LA STRADA VERSO LA SERIE C


COSENZA (4-2-3-1): Marson; Martino, Rigione, Venturi, Panico; Voca (23′ st Calò), Brescianini (14′ st Vallocchia); Brignola (23′ st Butic), Kornvig (21′ st D’Urso), Merola; Larrivey (21′ st Zilli). A disposizione: Matosevic, Rispoli, Meroni, Vaisanen, Sidibe, Nasti, La Vardera. Allenatore: Dionigi
FROSINONE (4-3-3): Turati; Monterisi, Lucioni, Ravanelli, Frabrotta; Rohden (16′ st Kone, 47′ st Lulic), Mazzitelli, Boloca; Garritano (16′ st Caso), Moro (16′ st Ciervo, 42′ st Sampirisi), Mulattieri. A disposizione: Loria, Kalaj, Insigne, Oliveri, Cotali, Szyminski, Bocic, Borrelli. Allenatore: Grosso
ARBITRO: Zufferli di Udine
MARCATORI: 20′ pt Merola (C), 28′ pt Moro (F), 26′ Mulattieri (F)
NOTE: Spettatori circa 4500. Ammoniti: Ravanelli (F), Lucioni (C), Merola (C), Venturi (C), Mazzitelli (F), . Angoli: 9-4 per il Frosinone. Recupero: 1′ pt – 6′ st

Il Cosenza di Guarascio, a immagine e somiglianza del suo presidente, rimedia allegramente la quarta sconfitta consecutiva – rinverdendo i fasti dell’anno scorso, quando nel finale dell’era Zaffaroni e nell’interregno Occhiuzzi pre-Bisoli le sconfitte consecutive casalinghe furono ben sei – e fa felice anche la capolista Frosinone, la quale comunque ricambia la cortesia facendo il favore di mostrare a Gemmi la differenza tra Brignola e Caso. Ma forse Gemmi questa differenza la conosceva già, anche se lui non la quantificava in resa sul terreno di gioco bensì in termini venalmente economici: è pur sempre il DS di una società che mai investirà soldi per un giocatore che tecnicamente ci sarebbe servito come il pane e quanto a investimento ci avrebbe reso tantissimo.
Ma una società che fattura in un anno quattordici milioni di euro può mai spenderne uno per un calciatore, anche se finito nel giro della nazionale, anche se il talento più promettente della cadetteria, anche se qui poteva diventare un mito? Sia mai, molto meglio farsi prestare Brignola dal Benevento che oltretutto si ripaga da solo, con premi di valorizzazione ed eventuali controriscatti: come ho già avuto modo di scrivere, ormai il calciomercato del Cosenza non si basa nemmeno più su giocatori che vengano gratis ma solo su elementi che oltre a non costare possano anche portare loro soldi nelle casse, con queste formule che rappresentano una pacchia tutta nuova per Guarascio.
Non dimentichiamoci che una delle testate più vicine alla società scrisse più o meno testualmente che compito di Gemmi al calciomercato era quello di valorizzare il patrimonio del Cosenza: detta così sembra non significare nulla, in realtà esprime esattamente questo concetto – ovvero, i giocatori in entrata devono a loro volta rappresentare voci in entrata. Vengono qui se sono loro, in un modo o nell’altro, a portare soldi al Cosenza e non viceversa.
Brignola invece di Caso è l’emblema di questo modo di procedere.
L’emblema, tanto per chiarire, di una squadra di serie C gestita da una società dilettantistica, ed entrambe – squadra e società – si trovano in B senza sapere come. La squadra, poi, anche oggi ha tirato fuori dal cilindro l’ennesima prestazione rivoltante (undici partite di campionato più una di Coppa, dodici prestazioni oscene), guidata in panchina da un allenatore che ha perso la bussola da tempo fino ad arrivare a dare fiducia al portiere titolare nella conferenza prepartita per poi schierare la riserva, quel Marson che la B non l’aveva mai vista ed era retrocesso (da riserva anche lì) in D con la Vibonese – e cara grazia che almeno lui si è disimpegnato egregiamente.
Niente Calò neanche stavolta – e si è pagato dazio nel finale di primo tempo, quando un contropiede che si sarebbe dovuto condurre con un regista è stato portato avanti con Voca, che giunto al momento di mettere Merola davanti alla porta solissimo gli ha allargato la palla a destra anziché incrociare per vie centrali. Perché? Semplicemente perché Voca è un interditore e lì nella trequarti avversaria non c’era mai stato in vita sua, nemmeno lo sapeva che avrebbe dovuto incrociare il passaggio. Me la posso mai prendere con Voca, che per interdire, povero, interdice pure?
Intanto anche oggi abbiamo collezionato la bellezza di UN tiro in porta in novantasei minuti – quello del gol, nato come a a Benevento su un tocco sbagliato di un difensore avversario, Mazzitelli, che per anticipare Larrivey ha lanciato a rete Merola. UN tiro in porta. UNO. Su una non-azione derivata da un tocco errato degli avversari.
Il resto, il nulla.


A ristabilire la parità ci ha pensato il buon Panico, che è stato in grado di tenere in gioco nella stessa azione prima l’autore dell’assist di testa (a cui è giunta la palla sugli sviluppi di un corner, tiro dal limite e rimpallo che ha fatto schizzare la palla ancora nella nostra area) e poi anche l’autore del gol Moro: almeno tre secondi di gioco continuo in cui a Panico non è venuto in mente di salire con una certa fretta. Inutili le proteste come anche in occasione del raddoppio ospite, giunto nella ripresa a seguito di un tambureggiamento durato diversi minuti sotto la nostra porta: sempre dalla parte di Panico è partito un tiro che ha superato Marson ma non Venturi, autore di un salvataggio prodigioso – poi siccome la squadra di Dionigi non imposta mai ma butta costantemente la palla, abbiamo pensato bene di restituire il cuoio due volte ai ciociari: sulla prima un altro tiro è stato rimpallato con un braccio (aderente al corpo), sulla seconda infine Mulattieri ha fatto gol deviando in rete da pochi passi un rasoterra di Mazzitelli. In tutto questo, giova ripeterlo, abbiamo sempre e comunque costantemente (come nel resto della partita, come nel resto del campionato) ridato la palla all’avversario spazzando via dalla difesa in preda al terrore anziché giocarla.
E un allenatore la cui squadra spazzi sempre e solo il pallone senza mai giocarlo e senza mai impostare (anche perché lascia Calò in panchina) deve assumersi le sue responsabilità e trarne le conseguenze: non si era mai visto giocare a calcio in maniera tanto repellente.
Si diceva anche di proteste del Cosenza: in effetti, sugli sviluppi di una delle azioni tambureggianti del Frosinone, Panico ha perso un contrasto in uscita su un avversario che sembra portargli via la palla col braccio. Incredibilmente, però, la VAR ha convalidato – non tanto incredibilmente per questo in sé, quanto per il fatto che da protocollo avrebbe dovuto richiamare l’arbitro al monitor perché questa sarebbe materia sua. Magari il tocco di braccio del frusinate era assolutamente legale e/o involontario, ma spetterebbe all’arbitro stabilirlo. Ma si sa, con la VAR il Cosenza ha una lunga tradizione negativa. Non meraviglia che si sia rinverdita.
Per tutto il resto del tempo, palle gol a profusione del Frosinone in mezzo al nulla, tanto che il due a uno va stretto ai ciociari. Si ricordano solo parate di Marson (come del resto anche nel primo tempo, con tre palle gol per gli ospiti e solo il gol per la squadra di Dionigi); per l’ennesima volta, inoltre, la nostra squadra, in svantaggio, non riesce non dico a pareggiare ma nemmeno a fare il consueto forcing finale che da che mondo è mondo è appannaggio di chi deve rimontare – e che di solito produce un colpo di testa alto, un tiro respinto dal portiere, una mischia, un’occasione, un rimpianto, qualcosa santoddio: niente, oggi come nel resto del campionato il Cosenza che insegue lo svantaggio non produce NULLA, nemmeno una speranza.
Nemmeno un pallone buttato in area e spizzato e poi chissà. NULLA.
Perché?
Perché la squadra di Dionigi, di Gemmi e di Guarascio è una squadra di serie C e lì se ne sta tornando, assai meritatamente. Noi, tutti noi ci meritiamo questa situazione, questa classifica, questo destino; noi ce lo meritiamo e ci meriteremo la serie C se (o quando) verrà, perché noi per primi non abbiamo fatto nulla per evitare tutto questo, noi per primi da anni stiamo come piazza e tifoseria consentendo a una proprietà verso la quale ho finito gli aggettivi (almeno quelli non passibili di querela) di consumare questi continui scempi, anno dopo anno, di portare il nostro nome in giro per l’Italia attaccato a una squadra di serie C e a una società di dilettanti.
Quindi se andrà malissimo ce lo saremo meritato.
E se lo scrivo oggi, che è ancora fine ottobre, è perché c’è tutto il tempo per rimediare da tutti i punti di vista, calciomercato compreso. Beninteso, rimediare significa ad esempio che al calciomercato ci vai con dieci milioni come tutti e non con cinque lordi. O che se devi sostituire Dionigi lo devi fare con un allenatore di serie B che dia ampie garanzie e sia accontentato in tutto quello che chiede, non con un altro Occhiuzzi.


A proposito di allenatori.
Mi piace chiudere il pezzo di oggi con un pensiero per Bisoli, che ci ha salvato miracolosamente da una retrocessione già scritta (e anche quella meritatissima) e che in settimana ha di nuovo parlato di noi in un’intervista, rimarcando nuovamente come la sua ancata riconferma sia stata dovuta alla precisa volontà della proprietà – che, sempre per la precisione (non lo dice Bisoli, lo spiego io), non ha voluto un allenatore che chiedeva un calciomercato da serie B e un budget adeguato, preferendo un pluriesonerato che si accontentava di Panico e Vallocchia senza avanzare pretese. E queste sono state le motivazioni della mancata riconferma di Bisoli e della scelta di Dionigi (dopo aver sondato anche D’Angelo ex Pisa ed essersi sentiti avanzare le stesse richieste del mister di Porretta Terme), assolutamente queste e nessun’altra.
Gemmi ci viene a raccontare che ha scelto Dionigi perché faceva un calcio più propositivo. Lo sto vedendo, il suo calcio propositivo – è quello che darei io a voi per cacciarvi tutti da Cosenza.
In ogni caso, su tutti i social hanno ovviamente ripreso a imperversare i tifosi del presidente, che hanno commentato l’intervista a Bisoli attaccando il nostro ex allenatore (la squadra si è salvata da sola, lui on ha fatto nulla, è arrivato Trapattoni…) e concludendo poi che chi avrebbe voluto Bisoli ancora sulla nostra panchina è solo un ingrato, perché Bisoli avrebbe chiesto una squadra da serie B che noi siamo gli unici in serie B a non poterci permettere, perché la società già così fa sacrifici.
E su questo oggi posso finalmente essere d’accordo: per perseguire i suoi interessi, tornaconti & oneri diversi, Guarascio non guarda in faccia nessuno e non ha avuto rispetto nemmeno per Bisoli che lo aveva salvato e gli aveva anche valorizzato Zilli – lo ha accantonato subito pur di continuare a incassare milioni senza investire. Ha buttato via Bisoli con un ghigno.
E quindi è vero che Guarascio fa sacrifici.
Umani.

NubeDT

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