FIGLI DI UN DIO RIGORE


Non è cominciata affatto quest’anno (tanto che molti tifosi rossoblù, abbastanza improvvidamente aggiungerei, festeggiarono come salvifica l’introduzione della VAR anche in serie B a partire da questo campionato: non avevano ancora chiaro che aria tiri per noi in cadetteria). Non è cominciata affatto quest’anno, con un fallo di mani in area brianzola non visto a Monza sullo zero a zero e il fallo al limite su Millico non fischiato dall’arbitro nella circostanza in cui, sull’azione successiva, i monzesi segneranno l’uno a zero – o con il fallo in area su Florenzi al 94′ a Pordenone, il rigore del possibile due a uno in pieno recupero non visto dall’arbitro per un intervento decisamente più netto di quello che è incredibilmente costato un penalty mercoledì a Frosinone. Non è cominciata affatto quest’anno: tutti ricordano ancora, a titolo di esempio, il fallo di mano al San Vito in area perugina nel primo anno di serie B, il gol annullato a Tutino a Cittadella o a Maniero a Brescia per due fuorigioco inesistenti, l’altro fallo di mano con cui il Perugia ci fece gol in Umbria nel 2-2 dell’anno successivo (quello della salvezza clamorosa al 31 luglio) o il gol di Pettinari del Trapani con tre metri di fuorigioco o ancora il rigore concesso alla Cremonese (poi parato da Perina) quando espugnammo per 2-0 lo Zini, con un fallo di mano di Idda di spalle e mentre faceva un movimento congruo al colpo di testa – e che dire del gol annullato per motivi ancora oggi misteriosi sempre a Cremona e sempre a Idda nella scorsa stagione?
Non è cominciata affatto quest’anno, e come dicevo a molti venne da salutare con favore l’introduzione in B della VAR: ma, esattamente come temevo (e come lascia intendere l’attuale regolamento, annacquato dopo la ventata di freschezza del primo anno in assoluto di VAR in Italia e riportato a una quasi totale discrezionalità dell’arbitro, per cui la VAR interviene solo sui fuorigioco o sui molto presunti tocchi con le mani veniali se l’arbitro non ha visto), il ritorno dalla finestra di quella discrezionalità arbitrale che la VAR sembrava aver scacciato dalla porta ha portato a tali storture che la stessa VAR, lungi dall’essere la livella che rende tutti uguali, oggi serve esclusivamente a penalizzare le piccole o chi non ha santi in paradiso. Cioè serve, ad esempio – e lì è puntualissima – a toglierci un rigore già concesso a Vicenza in pieno recupero, e quello mi sta benissimo perché se c’era fuorigioco c’era fuorigioco e punto, mica mi posso lamentare se con la tecnologia lo ravvisano. Ma se Florenzi viene steso in area a Pordenone sempre in pieno recupero, o se Tribuzzi afferra Hristov dal braccio per tirarlo giù e simulare di essere stato atterrato lui, dalla cabina di regia il silenzio assoluto: l’arbitro ha visto, quindi decide lui con la sua discrezionalità. Sì, anche se ha visto fischi per fiaschi e assegna un rigore senza senso che a parti invertite a noi non darebbero mai.
Non è cominciata affatto quest’anno ed era da ingenui ritenere che la VAR avrebbe impedito che ci trattassero da abusivi. Ve lo ricordate il primo anno in assoluto di VAR in Italia, quando a sua maestà la Juventus fu annullato un gol a Bergamo per un fallo a centrocampo commesso da Bernardeschi trenta secondi prima? Ecco, quella VAR, quel regolamento sì, avrebbero potuto livellare tutto e infatti lo stavano facendo. Poi però qualcuno si è lamentato: i dirigenti delle big, che vedevano ridurre il loro presunto vantaggio tecnico dalla tecnologia; i loro tifosi, che vedevano alle loro squadre annullare gol che in altri tempi sarebbero stati concessi e via con tre punti in classifica; e soprattutto la classe arbitrale, che si riteneva lesa nella sua dignità di campo con la drastica riduzione della santissima discrezionalità (cosa ci stiamo a fare noi in campo, se uno a tavola parata davanti a un monitor ci corregge ogni trenta secondi gli errori pure se sbagliamo ad assegnare una rimessa laterale? Come facciamo a farci rispettare se le nostre decisioni non sono più assolute e inappellabili?).
Di anno in anno, il range di intervento della VAR si è via via ridotto – fino ad arrivare a oggi in cui sopravvivono due folli, paradossali estremi: da una parte, se l’arbitro “non vede“, diventa da rigore al 90′ per la Juventus un incrociarsi di tacchetti sulla riga bianca del limite dell’area tra Dumfries e Cuadrado (tanto per dirne una, ma si possono trovare esempi pro e contro tutte le squadre che volete); dall’altra, vedi Pordenone, non si può segnalare all’arbitro che Florenzi è stato steso in area perché lui ha visto e secondo lui l’intervento era magari robusto ma nei limiti del regolamento (vedi alla voce discrezionalità) – o appunto Frosinone, dove Hristov è in vantaggio e guadagna la posizione, allarga il braccio per contenere Tribuzzi, Tribuzzi a quel braccio si aggancia per tirare giù il bulgaro, Hristov (che molto probabilmente subisce addirittura lui il fallo) cade e a sua volta trascina giù il trequartista locale, l’arbitro fischia il rigore e nessuno in sala VAR può fiatare, perché lui ha visto l’azione e quindi nel valutare l’entità del contatto e chi ha o non ha commesso fallo conta esclusivamente la sua discrezionalità.
Non è cominciata affatto quest’anno: l’ho scritto spesso, siamo abusivi, in B non ci vogliono come minimo dal secondo anno (ma già il primo non è che fossero contenti di vederci: i playoff erano stati apparecchiati per il Catania, anche per salvare con i munifici introiti della cadetteria la piazza etnea che come stiamo vedendo oggi è infatti a un passo dal fallimento – non era previsto che li vincessero i sesti in classifica del girone C superando lo scoglio di nove partite); la società dal canto suo non ha fatto nulla per farsi benvolere in giro (perché credete che non ci vogliano in B? Perché tra prestiti gratuiti e svincolati non facciamo girare l’economia, quasi non spendiamo il becco di un quattrino, siamo come quelli che in club esclusivo dove si entra solo con la cravatta noi entriamo sì in cravatta – ma mettendola sopra una tuta di acetato da cinque euro: non possono cacciarci direttamente da regolamento, però ce lo fanno capire che non siamo graditi) e il risultato è quello che abbiamo visto in questi anni grazie a tutta una serie di fischietti talmente memorabili che oggi li ricordiamo tutti per nome e cognome.
Non è cominciata affatto quest’anno e non fatevi illusioni: non finirà a Frosinone.


La conferenza stampa di Bisoli è stata una delle migliori di un allenatore del Cosenza degli ultimi anni e non solo. All’incontro coi giornalisti il nostro tecnico si è recato appositamente per chiarire che non ci facciamo una trasferta di mille e passa chilometri per essere presi in giro in questo modo, che a noi questi presuntissimi rigori non li danno e non li darebbero mai e che non esiste che tolleriamo che siccome siamo il Cosenza e siamo quartultimi ci si può bastonare in testa a piacimento.
I cronisti di Frosinone si sono anche sentiti punti sul vivo: avete meritato cosa, se vi siete chiusi in difesa? Poi vai a vedere e gli unici due tiri loro in porta sono state conclusioni lente e centrali dai venticinque metri mentre Minelli ha compiuto due prodezze autentiche su Laura. A noi il rigore è sembrato netto, e certo, avrei voluto vederli questi cronisti di Frosinone perdere una partita a sei minuti dalla fine con quel rigore lì.
Bisoli ha sbattuto i pugni sul tavolo, a difesa di tutto il Cosenza: Lupo da guardia onorario. Lo ha detto chiaramente: a me non sta bene se un rigore del genere me lo fischi contro solo perché siamo il Cosenza e siamo quartultimi.
Meno male che qualcuno lo dice.
Al mister, che ringrazio pubblicamente da questo spazio, dico invece io che è proprio così: siccome siamo il Cosenza e siamo quartultimi (ma questa seconda circostanza è incidentale, ci tratterebbero così anche se fossimo terzi) allora sì, se Tribuzzi si trascina giù Hristov, e poi cade sulla caduta del bulgaro, è rigore. Ma non lo sarebbe stato in un, per dire, Frosinone-Cremonese (o Monza o chi volete voi).
Noi che possiamo fare?
Probabilmente poco, forse nulla se non alzare la voce e non fare passare certe sconcezze sotto silenzio. Perché il limite della sopportazione lo abbiamo superato da mò e veramente ne abbiamo abbastanza che in ogni circostanza, in ogni minimo caso dubbio, per ogni santissima situazione incerta la decisione arbitrale anche grave (come può essere un rigore decisivo a pochi minuti dalla fine) sia sempre e comunque a svantaggio del Cosenza.
Non ne possiamo più.
Ok, siamo abusivi, ok, ci siamo permessi di vincere quattro anni fa playoff di serie C che era inconcepibile vincessimo noi partendo dal primissimo turno, ok, gli altri spendono e spandono con budget di categoria e noi facciamo la figura dei pezzenti (siamo i primi a contestare la società per questo) e non facciamo girare l’economia della serie B e circolare manco mezzo euro, ma ciò non toglie che dopo quattro anni di questa roba non ne possiamo più che ancora a marzo 2022 escano fuori rigori del genere contro di noi a sei minuti dalla fine.
Non ne possiamo più.
E se non ci resta altro, se non possiamo fare altro, alzeremo la voce, ma lo faremo a un volume che non immaginate nemmeno. Se non possiamo fare altro noi alzeremo la voce e con questa nostra voce difenderemo il Cosenza, anche insieme al nostro allenatore.
Noi possiamo alzare la voce – e ringrazio il mister per questo: dalla società come al solito il silenzio, proprio non si riesce a trovare una via di mezzo tra questo e le minacce di reazioni inaudite di certi comunicati farneticanti – e alziamo quindi la voce. Non lo fa la società? Insieme a Bisoli lo facciamo noi da questo blog, noi che il Cosenza lo abbiamo sempre difeso, fin dalla scorsa estate in cui il mondo intero sembrava invece voler tirare la volata al Chievo (e intanto si leggono anche tifosi del Cosenza prendersela col povero Hristov anziché con l’arbitro…). Per quello che vale, certo, ma che almeno si sappia: non passi allegramente che siccome siamo il Cosenza… – voi continuerete a farlo ma noi continueremo ad alzare la voce. Non varrà a nulla magari, ma se il solo risultato che otterremo sarà almeno di assordarvi, ci faremo andare bene quello.


Chiariti questi aspetti fondamentali di un cammino che per noi sarà sempre accidentato, spostiamo il focus sul Benevento – la nostra prossima avversaria, che affronteremo al Marulla domenica alle 15:30. Un incontro sulla carta proibitivo (e forse lo sarebbe stato anche sul campo fino a poche domeniche fa) ma che va affrontato assolutamente con la voglia e la consapevolezza che i punti devono arrivare, anche tre se possibile – a prescindere dalla forza dell’avversario. In altri momenti avremmo salutato con favore e senza condizioni una eventuale ottima prestazione dei Lupi condita magari da un pareggio contro i sanniti; oggi anche quando l’avversario si chiama Benevento puntare alla vittoria diventa un obbligo, anche perché punti cardine come tenere il Vicenza a distanza e non perdere terreno dall’Alessandria sono sì fondamentali, ma non possono essere gli unici e massimi obiettivi stagionali in quanto potrebbero condurci su una china rischiosa: si è contenti di pareggiare in casa contro uno squadrone se l’Alessandria pareggia a sua volta (non ci stacca, siamo ancora nel range di quattro punti, alleluja) o persino se vince (almeno abbiamo perso solo due punti su di loro e non tre) e questo modo di pensare alla lunga diventa pericoloso, disabitua alla vittoria e potrebbe a fine stagione non portare i risultati sperati. Non dimentichiamoci che l’anno scorso siamo arrivati quartultimi, a nove punti di distacco dalla quintultima, cogliendo ben diciassette pareggi.
Spero sul serio che l’epoca dei punti d’oro sia alle spalle. Nessuno poi ne farà un dramma se contro il Benevento (che viene qui per vincere ed è favoritissimo) alla fine non si andrà oltre il pareggio, magari comunque offrendo una prestazione confortante – ma in questo caso vedere una squadra che cerchi la vittoria a ogni costo e che non sia contenta di un eventuale pari interno coi pur fortissimi giallorossi sarebbe ancora più confortante.
Purché poi però si vincano le gare successive. Immancabilmente.

NubeDT

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