LA ZONA MORTA #79 – IL FISCHIO FINALE.

Muoio ogni notte per resuscitare ogni mattina. Ogni notte è quella della Santissima Agonia…”
Georges Bernanos

Non c’è niente da fare. Anche oggi mi tocca fare riflessioni sugli umori che generano queste maledette sconfitte. Non che ci sia molto da aggiungere. La sconfitta è netta, meritata e la dobbiamo mettere insieme a tutte le altre. Cosa vuoi contestare dopo un 4 a 0 così?
Ma sapete una cosa? Io il momento peggiore lunedì sera non l’ho vissuto per il risultato finale, ma quando l’arbitro ha messo bocca al fischietto, chiudendo anticipatamente l’agonia a cui stavamo assistendo in campo. Il triplice fischio stavolta è stato veramente mortificante. In una notte bellissima, con un cornice di pubblico dove anche stavolta i tifosi del Cosenza hanno raccolto solo applausi e consensi da tutti – ma a Genova, visti i rapporti di amicizia, non era difficile aspettarseli – la cosa peggiore è stato assistere ad una agonia organizzata dal solito Guarascio, che continua a regalarci umiliazioni su umiliazioni nella nostra gloriosa storia!
Pensate, persino l’arbitro stavolta ha avuto pietà di noi!
Io vorrei ancora sapere chi ha il coraggio barbaro di poter affermare che questo può ambire alla palma di presidente più vincente della storia del Cosenza.
Qualcuno ha avuto modo di mettere mano alle statistiche, e contare la serie di figuracce che stiamo mettendo insieme dal 2018 sui campi di tutta Italia? Ma soprattutto, qualcuno ricorda quando rimettemmo piede in serie B alla fine degli anni ottanta come ci comportavamo in campo? Vi rammento una partita, con relativa sconfitta, presa su dalle prime che mi vengono in mente. Stagione 1990/91. Foggia Cosenza. Esordio in campionato. Perdemmo 5 0. Ma quella, si sarebbe poi scoperto, era la prima incredibile squadra di Zemanlandia, che avrebbe dettato legge per tutto il campionato, salendo in Serie A e facendo bene pure nella massima serie. Un rullo compressore.
E noi invece, dopo i fasti della stagione 1988/89, avevamo sbagliato nuovamente tutto nel riassemblare la squadra. Infatti anche quell’anno, come nel 1989/90, ci salvammo per il rotto della cuffia. Eppure, eppure… nella partita di ritorno – grazie ad una prestazione tenace e consistente – strappammo un insperato 1 a 1 che ci portò poi, nel computo finale, ad avere i punti necessari per disputare il leggendario spareggio di Pescara.
Ora, se dobbiamo fare paragoni, non tecnici ma caratteriali, fra quelle due squadre il risultato sarebbe impietoso. A Genova siamo stati remissivi, probabilmente anche per la tattica impostata, inconsistenti e svogliati. I due primi gol sono l’immagine più sconsolata che si può vedere in una partita dove una squadra cerca di salire di categoria, l’altra di non perderla.
Ormai – che sia angolo, punizione o persino rimessa laterale – , quando il gioco porta gli avversari (mediamente fra il 30′ ed il 45′) a mettere la palla nella nostra area, i nostri difensori fanno a gara per regalare spazio e tempo per permettergli di segnare.
Sembra che qualcuno li obblighi a fermarsi, perché sennò il compito per gli altri diventa troppo difficile!
Basta vedere il gol che poi gli ha regalato Calò – con tutte le opzioni che aveva, e che mi ha sottolineato ieri un amico (per scaricare la palla c’era D’Urso completamente solo a centrocampo, e sulla sua destra gli stava venendo incontro Marras: altro che non sapeva a chi scaricare!) – per cogliere appieno il grado di sufficienza e di mancanza di concentrazione che si portano dietro i nostri giocatori. Da quel momento in poi la partita era virtualmente chiusa. I due gol successivi hanno solo arricchito il tabellino del Genoa e fatto passare il tempo. Niente di più.

Insomma, grazie a Guarascio – perchè ficcatevelo bene in testa, è sempre e soprattutto colpa sua! – , più che una squadra quest’anno abbiamo messo su un team come nelle famose vignette di Charlie Brown sul baseball. Di quelle dove ogni partita, il confronto fra la sua squadra sgangherata e le altre aveva la sconfitta come risultato scontato, col protagonista che assiste sconsolato alle disfatte sul monte di lancio. Solo e rassegnato. Una serie di vignette che si riassumeva nella battuta :
Per un attimo abbiamo avuto la partita in pugno….poi gli avversari sono entrati in campo.
Consapevole di avere la peggiore squadra nella storia del baseball, il protagonista delle vignette di Schulz vorrebbe parlare con l’inventore del gioco. “Per chiedergli consigli?”, gli domanda Linus; “No, per scusarmi”, risponde Charlie Brown.
Charlie Brown però non aveva dei tifosi come i nostri. Altrimenti a quelli lui avrebbe chiesto scusa subito.
Con la Spal già si comincia a parlare di ultima spiaggia, spareggio anticipato, partita da dentro o fuori. Personalmente non credo ce ne sia una da qui alla fine che non possa essere catalogata così.
Quello che vorrei però vedere è un minimo di atteggiamento costante, di garra da portare oltre quelli che sono i nostri limiti. Di vero orgoglio. Perché si può resuscitare ogni mattina, come nella frase con cui ho aperto il pezzo. Ma non all’infinito. Prima o poi l’agonia può portare alla morte.
E noi non vogliamo morire. Soprattutto sentendo quel fischio finale anticipato.

Sinn Feìn

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