nel 2017, già 11 tecnici si sono seduti sulla panchina delle Rondinelle, oltre a quello attuale. Un’altra delle sue caratteristiche è la scaramanzia. Tra le sue fisse ci sono le bandane distribuite ai tifosi, l’obbligo di indossare il colore viola quando le partite si giocavano il venerdì 17, benedizioni e amuleti vari, spargere sale sul terreno di gioco, etc. Allo stadio Sant’Elia, tanto per dirne una, fece rinominare i seggiolini numero 17 come “16 bis”.

Non solo girandola di allenatori, ma anche di Direttori Sportivi, per Cellino, anche perché è uno che ama interessarsi direttamente del mercato e finisce per invadere il campo altrui. Così, lo scorso anno, dopo che la Leonessa era stata eliminata al primo turno playoff dal Cittadella, conclusa l’esperienza con Perinetti, in estate ha deciso per un rinnovamento della rosa con l’obiettivo di puntare al ritorno in serie A. Sotto la guida inizialmente del DS Gemmi – dimessosi dopo appena 44 giorni – in principio affiancato dal giovane Christian Botturi, poi è rientrato Armando Ortoli, quindi a fine settembre l’arrivo di Francesco Marroccu. Il sodalizio biancoazzurro in estate, dicevamo, ha optato per la cessione di elementi chiave del recente passato come Martella e Donnarumma (passati alla Ternana di Lucarelli), l’islandese Bjarnason (passato in forze ai turchi del Demirspor) ed i centrocampisti Zmrhal, Ninkovic e Skrabb. A fronte di un reparto difensivo rimasto relativamente invariato rispetto alla scorsa stagione, i cambiamenti maggiori il Brescia li ha effettuati da centrocampo in su: a rafforzare la mediana sono arrivati gli ex Chievo Bertagnoli e Léris, oltre a Cavion e al giovane trequartista scuola Milan Olzer, prelevato nell’ambito dell’affare Tonali. Anche l’attacco ha subito un pesante rinnovamento, con gli arrivi di elementi del calibro dell’ex Inter e Bologna Palacio, l’ex bomber dell’Ascoli Bajic, l’ex centravanti dell’Empoli Moreo e la giovane ala italo-francese Tramoni, prelevato dal Cagliari. Nei correttivi apportati invece nell’ultima – appena conclusa – campagna di riparazione, il Brescia ha tenuto il grosso del mercato last minute ed ha di fatto acceso la chiusura dei lavori in B scatenandosi letteralmente: arrivati in quattro dal Genoa, con l’esperto Behrami che ha seguito Andrenacci, Bianchi e Sabelli; in più sono stati definiti gli arrivi di Adorni (Cittadella) per la difesa e di Proia (Vicenza) per il centrocampo. Il mercato del Brescia si è chiuso con tre innesti dell’ultima ora. Ha invece salutato Emanuele Ndoj che si è accasato – come sappiamo – proprio da noi, in riva al Crati. In precedenza erano già partiti Cavion, Labojko, Mateju e Capoferri. Nei prossimi giorni potrebbero partire anche Chancellor e Linnér, che interessano su mercati con scadenze posticipate. A dispetto delle voci di mercato è restato, invece, Spalek.

Una rosa importante, dunque, quella delle Rondinelle a guidare la quale, il vulcanico Cellino ha chiamato un allenatore dal pedigree importante, vale a dire l’ex campione del Mondo Filippo Inzaghi, che ai grandissimi successi conseguiti da giocatore, ha saputo bene interpretare anche la carriera da allenatore con, nel suo personale palmares, un Viareggio (Milan Primavera), una vittoria del campionato e di Coppa Italia di C alla guida del Venezia e la vittoria della B alla guida del Benevento, che gli è valsa la Panchina d’argento nel 2020. Finora il tecnico nativo di Piacenza è riuscito – nonostante non sia mancato poco più di un mese fa una piccola crisi – nell’improbo compito di riuscire a convincere Cellino e di resistere in sella, considerato che il Club lombardo ha mantenuto la barra dritta, viaggiando ad una media di quasi due punti in classifica (1,9 per l’esattezza, con 38 punti in 20 match disputati), frutto di una squadra che sa essere sufficientemente solida in difesa e letale in attacco. Particolarmente impressionante fin qui è stato il rendimento in trasferta delle rondinelle: in dieci partite disputate lontano dalle mura amiche del Rigamonti, gli uomini di Inzaghi hanno conquistato la bellezza di otto vittorie, un pareggio e una sola sconfitta. Punto di forza delle Rondinelle la capacità di andare in gol con diversi elementi del proprio organico: le 33 reti realizzate fin qui dagli uomini di Inzaghi (secondo migliore attacco del campionato) sono spartite tra ben 14 giocatori diversi, tra i quali spiccano ovviamente bomber Moreo autore di 5 gol, ma anche Bajic, Palacio, Jagiello e Tramoni, tutti in grado di realizzare, sinora, 3 marcature a testa. Anche la difesa, dopo un inizio piuttosto complicato, pare aver trovato la sua quadra: nelle ultime quattro partite, il Brescia ha subito solamente due gol, portando a casa due vittorie fuori casa e due pareggi tra le mura amiche. Ecco, sicuramente le partite interne sono state la sbavatura nell’ottimo campionato sin qui condotto dalla Leonessa, in occasione delle quali i successi ottenuti sono stati appena tre (uno dei quaali proprio contro di noi), a fronte di altrettante sconfitte e ben quattro pareggi. Da un punto di vista tattico la formazione dell’ex centravanti di Milan, Juve e Nazionale predilige schierarsi con il 4-3-3 o sue varianti, come ad esempio il rombo (4-3-1-2 visto nelle ultime due uscite) e l’albero di Natale (4-3-2-1 poco praticato, a dire il vero, in stagione). Ad ogni modo, difesa schierata a quattro, mediana con leggeri accorgimenti tattici, a tre, ed attacco che, a seconda degli uomini a disposizione – come abbiamo visto parco attaccanti molto vario e di assoluto valore per i bresciani – e dell’avversario di turno può giocare con due esterni forti ed una punta di peso; ovvero col trequartista alle spalle di due punte centrali; oppure, ancora, con due mezze punte che gravitano a ridosso del centro-boa ed attaccano gli spazi per gli inserimenti a rete. Il calcio predicato a Brescia da Pippo Inzaghi, è fatto di tanto pressing alto e verticalità, con la squadra sempre compatta, che esprime un gioco veloce ed è bella da vedere. Nella sua idea di calcio l’avvio del gioco parte dal portiere, utilizzando il l’estremo difensore (Joronen) come un elemento di movimento vero e proprio per creare superiorità numerica. Tuttavia lo stesso allenatore chiede ai suoi uomini, nella costruzione dal basso, laddove vi siano le circostanze per poter superare due linee avversarie con un passaggio lungo sulla trequarti, di farlo senza dover forzare la giocata orizzontale. Dicevamo che nelle due ultime uscite il tecnico 48enne piacentino ha schierato il suo undici utilizzando il rombo. Nei suoi schemi, questo sistema di gioco prevede il passaggio dal 4-3-1-2 a un 4-5-1 in fase di non possesso, con il trequartista ed uno dei due attaccanti che si abbassano sulla linea dei centrocampisti a contenere la manovra avversaria. In fase di possesso la squadra passa dal 4-3-1-2 con i due centrali di difesa Cistana e Mangraviti (senza considerare Chancellor, come detto in procinto di accasarsi altrove) piuttosto che il neo arrivato Adorni, che si allargano al limite dell’area, mentre il mediano centrale – che domani potrebbe vedere l’esordio del nuovo acquisto Behrami (vedremo se preferito al capitano Bisoli che comunque può funge prevalentemente da mezzala) – che è chiamato dal tecnico ad abbassarsi per ricevere palla, ad una sorta di 2-3-3-2. In sostanza i due terzini Mateju (o Sabelli) a destra e Pajac a sinistra (grande assistman con ben 5 servizi determinanti per altrettanti gol dei compagni) si alzano fin quasi alla linea di centrocampo, per offrire soluzioni sugli esterni nel tentativo di costruzione dal basso. Ma, se pressati, i difensori centrali e il mediano optano per un lancio lungo a cercare l’inserimento di una mezzala, Léris, Bertagnoli o Bisoli, a seconda di chi viene schierato, se non il trequartista Jagiello.In fase di sviluppo il punto di riferimento è il mediano centrale che dialoga spesso con le due mezzali, le quali si alzano e vanno a occupare la zona alle spalle della linea mediana avversaria, predisponendosi alla ricezione in una forma di centrocampo scaglionato a “V” e formando una “linea tra le linee” (a tre) con il trequartista. Per questa ragione, cioè per saltare la linea del centrocampo avversario, il mediano ricerca spesso la giocata in verticale per le mezzali stesse o per l’inserimento del trequartista o delle due punte, il temibile Moreo (autore già di 5 gol in stagione) affiancato da Ayé, con Tramoni, Bajc e Palacio come valide alternative. Una giocata offensiva classica richiesta da Inzaghi ai suoi uomini, vede di sovente una delle due punte abbassarsi verso il centrocampo andando incontro al portatore di palla per ricevere. Questo movimento in genere fa staccare il difensore avversario che è in marcatura, alle cui spalle si crea uno spazio non coperto in cui si inserisce l’altra punta, che attacca la profondità per essere servito ed arrivare alla finalizzazione. In fase di non possesso i lombardi effettuano una pressione collettiva sui difensori centrali avversari, quando questi sono in fase di costruzione, per chiudere loro le linee di passaggio in verticale; un pressing alto finalizzato alla ricerca della transizione positiva, quindi alla riconquista immediata del pallone ed alla ripartenza fulminea per puntare subito verticalmente alla rete. Uno schema, questo, che si è rivelato letale per le difese avversarie soprattutto quando le Rondinelle, come detto, giocano fuori casa. A livello del centrocampo le due mezzali marcano a uomo i centrali di centrocampo o le mezzali avversarie, limitandone le giocate, mentre il mediano, si abbassa in posizione più arretrata fungendo da “filtro” davanti alla difesa. In generale, nella zona centrale del campo la Leonessa alza il suo livello di aggressività, tenta un maggior numero di contrasti e conseguentemente recupera un buon numero di palloni. Nella linea difensiva a quattro i difensori centrali, in particolare Mangraviti a sinistra, ma anche Cistana a destra, seguono l’uomo di riferimento anche fino alla linea mediana di campo, “rompendo la linea” e lasciando alle spalle una zona di campo libera per gli inserimenti avversari (questa è una delle poche fragilità che Occhiuzzi potrebbe sfruttare con gli inserimenti di Caso, Millico ed anche Šitum o Boultam, dietro la linea difensiva, quando si alza in questo modo). In fase di sviluppo della manovra avversaria la linea difensiva è piatta e sale in situazioni di palla coperta, mentre rincula velocemente in linea, verso la propria porta, in occasioni di ripartenza avversaria, attendendo un intervento da parte di un centrocampista: solo quando la palla transita nei pressi del limite dell’area di rigore, aumentando la pericolosità dell’azione, il difensore di riferimento esce sul portatore di palla. Una squadra compatta e ben allenata, parla chiaro il terzo posto in classifica a due punti dalla vetta, quella di Inzaghi, che subisce poco ma che punge in attacco, soprattutto in trasferta, come abbiamo visto. In realtà, noi abbiamo subito una dura sconfitta (5-1) all’andata, in quel di Brescia, sia pur vero figlia di una squadra, la nostra, in colpevole ritardo di costruzione.

L’11 del Brescia

Detto delle idee tattiche con cui Inzaghi ama fare giostrare la sua squadra, siamo arrivati ora al punto della nostra rubrica dove, sulla scorta delle informazioni di cui disponiamo, ci tocca ipotizzare l’undici che il tecnico piacentino potrebbe opporre ai nostri Lupi sulla base del rombo, vale a dire il 4-3-1-2. Tra i pali toccherà ancora una volta senz’altro all’esperto nazionale finlandese Joronen. Davanti a lui, la linea difensiva a quattro sarà con ogni probabilità composta da Sabelli esterno di destra, Cistana e Adorni (probabile il suo esordio) schierati da centrali ed il temibile (già 5 assist stagionali per lui) Pajac sull’out di sinistra, al rientro dopo il turno di squalifica scontato contro la Ternana. A centrocampo potrebbe fare il suo esordio Behrami come vertice vasso del rombo, ai lati del quale potrebbero trovare posto capitan Bisoli a sinistra ed uno tra Andreoli o Léris, con quest’ultimo favorito, a destra. Nella linea avanzata, considerata la grande abbondanza di cui gode il reparto, sulla trequarti dovrebbe toccare a Jagiello davanti al quale, a giudicare dagli allenamenti, esperimenti ed amichevoli in settimana condotti per volere del mister campione del Mondo, potrebbe impostare un attacco con una “falsa seconda punta” da alternare a partita in corso (prima Palacio e poi Tramoni) a fianco del centravanti di turno che a Cosenza potrebbe essere inizialmente Bajic, per poi lasciare il posto ad Ayè. In realtà, a dispetto delle alchimie infrasettimanali, è molto più facile che Inzaghi finisca per non rinunciare alle due punte pure, Ayè e Moreo. Le soluzioni, come visto non mancano per Inzaghi. Non ci rimane che aspettare domani per capire su quali nomi si orienteranno le sue scelte tecniche. Una cosa è certa: non incontrerà certo il derelitto Cosenza d’inizio stagione (obiettivamente non eravamo neanche una squadra degna per una serie C, grazie per le figuracce, presidente Guarascio!) e nel frattempo è cambiato il mister (non più Zaffaroni ma Occhiuzzi, come ben sappiamo – anche se non necessariamente ciò può essere considerato un upgrade) e sono arrivati dei giocatori dal mercato di riparazione che potrebbero incidere positivamente sui rossoblu, a cominciare dal fresco ex di lusso, Ndoj, che speriamo abbia proprio nei confronti del tecnico piacentino il dente avvelenato a sufficienza, forte voglia di rivalsa e forza per incidere, magari segnando qualche gol. Sicuramente questo Cosenza è un’incognita per Superpippo, così come, a dire il vero, lo è anche per noi.

In chiusura di rubrica passiamo alle varie ed eventuali. Cominciamo col dire che i bookmakers, per il 21° turno consecutivo, ci danno per perdenti. Il segno 1 viene pagato tra un minimo di 3,90 ed un massimo di 4,35; la X, pur se leggermente meglio apprezzata, anch’essa data per meno probabile e quindi pagata fino a 3,45 la posta giocata; infine il 2, con l’eventuale successo degli uomini di Inzaghi, è dato piuttosto per scontato, visto che riconosce agli scommettitori che vi puntano, un range di guadagno sulla scommessa tra 1,85 e 1,95 la cifra puntata. Più in generale, il pronostico pende assolutamente a favore della Leonessa, non solo per un fatto di posizione in classifica (3° posto i biancoazzurri, 17° per i rossoblu) di differenza di punti di distacco (21), di differenza reti (+12 i lombardi, -15 noi), di organici e di obiettivi. C’è da aggiungere che il Brescia è da cinque turni esterni consecutivi che vince. In caso di successo anche al Marulla farebbe il suo record di vittorie esterne consecutive mai conseguite nella sua ultracentenaria storia ed eguaglierebbe il record di vittorie esterne stagionali, che ammonterebbe a quel punto a nove, come già avvenuto solo in un’altra circostanza, otto anni or sono. In trasferta, con 25 punti su 30 disponibili, è la squadra che lontano dalle mura amiche si è meglio comportata, tra tutte le compagni della Serie B. Per contro, il Cosenza è da cinque turni interni consecutivi che perde e da ben dieci che non ottiene vittorie (appena 3 punti, in questo lasso di tempo). Le due squadre si sono incrociate all’ombra della Sila per ben 14 volte in cui i Lupi hanno prevalso per cinque (l’ultima, però, ben 27 anni fa, quando a firmare quel successo per 3-2 ci furono le reti d’autore di Alessio, Lucarelli e Marulla); il segno X è uscito in ben sei circostanze, mentre tre sono i successi ottenuti dalle Rondinelle, di cui due proprio negli ultimi due confronti, entrambi contestati per direzioni di gara non piaciute ai sostenitori bruzi. L’anno scorso, la giacchetta nera che diresse l’incontro fu, ironia della sorte, lo stesso Manuel Volpi di Arezzo, chiamato a dirigere pure la gara di domani pomeriggio, con calcio d’inizio alle 14.00. I suoi assistenti saranno Oreste Muto di Torre Annunziata e Giuseppe Di Giacinto di Teramo. Il IV uomo sarà Alberto Arena di Torre del Greco, mentre VAR e suo assistente saranno, rispettivamente Aureliano di Bologna e Maria Marotta di Sapri. Con l’arbitro toscano sono tre i precedenti del Brescia, che con lui ha trovato due vittorie ed un pari. Il Cosenza, invece, ha incrociato per ben nove volte Volpi, ottenendo, sotto le sue direzioni di gara tre vittorie quattro pareggi e due sconfitte.

Di fronte ad un Cosenza ad oggi ancora ininterpretabile, per via dei numerosi nuovi arrivi dal mercato di riparazione, da un lato; delle incognite che stato fisico e di forma che gli stessi potrebbero avere (o meno); con un’amalgama che, punto ed a capo, a metà di stagione ci troviamo a doverci reinventare; soprattutto, con il grande dubbio nei riguardi di un allenatore che – forse unicum nella storia del calcio – è stato richiamato al timone della barca dopo averla condotta indisturbato (ricordiamolo, non fu esonerato!) ad infrangersi malamente contro gli scogli della retrocessione, le aspettative sono davvero basse, dobbiamo ammetterlo. Forse, il fatto di non illudersi può, tutto sommato, non essere così male come condizione, perché in caso di sconfitta, potremo sempre dire… ce l’aspettavamo, ma in caso di risultato utile, sarà vissuto come una conquista. Soprattutto se, come visto a Cittadella, si riesce a scorgere qualche timido segnale d’incoraggiamento nel gioco della squadra. Staremo a vedere che succederà domani e chissà che Alarico

Sapiens

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