​#55 WAITING FOR THE BARBARIANS: BRESCIA

Dopo il pari di Cittadella, è arrivato un altro pareggio, il primo stagionale per noi tra le mura amiche del Marulla, alla fine di una sfida in cui si sono scontrati il peggiore attacco della B (quello del Perugia), contro quella che fino a tre giorni fa (proprio dalla scorsa giornata, la 15a, è tornato il Como a detenere questo triste primato) era la peggiore difesa della categoria: la nostra. Il risultato più ovvio, data questa premessa, sembrava essere proprio quello che poi si è effettivamente verificato sul campo, vale a dire un classico risultato ad occhiali, uno 0-0. Eppure la partita, non certamente avvincente o entusiasmante, si è portata dietro le sue emozioni, con un Perugia più volte vicino al gol e col pallino del gioco in mano, per tutto il primo tempo e parte del secondo, quando infine pure il Cosenza si è svegliato dal suo torpore ed ha condotto le danze per l’ultima mezzora di gioco, divorandosi letteralmente un gol fatto con uno sciagurato Venturi (bruttissima la sua partita, da adattato terzino destro) che ha ciabattato maldestramente un rigore in movimento servitogli al bacio da Florenzi e successivamente incappando in una sfortuna becera allorquando Calò, al termine di una bella iniziativa personale, incocciava il palo con un tiro che avrebbe meritato miglior fortuna per la bellezza balistica con cui era stato pensato e confezionato. Niente dunque, in casa non siamo riusciti a battere l’ultima in classifica e, nonostante siano arrivate le concomitanti vittorie di dirette avversarie quali Venezia, Palermo, Cittadella e Modena, incredibilmente il punticino conquistato ci ha permesso di uscire non solo dalla zona caldissima – retrocessione diretta – dove per qualche ora e per la prima volta in stagione eravamo precipitati, ma anche addirittura di cavarci fuori dalla zona playout, per via dei k.o. di S.P.A.L. e Benevento, oltre al pareggio di un Como che fino all’83° stava vincendo in quel di Ascoli. Ovviamente non c’è assolutamente da crogiolarsi per un’effimera momentanea posizione che, se fossimo alla conclusione del campionato significherebbe salvezza, perché, dati i risultati, la classifica ha finito per accorciarsi ulteriormente (le ultime quattro della graduatoria sono tutte appaiate a quota 15, ad appena un punto alle nostre spalle) ed ancora ci sono da giocare due terzi di campionato. A cominciare da domani, quando ci sarà solo da incrociare le dita perché, sia pure giocando ancora un turno in casa, a visitare il Busento calerà uno di quei barbari accreditati per il salto diretto di categoria, attualmente in terza posizione in classifica, che verrà dunque a Cosenza con il chiaro intento di fare sua l’intera posta in palio: il Brescia.

Il Brescia Calcio nasce nel lontano 1911 diventando, ben presto, il primo Club calcistico della cittadina lombarda, oltre ad essere uno tra i più longevi della propria provincia. Nella sua storia il Brescia Calcio vanta la vittoria di due campionati di Serie C (1939 e 1985) dove ha partecipato per sole quattro edizioni, quattro affermazioni nel campionato di Serie B (1965, 1992, 1997 e 2019) torneo dove ha preso parte per ben 64 volte, oltre ad un successo in campo europeo, vale a dire il Torneo Anglo-Italiano conquistato nel 1993 in finale a Wembley contro il Notts County. Nel campionato di massima Serie italiana la squadra lombarda ha fatto la sua apparizione per ben 33 volte (l’ultima delle quali nel 2019/20). Il miglior piazzamento in Serie A è il settimo posto della stagione 2000/01, quando, guidata dal Pallone d’oro 1993 Roberto Baggio, la formazione azzurra di Carlo Mazzone si qualificò per la Coppa Intertoto. In quest’ultima competizione raggiunse poi la finale, dove venne sconfitta, nonostante due pareggi, per la regola delle reti in trasferta, dal Paris Saint-Germain. Nel 2004/05, dopo quattro stagioni consecutive nel massimo campionato, il Brescia Calcio tornò tra i cadetti. Il ritorno nell’Olimpo del calcio italiano avvenne nella stagione 2009/10 al termine di una cavalcata trionfale, culminata nel successo ottenuto contro il Torino nella finale play-off, ma la permanenza in Serie A durò appena l’arco di una stagione. Fino all’approdo a capo del Club dell’attuale presidente, Massimo Cellino, avvenuto nell’agosto 2017, che ha rappresentato un nuovo trampolino di lancio della Leonessa, capace di ottenere un’immediata promozione in Serie A, oltre che fautore della realizzazione del Centro Sportivo di Torbole Casaglia (croce e delizia per lui, per via di vicende giudiziarie al riguardo. Ne parleremo appresso) e l’ammodernamento dello stadio Mario Rigamonti. Ai lombardi sono legate molte figure prestigiose del mondo del calcio italiano ed internazionale: con la tipica maglia azzurra con la “V” bianca sul petto hanno disputato diversi campionati, e partite, giocatori diventati mito e leggenda: per citarne solo alcuni, Altobelli, Baggio, Beccalossi, Hagi, Hamsik, Pirlo, Guardiola, Toni e persino due che poi sarebbero stati vincenti CT della Nazionale, come Valcareggi e Vicini. Tornando a Cellino, andiamo a capirne la solidità economica, quindi da dove deriva il suo patrimonio che negli anni gli ha consentito di poter fare calcio ad alti livelli. Insieme alla sorella fino al 2000 ha amministrato la SEM Molini Sardi, società che fa parte del Gruppo Cellino, una sorta di cassaforte di famiglia. Oltre alla SEM, del gruppo fanno parte altre sette aziende tutte sarde ad eccezione della francese TRANSGRAIN FRANCE SA, che si occupa della selezione e dell’acquisizione dei cereali indispensabili ai cicli produttivi di tutte le Società del Gruppo nonché della commercializzazione di cereali sui mercati internazionali. Nato a Cagliari nel 1956, ragioniere, Massimo Cellino ha frequentato per alcuni anni la Facoltà di Economia e Commercio. Negli anni settanta, interrotti gli studi, iniziò a collaborare con suo padre Ercole nella gestione delle Aziende di famiglia e, dopo avere ricevuto gravi minacce di morte, giovanissimo, si trasferì a Sidney, in Australia, dove stabilì proficui contatti con i maggiori produttori locali di cereali. Rientrato in Sardegna nel 1982, si dedicò a tempo pieno alle aziende di famiglia ristrutturando l’organizzazione delle vendite sul mercato interno sardo. Nel 1988 assunse la gestione del Gruppo Cellino e concluse importanti contratti di fornitura con Paesi nordafricani. In quegli anni le aziende del Gruppo hanno lavorato circa tre milioni di quintali di grano, tra i quali circa il 70% dell’intera produzione sarda, e venivano considerate il settimo importatore mondiale di cereali. Il Gruppo, che all’epoca contava su di un fatturato annuo consolidato di circa 400 miliardi delle vecchie lire, tra dipendenti (450) e lavoratori dell’indotto (valutabili in circa 1.200) costituiva una importante fonte di guadagno e di sopravvivenza per un numero considerevole di famiglie sarde. Per i successi conseguiti nel campo economico-industriale, nel 1994 l’Università statunitense Columbia University – New York gli conferì la Laurea Honoris Causa in Scienze Economiche, della quale è molto fiero. Alle spalle del Massimo Cellino presidente di calcio ci sarebbe quindi la solidità del Gruppo di famiglia, con il pallone che però da anni rappresenta una assoluta passione che gli ha dato anche una grande popolarità. Sin dall’estate del 1992, quando aveva acquistato il Cagliari Calcio dai fratelli Orrù per una cifra pari a 16 miliardi di vecchie lire. A capo del club sardo rimase per 22 anni, durante i quali i rossoblu isolani hanno disputato 17 campionati di Serie A (con un 6º, due 9° e tre 10º posti come migliori piazzamenti, oltre a due retrocessioni), 5 campionati di B (con due promozioni), ha raggiunto una semifinale di Coppa UEFA (1993/94) e due semifinali di Coppa Italia (1999/00, 2004/05). Nel 2014 Cellino ha ceduto il Cagliari all’attuale presidente Giulini per una cifra che, stando a quanto riportato all’epoca dai giornali, si sarebbe aggirata sui 40/45 milioni di euro. Quindi, il vulcanico presidente ha provato anche l’esperienza (fallimentare) oltremanica, al Leeds prima di rientrare in Italia, per acquistare il Brescia, quasi cinque anni fa, sborsando appena 6,5 milioni. I meglio informati raccontano che, prima di approdare in Lombardia, pare vi fosse un suo interessamento nei confronti proprio del nostro Cosenza, con un timido sondaggio, ma non se ne fece nulla. Stavolta non per volontà di Guarascio (una volta ogni tanto non ha responsabilità, ma ci auguriamo con tutto il cuore, comunque che decida presto di ANDARE VIA), ma solo perché Cellino volse appunto il suo sguardo, nel frattempo, verso il Brescia, concludendone l’acquisizione. Protagonista di diverse vicende giudiziarie (già ai tempi di Cagliari), il presidente del Brescia è ancora tuttora alle prese con la giustizia Infatti dopo avere ricevuto la contestazione di fattispecie penali, quali l’omessa dichiarazione e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, si è aggiunta la vicenda del terreno di Torbole Casaglia, dove – lo abbiamo già scritto – fu costruito il centro sportivo in cui si allenano le Rondinelle e che, stando all’impianto accusatorio, nel 2018 fu svenduto dal Comune alla Brescia Holding, che la rivendette a una seconda società riconducibile al patron, la Eleonora immobiliare, al doppio del prezzo. Coinvolti nell’inchiesta anche il sindaco di Torbole Roberta Sisti, l’assessore ai Lavori pubblici Mauro Ometto e Fabio Vizzini, allora esponente della Commissione urbanistica. Per tutti il pm Erica Battaglia ha chiesto il processo per turbata libertà d’incanti. Inoltre, pur essendo stata rigettata dal GIP la richiesta di arresto avanzata per Cellino dalla Procura, era stato comunque disposto il sequestro di 59 milioni di euro riguardanti le quote societarie di Eleonora Immobiliare che controlla Brescia Holding e che a sua volta ha a che fare col Brescia Calcio. Il presidente, così, lo scorso 15 novembre aveva rassegnato le sue dimissioni dalla presidenza delle Rondinelle, salvo poi tornare in carica dopo che il C.d.a. del Brescia Calcio, su proposta del Consigliere Stefano Midolo (ovvero l’amministratore della Eleonora Immobilire nominato dal tribunale, ndr) e approvando all’unanimità ha deliberato di confermarlo. Alla luce di tutto questo Cellino, in accordo con gli amministratori Seri e lo stesso Midolo, deve valutare attentamente eventuali offerte di possibili compratori per la Società, al fine di non coinvolgere il Brescia in una lunga, lunghissima personale battaglia legale. E da qualche tempo circola attorno alle sorti future del Club lombardo il nome di James Pallotta, affiancato dal suo braccio destro Franco Baldini. Tornando a Cellino, l’istrionico presidente è anche noto per i frequenti esoneri degli allenatori. Negli anni in cui ha fatto calcio in Sardegna, ben 27 trainer si sono avvicendati sulla panchina del Cagliari, per un totale di 36 cambi in panchina. Da quando ha rilevato il Brescia nel 2017, già 13 tecnici si sono seduti sulla panchina delle Rondinelle, oltre a quello attuale. Un’altra delle sue caratteristiche è la scaramanzia. Tra le sue fisse ci sono le bandane distribuite ai tifosi, l’obbligo di indossare il colore viola quando le partite si giocavano il venerdì 17, benedizioni e amuleti vari, spargere sale sul terreno di gioco, etc. Allo stadio Sant’Elia, ai tempi di Cagliari tanto per dirne un’altra, fece rinominare i seggiolini numero 17 come “16 bis”.

Non solo girandola di allenatori, ma pure di Direttori Sportivi, per Cellino, anche perché è uno che ama interessarsi direttamente del mercato e finisce per invadere il campo altrui. Così, due stagioni fa, dopo che la Leonessa era stata eliminata al primo turno playoff dal Cittadella, conclusa l’esperienza con Perinetti, nella successiva estate aveva deciso per un rinnovamento della rosa con l’obiettivo di puntare al ritorno in serie A. Sotto la guida inizialmente dell’attuale DS dei Lupi, Gemmi – dimessosi dopo appena 44 giorni – in principio affiancato dal giovane Christian Botturi, poi era rientrato Armando Ortoli, quindi a fine settembre era arrivato Marroccu, il quale a sua volta a fine campionato non era stato confermato, sostituito nella carica da un cavallo di ritorno, vale a dire Perinetti, già a Brescia due stagioni fa. Con lui il sodalizio biancoazzurro la scorsa estate ha optato per la cessione di elementi chiave, pochi soldi da spendere e con Cellino distratto dalle vicende giudiziare extra-campo di cui sopra, ha puntato tutto o quasi sulla voglia di rivalsa di un allenatore che conosce molto bene come Pep Clotet, con il quale aveva già fatto coppia proprio a Brescia nell’esperienza di due anni fa appena menzionata. Ha tenuto duro per Cistana e Bisoli, ma i soli innesti di esperienza di Benali e Viviani ed i rientri di Moreo e Ndoj non necessariamente hanno compensato gli addii di gente come Sabelli, Spalek, Donnarumma, Joronen e Pajac, per citarne qualcuno. Quindi, giocoforza, il DS ha deciso di ripartire dai giovani come Alexander Jallow (non l’attaccante ex Vicenza: quello si chiama Lamin), Pace, Galazzi, Garofalo ,Bianchi,oltre al gioiellino integrato dal vivaio ed appena 16enne Patrick Nuamah. Ma non inganni il dato sull’età media della rosa delle Rondinelle (24,5 anni) che ne fanno la terza più giovane della Serie B, né tanto meno il numero limitato (26) di giocatori che ne fanno parte, perché comunque il valore del team messo su da Perinetti supera i 23 milioni di euro, come valutazione e somma complessiva dei cartellini di ogni singolo componente. Una squadra di assoluto valore, dunque, che sta facendo un ottimo campionato e che, a dispetto delle dichiarazioni della Società, la quale avrebbe posto come obiettivo una tranquilla salvezza, staziona stabilmente dall’inizio del campionato nelle primissime posizioni di classifica e comunque costantemente in zona playoff.

Una rosa importante, dunque, quella delle Rondinelle a guidare la quale, lo abbiamo già anticipato poco sopra, ritroviamo un déjà vu: Clotet. Ma chi è il 45enne alla guida del Brescia? Come il suo connazionale Guardiola si chiama Josep ed è conosciuto come Pep e pure lui, come il tecnico del City, è nato in provincia di Barcellona, quindi è catalano doc. I due, poi, hanno pure in comune proprio il Brescia, dove Guardiola ha militato da calciatore e Clotet, appunto, da allenatore. Fine delle analogie, perché nel modo di concepire il calcio i due Pep hanno visioni diametralmente opposte. Portato in Italia a sorpresa da Cellino con uno dei classici coup de theatre cui il vulcanico presidente sardo ci ha abituato, arriva a febbraio dell’altro anno (due stagioni fa, abbiamo già detto) in quel di Brescia per rimpiazzare l’esonerato (chissà come mai?) Davide Dionigi, dopo avere già lavorato con lo stesso Cellino nella stagione 2016/17, ai tempi del Leeds. Con i lombardi fa cose egregie, visto che colleziona una media di 2 punti a partita (34 punti in 17 gare) portando le Rondinelle dai bassifondi della classifica, fino a disputare i playoff. Evidentemente non abbastanza per Cellino, che non lo conferma, lasciandolo andare alla S.P.A.L. dove il buon Pep non ha fatto registrare uno score degno di quanto fatto in terra lombarda, quindi a Ferrara è arrivato un esonero. Infine questa estate, complice la situazione finanziaria di Cellino ed il concomitante ritorno in sella di Perinetti in qualità di DS in tandem col quale l’allenatore catalano ha ottenuto l’eploit di cui s’è detto, il ritorno alla guida degli azzurri. Un excursus, quello del tecnico spagnolo, che ha origini molto umili ed una gavetta piuttosto lunga, visto che comincia ad allenare già dall’età di 20 anni non avendo esperienze da calciatore. Parte dal Cornellà, piccola squadra catalana, per poi passare a guidare l’Under 18 dell’Espanyol, dove vincerà il suo unico torneo in carriera. Ancora gavetta, nelle fila del Figueres e poi il ritorno a Barcellona, nell’Espanyol B, prima di andare a cercare fortuna all’estero. Approda così in Svezia dov’è secondo allenatore del Malmö, per poi avere il primo incarico da primo all’Halmstads. Parentesi ancora da secondo al Viking, in Norvegia e infine, dopo un fugace rientro in patria alla guida della squadra B del Malaga, torna all’estero, stavolta in Galles allo Swansea, sempre da secondo allenatore. Nel Regno Unito continua la sua carriera – ne abbiamo già fatto cenno – nel Leeds di Cellino, quindi Oxford ed infine Birmingham City prima di arrivare in Italia. Una carriera lunga, dicevamo, ma senza grandi soddisfazioni ed anzi costellata da diversi esoneri, quella di Clotet, che comunque sa farsi apprezzare dagli addetti ai lavori (tra i suoi estimatori nomi importanti, come quelli di Pochettino, Bielsa e lo stesso Guardiola) perché è un teorico, di quelli che supplisce alla mancanza di esperienza in campo (intendo come calciatore) con uno studio profondo e meticoloso di ogni particolare possa interessare una partita (alla Sacchi, per intenderci). In carriera le sue squadre hanno giocato principalmente un 4-4-2 molto ordinato e organizzato, senza troppi fronzoli, anche se non è schiavo dei moduli di gioco. Uno dei principi fondamentali, come ci capita di vedere sempre di più nel calcio moderno, anche per l’allenatore bresciano è l’avvio del gioco dal portiere, utilizzando il pipelet come un elemento di movimento vero e proprio per creare superiorità numerica. Tuttavia lo stesso allenatore chiede ai suoi uomini, nella costruzione dal basso, laddove vi siano le circostanze per poter superare due linee avversarie con un passaggio lungo sulla trequarti, di farlo senza dover forzare la giocata orizzontale ed il tiki-taka a tutti i costi. Quando invece è opportuno il possesso palla, esso deve essere, nell’idea del tecnico, sempre rapido e a pochi tocchi: secondo Clotet “è più facile contrastare una squadra che muove la palla a tre tocchi rispetto ad una che lo fa a due, o addirittura se gioca a uno non la prendi mai!”. Ergo, per lui è fondamentale come i suoi uomini fanno circolare il pallone, piuttosto che come vengono schierati in campo ed infatti abbiamo già detto che non è un integralista degli schemi. Forse, se vogliamo individuare una costante nei suoi moduli, questa potrebbe essere la difesa a quattro. Così, anche nelle ultime uscite, non è venuto meno a questo dogma, quindi ha fatto scendere in campo i suoi uomini quando non col 4-4-2 puro, talvolta col 4-3-2-1, altre volte secondo il 4-3-1-2. Questi sistemi di gioco prevedono nell’idea di Clotet il passaggio a un 4-5-1 in fase di non possesso con il trequartista (o entrambi i trequartisti laddove previsti) ed uno dei due attaccanti che si abbassano sulla linea dei centrocampisti a contenere la manovra avversaria. In fase di possesso la squadra passa dal 4-3-1-2 con i due centrali di difesa Adorni (assente domani) e Papetti che si allargano al limite dell’area, mentre il mediano centrale che si abbassa per ricevere palla, ad una sorta di 2-3-3-2. In sostanza i due terzini Jallow a destra e Mangraviti a sinistra (domani Pace?) si alzano fin quasi alla linea di centrocampo per offrire soluzioni sugli esterni nel tentativo di costruzione dal basso, ma se pressati i difensori centrali e il mediano optano per un lancio lungo a cercare l’inserimento di una mezzala, Bisoli, Van de Looi o Benali, se non il trequartista Ndoj. In fase di sviluppo il punto di riferimento sono il/i mediano/i centrale/i che dialoga/no spesso con le due mezzali, le quali si alzano e vanno a occupare la zona alle spalle della linea mediana avversaria, predisponendosi alla ricezione in una forma di centrocampo scaglionato a “V” e formando una “linea tra le linee” (a tre) con il trequartista. Per questa ragione, cioè per saltare la linea del centrocampo avversario, il mediano ricerca spesso la giocata in verticale per le mezzali stesse o per l’inserimento del trequartista o delle due punte, il temibile Ayé (autore già di 5 gol in stagione) affiancato da Moreo, con Flavio Bianchi come valida alternativa. Una giocata offensiva classica richiesta da Clotet ai suoi uomini, vede di sovente una delle due punte abbassarsi verso il centrocampo andando incontro al portatore di palla per ricevere. Questo movimento in genere fa staccare il difensore avversario che è in marcatura, alle cui spalle si crea uno spazio non coperto in cui si inserisce l’altra punta, che attacca la profondità per essere servito ed arrivare alla finalizzazione. In fase di non possesso le Rondinelle effettuano una pressione collettiva sui difensori centrali avversari, quando questi sono in fase di costruzione, per chiudere le linee di passaggio in verticale; un pressing alto finalizzato alla ricerca della transizione positiva, quindi alla riconquista immediata del pallone ed alla ripartenza fulminea per puntare subito verticalmente alla rete. A livello del centrocampo si marcano a uomo i centrali di centrocampo o le mezzali degli avversari, limitandone le giocate, mentre uno dei centrocampisti centrali o il mediano (a seconda dello schema adoperato), si abbassa in posizione più arretrata fungendo da “filtro” davanti alla difesa. In generale, nella zona centrale del campo il Brescia alza il suo livello di aggressività, tenta un maggior numero di contrasti e conseguentemente recupera un buon numero di palloni. Nella linea difensiva a quattro i difensori centrali seguono l’uomo di riferimento anche fino alla metà campo, “rompendo la linea” e lasciando alle spalle una zona libera ed esposta quindi agli inserimenti avversari (questa è una fragilità che Viali potrebbe sfruttare con il gioco tra le linee di Merola, Brignola ed anche D’Urso, a seconda di chi verrà schierato). In fase di sviluppo della manovra avversaria la linea difensiva è piatta e sale in situazioni di palla coperta, mentre rincula velocemente ordinata, verso la propria porta, in occasioni di ripartenza avversaria, attendendo un intervento da parte di un centrocampista: solo quando la palla transita nei pressi del limite dell’area di rigore, aumentando la pericolosità dell’azione, il difensore di riferimento esce sul portatore di palla. Insomma, una squadra compatta e ben allenata quella di Clotet, che subisce poco e, a parte alcune sbandate – a Bari (6 reti subite e Frosinone (3 gol al passivo) – prende pochi gol (19) ma che è capace anche di pungere (18 le reti all’attivo).

Il 4-4-2 di Pep Clotet

Detto delle idee tattiche con cui Clotet ama fare giostrare la sua squadra, siamo arrivati ora al punto della nostra rubrica dove, sulla scorta delle informazioni di cui disponiamo, ci tocca ipotizzare l’undici che il tecnico catalano potrebbe opporre ai nostri Lupi sulla base del 4-4-2. Tra i pali potrebbe registrarsi il rientro di Lezzerini a meno che Clotet non voglia stupire ancora e confermare Andrenacci il quale, pur avendo subito due gol nella scontro diretto perso al Rigamonti contro la Reggina, alla fine di quella gara è risultato essere il giocatore con i voti in pagella più alti tra i suoi. Un ballottaggio fino alla fine su chi sarà il portiere titolare nella sfida del Marulla, anche se tra i due papabili noi vediamo favorito il primo. Chi, invece senz’altro non sarà della gara è lo squalificato Adorni: da diffidato, contro la Reggina ha rimediato l’ammonizione che gli costa la partita di domani. Questa è una brutta tegola per il Brescia perché ora si ritrova un reparto, quello difensivo, in totale emergenza, già falcidiato da infortuni come quello del forte Cistana, oltre a quello di Huard, il quale, però domani potrebbe rientrare. Viste le carenze tra i centrali, ad affiancare Papetti potrebbe essere dirottato Mangraviti il quale, pur essendo un difensore centrale di ruolo, era stato finora utilizzato in stagione come terzino sinistro. Quest’ultimo ruolo potrebbe essere affidato dunque a Pace(finora praticamente fuori dai radar di Clotet) mentre l’out opposto potrebbe ancora una volta essere affidato a Jallow, il quale sarà chiamato a riscattare l’opaca prestazione di domenica scorsa. A meno che Clotet non pensi di smistare lo stesso Jallow a sinistra, per utilizzare a destra l’australiano Karacic, appena rientrato dai mondiali. A centrocampo considerata la probabilissima indisponibilità di Bisoli, certi di un posto saranno Viviani e l’ex Ndoj, mentre per completare la linea a quattro saranno in ballottaggio per le restanti due caselle Bertagnoli e Van de Looi (probabili favoriti) con Benali, Galazzi e Labojko pronti a prendersi un posto sin da subito. D’altra parte i giocatori hanno avuto solo 3 giorni di riposo, al quarto – domani – sono richiamati in campo, quindi dopo ulteriori altri quattro giorni dovranno affrontare in casa il Parma: pertanto, un po’ di turnover a centrocampo, dove le alternative non mancano a Clotet, potrebbe effettivamente verificarsi. In attacco, infine, non dovrebbero esserci dubbi in merito all’utilizzo di Moreo, in tandem col bomber di squadra, Florian Ayé, con Bianchi pronto a subentrare a partita in corso.

In chiusura di rubrica passiamo alle varie ed eventuali. Cominciamo col dire che i bookmakers, per l’ennesima volta, ci danno per perdenti. Il segno 1 viene infatti pagato tra un minimo di 3,25 ed un massimo di 3,50; la X, pur se leggermente meglio apprezzata, anch’essa data per meno probabile e quindi pagata fino a 3,15 volte la posta giocata; infine il 2, con l’eventuale successo degli uomini di Clotet, è dato piuttosto per scontato, visto che riconosce agli scommettitori che vi puntano, un range di guadagno sulla scommessa tra2,15 e 2,26 la cifra puntata. Più in generale,il pronostico pende assolutamente a favore della Leonessa, non solo per un fatto di posizione in classifica (3° posto in coabitazione con altre tre squadre, per gli azzurri, 15° per i rossoblu) ma anche osservando la differenza dei punti di distacco (7) tra le due squadre, di differenza reti (-1 i lombardi, -9 noi), di organici e di obiettivi. Anche se c’è da dire che il Brescia formato trasferta non è propriamente una squadra irresistibile, avendo vinto appena 2 volte su 7 gare disputate lontano dal Rigamonti, oltre a 2 pareggi e ben 3 sconfitte, subendo 13 gol e realizzandone appena 8. Le due squadre si sono incrociate all’ombra della Sila per ben 15 volte in cui i Lupi hanno prevalso in 5 occasioni (l’ultima, però, ben 28 anni fa, quando a firmare quel successo per 3-2 ci furono le reti d’autore di Alessio, Lucarelli e Marulla); il segno X è uscito in ben sette circostanze, mentre 3 sono i successi ottenuti dalle Rondinelle. La giacchetta nera chiamata a dirigere la gara di domani pomeriggio, valida per la 16a giorata e che si disputerà al San Vito – Gigi Marulla con calcio d’inizio alle 15,00 (che orario infelice per una infrasettimanale!) sarà il sig. a Francesco Meravigliadella sezione di Pistoia. Con questo arbitro i lombardi hanno vinto due gare su due, una delle quali proprio l’anno passato contro i Lupi, in quel roboante 5-1 d’inizio stagione mai digerito. E comunque, a parte questa brutta sconfitta per noi, l’arbitro toscano ci ha sempre portato piuttosto male: con lui non abbiamo mai vinto, rimediando altre due sconfitte e solo due pareggi. A coadiuvare il fischietto pistoiese sono stati designati gli assistenti Colarossi della sezione AIA Roma 2 (anche lui presente in Brescia – Cosenza 5-1) e Marchi di Bologna, mentre il quarto uomo sarà Maresca di Napoli. Al Var ci sarà Fourneau della sezione AIA Roma 1, con assistente Var Cipressa di Jesi. E’ vero che domani sarà una infrasettimanale, ma l’8 dicembre è festivo quindi l’orario potrebbe essere appropriato per permettere una buona affluenza alla partita. Nonostante ciò, domani non si attendono tanti spettatori (non più di 3.500/4.000) sugli spalti del Marulla e si conteranno sulla punta delle dita gli ospiti. Ad ogni buon conto, ciò che più sarà importante, domani, sono i tre punti, per entrambe le squadre: loro vengono da una sconfitta mal digerita dall’ambiente, lo scontro diretto contro la Reggina che in caso di vittoria sarebbe valso l’aggancio proprio ai cugini dello Stretto, al secondo posto; a noi, invece è rimasto l’amaro in bocca per non essere riusciti ad approfittare del nostro scontro diretto casalingo ed ora il Lupo deve riscattarsi cercando di azzannare una Leonessa ferita. Staremo a vedere che succederà e chissà che Alarico…

Sapiens

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