TRE SUL COMO ED E’ AMORE

COSENZA 3 – 1 COMO

COSENZA (4-2-3-1): Matosevic; Rispoli (11′ pt Martino), Rigione, Venturi, Panico (23′ st Gozzi); Brescianini, Voca; Merola (9′ st Meroni), D’Urso (23′ st Butic), Brignola (9′ st Vallocchia); Nasti. A disposizione: Marson, Camigliano, Calò, Kornvig, Sidibe, Larrivey, Zilli. Allenatore: Dionigi
COMO (4-3-1-2): Ghidotti; Vignali, Scaglia, Binks, Cagnano (35′ st Parigini); Faragò (26′ st Chajia), Baselli, Blanco (26′ st Da Riva); Fabregas; Cutrone (35′ st Gabrielloni), Mancuso (18′ st Cerri). A disposizione: Vigorito, Iovine, Solini, Arrigoni, Celeghin, Odenthal, Delli Carri. Allenatore: Longo
ARBITRO: Pezzuto di Lecce
MARCATORI: 32′ pt D’Urso (Cs), 37′ pt Rigione (Cs), 42′ pt Vignali (Co), 38′ st Meroni
NOTE: Spettatori: 6.076 di cui 4.480 paganti e 1.427 abbonati. Incasso di 60.762 euro. Espulso al 37′ st Binks (Co) per doppia ammonizione. Ammoniti: Voca (Cs), Venturi (Cs), Nasti (Cs), Fabregas (Co) e Dionigi. Angoli: 5-5.
Recupero: 2′ pt – 4′ st


Come da tradizione, sono dunque esattamente tre (D’Urso, Rigione, Meroni) le civette che danzano felici sul Comò portando al collo, toh, le sciarpe del Cosenza. Il solito, inclassificabile Cosenza, che subisce l’avversario per quattro quinti di gara, vede materializzarsi fantasmi lariani ovunque (Fabregas viene da un altro pianeta), vede le palle gol fischiare sotto la porta di Matosevic nel più delirante dei caroselli per novanta minuti, ma quando rialza la testa dopo il triplice fischio scopre di aver vinto tre a uno e aver rimandato battuto in Lombardia il dream team che al fuoriclasse spagnolo abbina gente del calibro di Cutrone, Mancuso, Baselli, Vignali ed è meglio mi fermi qui. Ed è pure in fondo alla classifica, il Como (certo non dovrebbe restarci moltissimo, specialmente giocando come stasera: ma una maggiore concretezza sarebbe comunque essenziale), misteri del calcio.
Noi che facciamo? Ringraziamo e prendiamo questi pesantissimi tre punti, esattamente come l’anno scorso di questi tempi proprio contro i comaschi (che ci ricordano pure un dolcissimo trionfo in Coppa Italia di serie C). Anzi, ringraziamo due volte, perché come potete vedere in foto (giusto una delle tante nostre bollette di stasera a titolo d’esempio, solo per rendere l’idea) la Bandiera ci credeva in questa vittoria e ci ha puntato sopra il capitale per una pizza di gruppo, gentilmente offertaci dai Lupi proprio come accadde contro il Benevento in Campania.
E ce li meritiamo pure gli euro, dopo aver trascorso l’ennesima partita col cuore in gola (tredici tiri a quattro per loro, possesso palla no comment), sotto una pioggia snervante e temendo le avanzate comasche come viennesi che dalle mura guardavano arrivare gli ottomani in quel settembre del 1683. Lì c’era Sobieski a guidare gli Ussari Alati per spazzare via l’invasore dal suolo d’Europa, qui c’è Dionigi che a una certa ci imbandisce un 5-3-1-1 (al decimo del secondo tempo, mica a dieci dalla fine…) che ricordava il miglior Nereo Rocco. E i nostri Ussari Alati sono stati di gran lunga i due spaccalegna di centrocampo: Brescianini, che di suo avrebbe altre caratteristiche ma fa di necessità virtù e oltre al piede ci mette pure il fisico, e Voca che stasera è sembrato un Piave che innalzava onde a fermare un Como in versione austroungarica.
In sostanza, c’è da vestire di epicità una partita più surreale del solito.


I suonatori dell’orchestra comasca li sappiamo: è entrato pure Cerri, per dire. Dionigi in conferenza aveva detto che il Como ha già ora una rosa di serie A e aveva ragione. Lui di suo ha rispolverato la mediana a due Voca-Brescianini, niente Calò, con D’Urso, Merola e Brignola (sostanzialmente impalpabili gli ultimi due) a sostegno di – rullo di tamburi – Nasti. Di nuovo Zilli a immalinconirsi in panchina (e noi con lui), proprio come Larrivey, mentre Butic è entrato nella ripresa a fare compagnia al talento scuola Milan, che ha corso parecchio e si è sbattuto anche di più, però di palloni ne ha visti pochissimi (perché con questo modulo, chi ci metti metti, è uguale: non creiamo azioni di gioco manco a morire).
Ehi, non sarete mica tagliatùri: ma come non creiamo azioni di gioco? Ma non abbiamo fatto tre gol?“. Eh. Li abbiamo fatti, sì, i tre gol: su palle da fermo e con due tiri, come vedremo tra poco parlando della marcatura attribuita a Rigione.
Comunque, al pronti via squillano già i lariani: un destro da fuori area dopo settordici secondi sibila a lato di poco. Il Como mena le danze in lungo e in largo. Nemmeno dieci minuti e un’altra palla ce l’ha Mancuso su corner di Fabregas, ma la controlla male. Intanto si fa male Rispoli e deve sostituirlo Martino, che sarà preciso e ordinato in chiusura (meno nei rinvii). Gli ospiti tengono il pallino costantemente, noi non la vediamo praticamente mai (difensivamente, per carità, a un certo punto gli prendiamo le misure, ma saremmo noi a giocare in casa) – un brivido allora prova a regalarcelo Ghidotti poco dopo il quarto d’ora: l’estremo ospite cincischia troppo con un pallone pesante tra i piedi e a momenti Nasti ne approfitta, con Blinks che salva.
Fino alla mezz’ora succede solo che il Como ci prova sterilmente (noi manco quello), poi però si accende D’Urso: gli arriva una palla sporca al vertice, poco dentro l’area, a seguito di una mischia rimessa laterale, e il 10 si prende la scena con un collo esterno al volo da applausi che incrocia l’angolino opposto gonfiando la rete. Siamo in vantaggio senza nemmeno sapere come, ma noi della Bandiera ce ne freghiamo e ci abbracciamo felici lo stesso.
Nemmeno la pioggia può più disturbarci.
Nemmeno il tempo di batterci il cinque tra tutti noi che il Como ci fa già saltare un battito cardiaco: Matosevic si avventura nella sua solita amatissima terra di nessuno, a respingere di pugno un pallone che spioveva al limite dell’area (almeno non lo respingessi sempre centralmente, almeno quello!): il cuoio finisce sulla trequarti, con Faragò che si ingolosisce, calcia al volo e sfiora la traversa con la porta vuota. E per sfiora la traversa intendo che il pallone è uscito di tanto così.
E invece subito dopo raddoppiamo noi, per volontà degli Dei del Calcio: altra palla da fermo, cross di Brignola, uscita a farfalle di Ghidotti, mischia davanti alla porta, da posizione defilata Rigione strozza la palla (mi devo sforzare per considerarlo un tiro in porta), Mancuso sulla linea invece di spazzare svirgola dentro la sua porta.
Trentasettesimo, due a zero.
Come prima: nemmeno il tempo di abbracciarci e una nuova dormita dietro lascia Mancuso solissimo davanti a Matosevic, su solita illuminazione di Fabregas. Il Como qui probabilmente comincia a sospettare che non sia serata, perché il tiro dell’attaccante finisce incredibilmente fuori. Poi però i lariani accorciano davvero: Vignali vince sulla nostra trequarti un contrasto con Merola e galoppa verso la porta indisturbato (vero, Panico?), poi quasi dal limite dell’area piccola esplode un destro sul primo palo che sorprende Matosevic, che arriva solo a toccare. Il portiere slavo sul suo palo poteva fare sicuramente di più (lo sto dicendo da una vita che sui rasoterra ha delle enormi difficoltà perché gli manca quel guizzo per andare giù velocemente, mi desse mai retta qualcuno…), ma è delittuoso concedere all’avversario un tiro da distanza così ravvicinata.
Prima del duplice fischio dell’intervallo Pezzuto fa pure in tempo a negarci uno di quei rigori da otto su dieci, con Brescianini che in contropiede viene spinto giù mentre sta calciando in porta da tre metri a botta sicura: sfortuna nostra, come al solito becchiamo uno di quei due arbitri su dieci che questi rigori non li fischiano.


La ripresa inizia uguale uguale al primo tempo: Como in cattedra a fare il bello e il cattivo tempo, ma non tanto cattivo da far grandinare definitivamente dalle nostre parti. Nemmeno cinque minuti ed è già palla gol clamorosa per i lariani: da centrocampo Fabregas batte velocemente una punizione con un lancio divino (ma perché non lo abbiamo preso noi, Fabregas? …Ah, già) per Mancuso, la cui conclusione, peraltro deviata quasi a mettere fuori causa il portiere, trova invece l’intervento miracoloso di Matosevic: riflesso, guantone, parata fenomenale (perché non era un rasoterra…).
Ah, e segnatevi questa: all’undicesimo Venturi viene ammonito per fallo tattico. Perché sarebbe importante? Perché poco dopo un fallo tattico di Baselli non viene sanzionato con alcun cartellino. Ma intanto Dionigi aveva ben pensato che fosse ora di coprirsi – avrà visto anche il maltempo – e così dentro Meroni e Vallocchia per i due esterni d’attacco Brignola e Merola: via di difesa a cinque col solo D’Urso a sostegno (si fa per dire) dell’isolatissimo Nasti.
Così, perché ci piace soffrire.
Si trema ancora poco oltre il quarto d’ora, quando Blanco entra in area in dribbling e viene fermato davanti a Matosevic da Rigione in scivolata rischiosissima, specie in epoca di VAR: ma il centrale prende il pallone in pieno, anche se qualcuno di noi del gruppo Bandiera per un attimo ha chiuso gli occhi. E cinque minuti dopo Vignali vince un altro duello con Panico e crossa per Cerri (subentrato a Mancuso): il colpo di testa, per nostra buona sorte, finisce a lato.
Dentro anche Butic, ma per D’Urso: le punte tornano due ma esce l’unico in campo che cuciva il gioco e si mostrava propositivo. Poi Gozzi per Panico. Guarda tu, mi dico, loro tolgono Mancuso ed entra Cerri, noi Panico e gli subentra Gozzi – ma stiamo pure vincendo noi anche senza sapere come, vai a vedere il calcio quanto è strano (ma quando vinco me lo tengo strettissimo così). Gozzi si fa notare per le sue solite caratteristiche: galoppa come se non ci fosse un domani, però spesso coi paraocchi (anche se pare che si stia un po’ catechizzando: meno male), la butta sul fisico e corsa ne ha da vendere, poi però quando tocca ai piedi esprimersi, mehripassare.
E in difesa si fa preferire a Panico, ma va comunque in difficoltà.
La canzone continua intanto con lo stesso ritornello: al 72′ Cutrone bussa di nuovo e di nuovo Matosevic è chiamato alla respinta, al 77′ dalla fascia (sempre la sinistra, come ti sbagli?) Cerri cerca ancora il compagno di reparto che non arriva per un attimo benedetto alla deviazione vincente a due passi dalla nostra porta.
Però intanto due minuti prima Blinks aveva fatto su Vallocchia un fallo così convintamente da espulsione, così da accademia da rosso, che probabilmente Pezzuto il semplice cartellino giallo lo ha tirato fuori giusto per distinguersi dalla massa – perché qui l’espulsione è una roba da novantanove su cento, ma noi come sempre becchiamo il centesimo.
Poco male: rimedia lo stesso Blinks a otto minuti dalla fine, prendendosi un secondo giallo: stavolta Pezzuto deve adeguarsi al conformismo imperante e lasciare i lariani in dieci, con Longo che ha pure finito i cambi. Sembra Cosenza-Ternana dell’anno scorso, con il terzo gol che pare chiamato dal destino, e infatti è proprio una roba da era destino: non si spiega altrimenti quello che succede a cinque dalla fine, corner di Vallocchia, testa di Meroni (pure bello) e gol.
Ripetiamolo: corner di Vallocchia, testa di Meroni (al primo gol della sua vita) e palla in rete. Perché quando ti deve andare bene, oh, ti va bene. E in questi anni noi lo abbiamo imparato – come lo hanno imparato sulla loro pelle le altre società di serie B: quando meno te lo aspetti il Cosenza cala il suo dodicesimo in campo, la proverbiale buona stella – diciamo così – del suo proprietario, che spesso e volentieri si trasferisce alla squadra (e meno male).
Ormai la gara può dirsi chiusa: solo all’ultimo minuto di recupero il Como ha un’altra palla gol clamorosa, giusto per fargli capire che contro la buona stella non è cosa: su un calcio d’angolo Matosevic esce a fare due passi, la palla carambola sul palo colpita da non so chi, mischia mostruosa sotto la nostra porta, ci provano in tre dei loro senza che la palla entri, finché Cerri prende la mira all’incrocio dall’altezza del dischetto e lo centra proprio, l’incrocio dei pali.
Con palla che rimbalza docile tra le braccia di Matosevic.
Triplice fischio, tre punti per noi. Classifica bella-bella per chi, per carità, punta giusto a salvarsi (San Francesco di Pà, tu sai), scontro diretto vinto (perché finché il Como è laggiù, questo è uno scontro diretto), weekend da divano tranquilli ed è tutto meraviglioso stasera.
Solo, fateci sapere una cosa: sarà davvero tutto l’anno così, anche quando vinciamo, a morire in difesa vedendoci arrivare avversari da tutte le parti e a sperare che lì davanti succeda qualcosa? Perché se ci dice bene e ci salviamo anche giocando così ben venga, ma non siamo sicuri di arrivarci vivi.

NubeDT

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