#27 WAITING FOR THE BARBARIANS: LECCE

Male, male, male. Non solo per l’incedere a singhiozzo che ci vede fare un passo in avanti e due indietro, in questa stagione balorda – l’ennesima – ma perché siamo usciti da Terni con il morale ritornato sotto i tacchi per via della prestazione assolutamente da dimenticare, nonostante due terzi di gara giocati in superiorità numerica (chi se n’è accorto alzi la mano!), sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici, sia per l’involuzione sul piano agonistico. Ce ne siamo rientrati dall’Umbria con le ossa rotte, l’ennesima batosta, l’umiliazione della 15a sconfitta stagionale e la dignità calpestata. Non quella dei tifosi, però – il sottoscritto, tra questi, per l’ennesima trasferta stagionale (la settima partita allo stadio, per me, ma mai al Marulla perché soldi, direttamente, a chi tiene in ostaggio la mia squadra, ho deciso dall’anno scorso di non darne più: GUARASCIO VATTENE!) – che, come già successo a Como, hanno a lungo intonato, sulle note della famosissima “Non l’hai mica capito” di Vasco Rossi un coro che recita: “ti seguo sempre, anche se perdi sempre (ripetuto per 3 volte)… non fa niente, ohhh ohhh ohhh“ ed ancora, un altro che sottolinea “il Cosenza siamo noi…”, a rivendicare che calciatori e dirigenti passano, mentre colori, nome della squadra e tifosi no, sono le uniche costanti e certezze. All’uscita dallo stadio, nonostante la cocente delusione, alcuni dei 308 del branco presente sugli spalti a Terni hanno allestito nell’anti-stadio del Liberati un bel banchetto ricco di vino, suprissate, purpette, pasta china ed ogni altro ben di Dio, accessibili gratuitamente a tutti, a rimarcare non solo la generosità incredibile che esiste dalle nostre parti e che stride in modo imbarazzante con l’avidità del presidente della Società, ma anche che i Lupi non sono solo una semplice squadra di calcio da seguire, una fede, una passione, ma anche un momento di condivisione, di incontro e persino di convivialità: perdere la B per il popolo rossoblu, soprattutto per chi è fuori da Cosenza, non sarà solo un insopportabile fatto sportivo, ma potrà significare perdere occasione di ritrovarsi con gli amici. Un motivo in più per evitare di disperdere il patrimonio che la Serie B costituisce per la nostra realtà. Scrivo questo per cercare di spronare ulteriormente i nostri giocatori, qualora si trovassero a leggere queste righe, per trasmettere loro le giuste responsabilità, il peso della passione che gravita attorno al Lupo, quello della Sila. Già, specifichiamo, perché il l’avversario che incroceremo questa sera alle 18:30 ha anch’esso lo stesso, fiero, animale come emblema: il lupo, anzi, la lupa, per essere precisi. Stiamo parlando del Lecce.

Iniziamo, come di consueto, con qualche cenno storico riguardante l’avversaria di turno. L’attuale sodalizio, l’Unione Sportiva Lecce, è stato costituito il 16 settembre 1927, nato dalla fusione tra i club locali della FBC Juventus e del Gladiator, anche se nel suo emblema – oltre alla lupa ed all’albero di leccio – è riportata la data del 1908, anno di fondazione del primo club cittadino, lo Sporting Club Lecce, in realtà attivo fino al 1923. Nel corso della sua lunga storia, la compagine salentina ha preso parte a ben 16 campionati di Serie A (miglior piazzamento in massima Serie nella stagione ‘88/’89 con un 9o posto) e 29 in Serie B, torneo che ha pure vinto. Nel suo palmares figurano anche 5 campionati vinti in Serie C (torneo a cui ha partecipato in 41 occasioni), una Coppa Italia di Serie C e, in campo internazionale, una Coppa Italo-Inglese Semiprofessionisti. Arrivando ai giorni nostri, l’attuale assetto societario ha preso forma sette anni fa, nel 2015, quando una cordata di imprenditori leccesi guidata dall’avvocato Saverio Sticchi Damiani, oggi presidente del Club di via Colonnello Costadura, che all’epoca (noi lo ricordiamo bene) militava in Lega Pro, ne rilevò le quote. Gli ambiziosi programmi societari hanno permesso alla squadra di ritrovare presto la Serie B, dopo una serie di tentativi andati a vuoto con le gestioni precedenti, vincendo il campionato di Serie C già nella stagione sportiva 2017/2018. Dopodiché al Lecce è riuscito il doppio salto fino alla Serie A, per poi tornare in serie cadetta nel 2020. Il 2018 era stato l’anno del rilancio sportivo, ma anche societario, visto che ai soci originari – oltre al già citato Sticchi Damiani, Corrado Liguori, la famiglia Carofalo e Alessandro Adamo – si è aggiunto, inizialmente con un 15% delle quote, per salire gradualmente fino all’attuale 39%, Renè De Picciotto, diventato il socio principale. 77 anni, imprenditore nato al Cairo ma con origini livornesi, ha passato tutta la vita in Svizzera, ha passaporto italiano e da dodici anni vive in Puglia per sei mesi l’anno. Patrimonio stimato in circa mezzo miliardo di euro, dopo aver venduto 18 anni fa la Compagnie Bancaire Genève al colosso Société Générale, De Picciotto è proprietario di cliniche, centri commerciali ed infrastrutture turistiche: oggi possiede sette alberghi in Svizzera e Francia, un centro commerciale in Russia, a San Pietroburgo e 20 hotel negli USA, oltre ad otto masserie in Puglia destinate al mercato luxury. Oggi, come dicevamo, De Picciotto è diventato il primo azionista del Lecce, per un investimento complessivo salito ad oltre 6 milioni di euro, (alla faccia di alcune voci che lo darebbero in via di disinteressamento). Quindi il Lecce fa sostanzialmente capo a lui, oltre che a due cordate di imprenditori: un gruppo con poco meno di un terzo del capitale (31%) fa riferimento al presidente Saverio Sticchi Damiani, l’altro, con circa il 30%, al vice presidente Liguori, ma non è detto che prossimamente non ci sia un allargamento della compagine societaria. A seguito della retrocessione dalla Serie A e la concomitante esplosione della pandemia da Covid-19, oltre al mancato ritorno in massima Serie attraverso la regular season (chiusa l’anno scorso al 4° posto) prima ed ai playoff persi in semifinale poi, il sodalizio salentino si è trovato ad affrontare una seria crisi economica che sta ancora attraversando e da cui sta cercando di tirarsi fuori mediante plurime, encomiabili, operazioni. Si è detto dell’impegno maggiore a livello economico da parte di De Picciotto ed al paventato imminente ingresso in Società di ulteriori forze fresche; ancora, per iscriversi al campionato di B in corso sono dovuti intervenire i soci, ciascuno attingendo a risorse personali extra. Poi si è scelto di patrimonializzare mettendo giovani di qualità, di prospettiva e di proprietà (ne parleremo in seguito nel paragrafo destinato al calciomercato condotto) senza rincorrere nomi necessariamente di grido. Il CdA ha quindi deciso, con lungimiranza ed intelligenza imprenditoriale, di continuare a costruire, sia pure con un budget contenuto, investendo sulle infrastrutture (realizzati un nuovo campo ed una palestra, oltre a vari interventi di ristrutturazione del Via Del Mare, ndr). Ha puntato fortemente su marketing e merchandising per coinvolgere nel progetto i tifosi e ricavare da ciò preziose risorse. Con idee, ad esempio, partite già tre anni fa, quando l’U.S. Lecce ha cambiato radicalmente strategia nell’area delle sponsorship tecniche (divise e gadget ufficiali) dando vita ad un progetto ambizioso che ha preso il nome di “M908”. L’idea guida è stata quella di creare un marchio, un’etichetta totalmente di proprietà del Club: dall’ideazione e progettazione dei modelli e capi, passando per la fornitura tecnica a supporto di tutte le selezioni giallorosse (dalla prima squadra, alle giovanili, fino alla femminile) con produzione che però, per motivi di convenienza, pur garantendo un’eccellente qualità – anche superiore, ci riferiscono, rispetto a noti brand internazionali – è Made in China. La sigla è composta dalla lettera “M” (sta per “Mille” numero romano) abbinata a “908” (1908 è l’anno d’inizio del calcio nel capoluogo salentino, come abbiamo visto). Allo stesso tempo, sempre la lettera “M”, disegna le orecchie stilizzate di una lupa, simbolo (sotto un leccio) della città di Lecce. Questa grande operazione di marketing (a Cosenza, in via Degli Stadi, qualcuno avrebbe da imparare qualcosa!) richiama, nell’immaginario collettivo, la squadra, la città, le radici e la gente percepisce questo nuovo brand tecnico come un sostegno veramente diretto verso il Club. La maglia si è trasformata in un veicolo unico per comunicare concetti legati al territorio: la prima divisa giallorossa (la home) rappresenta il “sole”, la bianca il “vento”, la blu il “mare”, ovvero i tre elementi caratterizzanti il Salento. Sulla bianca, l’anno passato, hanno fatto stampare tutti i nomi dei comuni della provincia di Lecce, mentre quest’anno, sempre sulla away, bianca, campeggia in filigrana il rosone della bellissima chiesa barocca di Santa Croce. Queste eccellenti trovate identitarie hanno permesso (l’anno della A) la vendita di ben tredicimila magliette. L’operazione, dunque, non solo è assolutamente coperta sotto il profilo dei costi, ma genera profitto di anno in anno, tant’è che si è rilanciato, oltre che con un ricchissimo catalogo di gadget di merchandising, anche con una gamma di prodotti dedicati ad altri sport e, nel prossimo futuro, verrà commercializzata persino una “linea fashion” di abbigliamento. Altra iniziativa volta a finanziare le esangui casse societarie è quella che riguarda la Lecce Program Card, uno strumento di fidelizzazione pensato l’anno scorso quando non era possibile (come quest’anno, peraltro) acquistare l’abbonamento, per via della pandemia. Ai tifosi sottoscrittori essa permette di fare parte di una community ai cui membri sono riservati speciali servizi ed agevolazioni, anche relative all’acquisto dei titoli di accesso allo stadio, con diritti di prelazione ed a prezzi scontatissimi, una maglia ufficiale in omaggio, un pallone autografato da tutti i calciatori e tante altre iniziative inclusive, volte a fidelizzare la tifoseria. La quale ha risposto alla grande e, nonostante i 160 euro necessari alla sottoscrizione della Card, quasi 3.000 adesioni sono state raccolte, a testimonianza di quanto il territorio salentino sia legato visceralmente alla squadra e di come risponda alle sollecitazioni del Club. Se le perdite sono state coperte soprattutto con fondi personali dei soci, come si diceva in precedenza, tutte le operazioni sopra descritte stanno servendo a garantire equilibrio, anche se i bilanci sono comunque da tenere d’occhio e il Lecce deve stare attento perché è ancora in difficoltà. Proprio Ieri, ad esempio, Sticchi Damiani in conferenza stampa ha ammesso che l’eventuale promozione in Serie A sarebbe un vero e proprio toccasana per le esangui casse societarie: “Se arrivasse per noi sarebbe un toccasana vero e proprio, non solo un gran traguardo tecnico ma anche un beneficio strepitoso per il bilancio“.

Nel settore tecnico la prudenza, che nel periodo che attraversiamo si rende necessaria, è stata tradotta in termini finanziari con un cambio di strategia davvero importante. Così, il Direttore Generale dell’Area Tecnica Pantaleo Corvino ha pensato di affidare la direzione sportiva ad un DS capace di individuare calciatori validi sia pur con risorse economiche limitate. Chi, allora, meglio di Stefano Trinchera, al ritorno in Salento dopo quattro anni, allenatosi nel frattempo al risparmio nella forgiante “palestra” di Eugenio Guarascio? Si aggiunga inoltre la reciproca stima tra Sticchi Damiani e Corvino (da sempre mentore dell’ex DS del Cosenza) da un lato e Trinchera, dall’altro ed ecco che pur dopo un primo rifiuto a giugno – Trinchera aveva già un accordo, poi saltato, con la Cremonese, come dichiarato dallo stesso Corvino – a fine luglio il matrimonio tra le parti si è ricelebrato. Frutto di questa rinnovata unione, la scorsa estate il buon Stefano – troppo presto vituperato da qualcuno in terra bruzia – ha realizzato una mezza rivoluzione in casa Lecce, con dieci cessioni e dodici nuovi acquisti, di cui dieci a titolo definitivo, per il restyling ed il ringiovanimento della squadra, la riduzione del monte ingaggi ed il rafforzamento della Primavera: sono questi gli obiettivi raggiunti dalla direzione tecnica. Trinchera, di concerto con Corvino ha abbassato dunque l’età media della rosa, che è passata da 26,62 a 25,17 ed al contempo iniziato una politica di acquisizioni di proprietà: dei dodici volti nuovi, abbiamo detto, dieci di essi (i difensori Alessandro Tuia, Brynjar Ingi Bjarnason, Arturo Calabresi, Valentin Gendrey e Kastriot Dermaku – alla sua seconda esperienza in giallorosso dopo il prestito dal Parma -; i centrocampisti Alexis Blin, Thorir Johann Helgason e Mario Gargiulo; gli attaccanti Gabriel Strefezza e Francesco Di Mariano) sono arrivati a titolo definitivo ed appena due (il difensore Antonio Barreca e l’attaccante Marco Olivieri – peraltro già andato via) in prestito. Poiché i pugliesi avevano la seconda peggior difesa dello scorso campionato, è stato proprio quello il reparto su cui si sono maggiormente concentrate le attenzioni della dirigenza salentina. Gli altri sono stati puntellati. Le operazioni in uscita sono state importanti, con Maggio e Nikolov che hanno lasciato il club da svincolati, mentre se ne sono andati a titolo gratuito Palumbo, Tachtsidis, Petraca, Pettinari, Mancosu, Calderoni, Fiamozzi, Vigorito e Dubickas. Discorso a parte la cessione a titolo definitiavo all’Empoli di Liam Henderson che ha fruttato alle casse societarie giallorosse 1,5 milioni di euro. Queste cessioni hanno risposto in parte (gli esuberi in realtà sarebbero stati 14) all’esigenza di abbattere i costi, così il monte ingaggi rispetto all’anno scorso è stato ridotto di circa il 25%: una gestione che limita i danni ma non riequilibra il bilancio (obiettivo di riduzione era il 35/40%, ndr). Un’altra sforbiciata è stata data a gennaio, col mercato di riparazione, durante il quale se sono arrivati cinque elementi, Asencio (non rigiriamo il coltello nella piaga, che è ancora aperta!), Faragò (centrocampista prelevato dal Cagliari), Plizzari (portiere 21enne che Baroni conosce bene, ex Reggina, prelevato in prestito dal Milan per sostituire l’infortunato Bleve, che oggi giocherà a Cosenza in sostituzione di quest’ultimo ed anche considerato il concomitante stop di Gabriel) Ragusa (esterno d’attacco prelevato da Verona) ed il difensore croato ex Empoli, Simic; in sette hanno lasciato il Salento: Bjarnason, Felici, Meccariello, Olivieri, Paganini, Vera e Pisacane. La lungimiranza della Società giallorossa si è registrata anche con la resistenza – nonostante la grande necessità di mantenere i conti in equilibrio – alle pressanti richieste dalla Serie A per i gioielli di famiglia, cioè Strefezza, Gendrey, Hjulmand, ma anche Dermaku ed Helgason, per non privare la squadra di elementi fondamentali, mentre è in piena lotta per la promozione. Da ultimo, l’esigenza di fare dei giovani un asset importante in prospettiva, ma anche la necessità di affrontare con la giusta competitività il massimo campionato nazionale di categoria – Primavera 1 – cui il Lecce è approdato a seguito della vincente passata stagione (Corvino per i giovani ha l’X factor) hanno spinto l’area tecnica, di concerto con gli obiettivi societari, ad investire ben 650mila euro lordi nel settore giovanile, a cui si sono aggiunti ulteriori 100mila euro nel mercato di gennaio, con l’arrivo, tra gli altri, di due talentini dal campionato olandese, vale a dire il difensore classe 2003 Haakmat (Sparta Rotterdam) ed il coetaneo attaccante Been, prelevato dallo Zwolle.

Se il Lecce ha optato per un mercato in entrata senza nomi altisonanti (fatta eccezione per Strefezza, Barreca e Dermaku) è riuscito a tenere in squadra uomini di assoluto valore per la categoria come il bomber Coda, il portiere che ha giocato in A, Gabriel, l’esperto difensore Lucioni e la giovane promessa Rodrìguez, finora inibito dagli infortuni ma ritornato al gol ad Ascoli, per il quale Corvino giura questo sia l’anno della consacrazione. A condurre una squadra così forte ed ambiziosa è stato chiamato l’ex allenatore della Reggina – l’anno scorso – Marco Baroni. Il tecnico fiorentino, non certo un integralista degli schemi, ha nel 4-2-3-1 il suo modulo di gioco preferito che in fase offensiva può saltuariamente diventare un 3-4-1-2, sebbene a inizio carriera abbia basato la sua impostazione sul 3-5-2 o 5-3-2. In passato ha anche adottato il 4-4-2. Oggi, però, a Lecce, considerate le caratteristiche degli uomini che ha a disposizione, pratica un 4-3-3 fatto di tiki-taka verticale di forte rimessa, con una mentalità di gioco audace, attuata sfruttando con intelligenza anche le fasce e l’ampiezza, una tipologia di pressing equilibrato e un tipo di marcatura a uomo. Il suo stile di preparazione della squadra prevede grande attenzione verso il gioco di difesa (è il motivo per cui è stato scelto, considerati i 47 gol incassati l’anno scorso che hanno fatto sfumare i sogni di promozione in A: 1,23 gol subiti a partita per il Lecce di Corini, mentre oggi con Baroni sono 0,86, grazie ai 25 gol subiti nelle 29 gare disputate) il raggiungimento di una forma fisica ottimale, la valorizzazione del lavoro con i giovani e una vigorosa propensione all’equilibrio psicologico. Senza dubbio, il punto forte di Marco Baroni è costituito dalle qualità mentali, poiché richiede un alto grado di disciplina ai propri uomini, ha un valido spirito di adattabilità e, come detto, una forte motivazione. Inoltre, è in grado di gestire efficacemente lo spogliatoio grazie anche alla sua determinazione. Nelle geometrie di questo allenatore, è fondamentale il ruolo del centrale offensivo, il primo cui è demandato il compito di cercare la profondità, ma lo stesso viene richiesto ai terzini sulle corsie laterali, spazi lasciati liberi dall’accentramento degli esterni offensivi. L’idea di base di Baroni è quella di produrre un calcio semplice ed estremamente verticale, attaccando con rapidità e nello stesso tempo cercando di mantenere un buon numero di giocatori sotto la linea della palla, in modo da favorire le transizioni difensive. L’ex Reggina, 58 anni, vuole una squadra dinamica, un gruppo che lavora con sacrificio e dei giocatori che applicano un calcio aggressivo, moderno, e che si adattano anche a ruoli diversi da quelli “standard”. Il suo Lecce gioca con una sola punta, sulla ricerca degli esterni sia alti che bassi e sui tre centrocampisti. Massima attenzione dietro, dinamismo in mediana e concretezza in avanti: sono questi i suoi principi di base. Entrando nel dettaglio tattico, in fase difensiva sulla lavagna del mister fiorentino le due ali si devono abbassare sulla linea dei centrocampisti, mentre la punta centrale rimane alta in smarcamento preventivo, a formare un 4-5-1. La linea difensiva è ben curata, tiene l’allineamento molto bene con buona distanza tra gli interpreti ed è rapida nel risalire e discendere il campo a palla coperta/scoperta. In caso di transizione negativa si cerca il recupero immediato della palla se questa è stata persa nella metà campo avversaria, ovvero con reparti disequilibrati,  mentre si tende ad indietreggiare e temporeggiare in caso la stessa venga persa nella propria metà campo. In fase offensiva, se non pressati, gli uomini di Baroni cercano la costruzione dal basso con i due centrali disposti ai lati dell’area di rigore (abbastanza vicini) mentre i terzini si alzano sulla linea dei mediani, viceversa in caso di pressione aggressiva si fa largo utilizzo del lancio lungo, per la maggior parte delle volte indirizzato verso le ali, quando non direttamente sulla punta centrale che, in questi frangenti, ha il compito di tenere palla e far salire la squadra. Oltre alla ricerca dell’ampiezza, peculiarità del 4-3-3, spesso i due esterni d’attacco si stringono alla ricerca delle giocata veloce e ravvicinata, coadiuvati dalla punta centrale, alla ricerca essi stessi della via della rete. La pressione sulla trequarti avversaria non è particolarmente aggressiva e si lascia spazio all’azione dei difensori. Equilibrato risulta dunque essere l’utilizzo delle verticalizzazioni immediate, mantenendo tuttavia una spiccata predilezione per il pallino del gioco. Sul movimento dell’ala (si abbassa venendo incontro o gioca stretta con il mediano centrale) il terzino si sovrappone. Con i traversoni derivanti da questo tipo di giocata si cerca il fondo e la finalizzazione tramite cross per la punta centrale o all’indietro per gli inserimenti delle mezzali.

Il 4-3-3 di Baroni

Visto come viene proposta tatticamente la squadra giallorossa, andiamo adesso ad ipotizzare quali potrebbero essere gli interpreti che Baroni è pronto a schierare per la partita di domani. Intanto, partiamo dai certi indisponibili: Gabriel, Bleve, Di Mariano, Faragò, Helgason e Tuia quest’ultimo per un risentimento muscolare al quadricipite femorale destro, non saranno della partita. Giocoforza, tra i pali dovrà giocare il giovane quanto valido Plizzari, a difesa del quale dovrebbero essere schierati due dei migliori centrali di difesa dell’intera B, ovvero l’ex di lusso Dermaku, a fianco del quale giostrerà Lucioni. Sugli esterni, a destra potrebbe tirare un po’ il fiato Calabresi al posto del quale potrebbe essere schierato Gendrey, mentre sull’out opposto probabilmente Barreca potrebbe essere ancora una volta preferito a Gallo, pronto comunque a subentrargli a partita in corso. A centrocampo tante le soluzioni per l’allenatore toscano, che potrebbe fare turnover e, vista la rinuncia forzata a Helgason, potrebbe partire titolare Gargiulo e confermare Hjulmand al centro dei tre in mediana, con la terza piazza in mediana appannaggio di uno tra Blin o Majer (con quest’ultimo, al rientro, favorito). In attacco Baroni difficilmente rinuncerà alla potenza di fuoco da 29 gol e 9 assist in due garantita dal capocannoniere e dal suo vice capocannoniere di B, cioè Coda (17 reti stagionali per lui, condite da 5 assist) e Strefezza (12 gol e 4 assist). Sul terzo posto da assegnare in attacco sono in lizza in quattro: Ragusa (potrebbe essere proprio lui il prescelto), Rodriguez (ha già giocato a Brescia, quindi potrebbe riposare), Asencio (che potrebbe esordire da ex) ed anche Listkowski.

Siamo arrivati in conclusione di rubrica quindi alle notizie varie e le curiosità finali. La partita è un vero e proprio classico del meridione: le due squadre si sono affrontate ben quaranta volte a Cosenza, prevalentemente in serie C, poi in B, una volta persino in Interregionale (serie D) ed anche in Coppa. Il bilancio è nettamente a favore dei padroni di casa, vittoriosi in venti occasioni, anche se il segno 1 in questa partita manca da ben 7 anni: era infatti esattamente il 15 marzo, proprio come oggi, ma del 2015 quando grazie ad un bellissimo gol di Elio Calderini i Lupi la spuntarono per 1-0. I pareggi maturati al Marulla (l’ultimo dei quali nella passata stagione 1-1 con gol di Coda e Gliozzi) sono stati in totale undici, mentre a nove ammontano le affermazioni della squadra salentina alle pendici della Sila. Parlando di pronostici, neanche a dirlo, ormai ci abbiamo fatto il callo: come di consueto i Lupi sono dati nettamente perdenti dai bookmakers. Così il segno 1 è pagato tra 4,35 e 4,90; il pari, X, anch’esso dato come risultato piuttosto improbabile considerato che è quotato tra 3,25 e 3,50. Infine, è il 2 il risultato più scontato secondo i siti di betting online, disposti a pagare la vittoria del Lecce appena tra 1,75 e 1,84. Sarà l’arbitro Livio Marinelli della sezione AIA di Tivoli a dirigere la sfida Cosenza-Lecce valevole per la 30a giornata di Serie B con calcio d’inizio, alle ore 18:30 allo Stadio San Vito – Gigi Marulla, sui cui spalti non è atteso il pubblico delle grandi occasioni: non ci dovrebbero essere più di due o al massimo tremila spettatori, compresi i 500 tifosi salentini (complimenti, un gran bel numero, considerato l’orario e l’infrasettimanale) che saranno al seguito della loro squadra. A coadiuvare il fischietto laziale ci saranno gli assistenti Marcello Rossi di Novara e Robert Avalos di Legnano. Quarto ufficiale sarà invece l’arbitro Mattia Pascarella di Nocera Inferiore, mentre al VAR opererà Luigi Nasca di Bari, con AVAR Oreste Muto di Torre Annunziata. Con Marinelli i rossoblu hanno dieci precedenti, con due vittorie, una sconfitta e ben sette pareggi, mentre ai salentini ha diretto sei gare i cui risultati sono in perfetto equilibrio, con due vittorie, altrettanti pareggi e sconfitte. In chiusura, invitiamo i nostri lettori, a fine partita, a rimanere sulle pagine del Blog perché, come di consueto, verrà pubblicato a cura di NubeDT il commento a caldo della gara, da non perdere assolutamente.

Concludiamo con una espressione propiziatrice: che Alarico ci assista!

Sapiens

8 pensieri su “#27 WAITING FOR THE BARBARIANS: LECCE

    1. Stultus Sapiens

      Vi auguriamo di lottare fino in fondo per la conquista della A, ma i punti dovreste cercarli altrove: servono più a noi. 😅

      Grazie per i complimenti e continua a leggerci.

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    1. Stultus Sapiens

      Grazie per i complimenti e… no, non ringraziare se diciamo la verità su come la Società dell’U.S. Lecce opera: il calcio si fa così, con serietà e programmazione, parole al nostro presidente assolutamente sconosciute!

      P. S.
      Scusaci tu, ma i punti servono anche a noi (forse più che a voi!). 😜

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  1. Danilo Mancarella

    che bell’ARTICOLO con la A maiuscola, complimenti allo scrittore TIFOSISSIMO del COSENZA, sappiamo anche noi Leccesi che quando le cose non vanno bene ci si sente così rabbiosi e demotivati e per questo vi auguriamo sicuramente una Salvezza veloce per poi rifondare la squadra.
    In altri tempi avrei preferito un pareggio contro una sorella del SUD ma ovviamente vinca il Migliore…Forza Lecce, Forza Cosenza e Forza tutto il SUD!!!!

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