PRIMA E DOPO LA GARA DELLA MORTE

In questi giorni, lontano da Cosenza, ho lasciato agli altri la gestione del blog, ma – ribalta mediatica a parte – anche l’attesa e l’avvicinamento alla partita sono stati per me molto diversi da quelli di appena un anno fa. Scrivo queste prime righe all’ora di pranzo di giovedì: mancano ancora diverse ore al fischio di inizio di Brescia-Cosenza, non so come finirà, ma so come mi sento.
La gara di andata l’ho vissuta a milletrecento chilometri di distanza da casa, lontano da Cosenza – così so come sta Mario Kempes ogni volta che giochiamo al Marulla. L’ho vissuta, ma non l’ho vista. Ero a cena con dei miei clienti, i quali mi hanno portato in un rinomatissimo ristorante di pesce: giuro che il mio programma era sorridere a loro mentre si mangiavano cozze e branzini e tenere il cellulare davanti al mio piatto, con discrezione, a seguire lo svolgimento di Cosenza-Brescia. Non ce l’ho fatta: ho spento all’infortunio di Marras, decidendo di seguire le fasi del vitale match di andata esclusivamente attraverso il racconto nella chat di gruppo di noi della Bandiera.
Gioca il Cosenza e io non guardo per intero la partita?
Com’è possibile?
Il punto è che – i servi prezzolati possono dire quello che pare loro, non cambieranno la realtà – in quel preciso momento in cui a Marras si è girata male la caviglia, la stanchezza in me ha preso definitivamente il sopravvento. Mi sono stancato di tutto. Mi sono stancato soprattutto di essere lì, ai playout – di nuovo.
DI NUOVO.
Di nuovo gli stessi errori, di nuovo le stesse mancanze, di nuovo la stessa superficialità, di nuovo lo stesso menefreghismo, di nuovo lo stesso arronzo, di nuovo la stessa mancanza di rispetto di sempre verso la tifoseria del Cosenza. DI NUOVO. E di nuovo lo stesso esito: la gara della morte, da dentro o fuori, l’ennesimo campionato fallimentare nei bassifondi, da abusivi in serie B. Qualcuno si era illuso, qualcuno per l’ennesima volta l’estate scorsa scriveva che questa volta ha imparato la lezione, non può permettersi di fare gli stessi errori, vedrete che… l’abbiamo visto, oh, se lo abbiamo visto… e per quale motivo, peraltro, il padrone non potrebbe permettersi di fare gli stessi errori? Perché, di grazia? Forse che ne pagherebbe qualche conseguenza? Una contestazione della tifoseria? La contestazione è stata a sua volta contestata, seppure da una sparuta minoranza di servi, che però hanno avuto grancassa mediatica più degli spalti giustamente vuoti dello stadio: si dava più spazio a chi diceva che il vero tifoso non abbandona lo stadio piuttosto che ai sacrosanti motivi di una protesta che oggi, se possibile, sono persino aumentati.
Di cos’altro dovrebbe avere paura il padrone, per quale motivo non potrebbe più permettersi di fare quegli stessi errori che invece replica sempre allegramente, anno dopo anno? Forse di una reazione della politica? Il timore che qualcuno finalmente lo schiodi di lì, se persevera nelle sue condotte? Figuriamoci: gli hanno appena riconfermato l’appalto – ed è stata comunque la politica (trasversale e bipartisan) a piazzarlo lì. E ce lo tiene. Magari per due voti quei signori fanno la voce grossa in pubblico (si fa per dire), tirano le orecchie (come se fossimo davanti a minuzie per cui una tirata d’orecchio basti), il presidente stavolta mi ha personalmente promesso un grande Cosenza – poi arriva la prova dei fatti e i fatti sono anni che li vediamo e li (ri)conosciamo, puntuali.
E la politica, muta.
In tutto questo, io sono stanco. E Cosenza-Brescia, considerando il contesto (fossi stato in città senza impegni di lavoro a un’Italia di distanza sarebbe stato certamente diverso), non ce l’ho fatta a vederla. Nausea, saturazione, rabbia.
Leggo molti di voi che sono in ansia per stasera, da giorni. Che l’idea della partita li esalta e li atterrisce, li terrorizza e li colma di speranza, che vivono di paure e di certezze. Io no, nemmeno oggi. Io aspetto Brescia-Cosenza di stasera ma senza un minimo del trasporto e del coinvolgimento che un anno fa mi dilaniava i nervi in vista della sfida doppia col Vicenza.
Sento solo la rabbia e il disgusto verso l’unico responsabile.
E adesso passo la palla al me stesso post-partita, sperando in cuor mio di raccontare ciò che vorrei.

* * * * *

… ed è proprio così, incredibilmente (anche per come si è svolta la partita) posso davvero raccontare quello che in cuor mio speravo ardentemente di raccontare. Cioè, non proprio così. In tutti i miei sogni più arditi vagheggiavo di un gol salvezza al 95′ (possibilmente un gol vittoria, però, perché il quarto d’ora e passa trascorso dal gol di Bisoli a quello di Meroni è stato un morire), ma il triplice fischio lo preferivo sinceramente in un’atmosfera più serena.
Alcuni dei nostri erano a Brescia, come al solito, e il pensiero – in quei lunghissimi, concitati minuti di bombe carta, fumogeni, polizia – andava a loro, oltre che a un arbitro che ci ha dovuto pure pensare una vita prima di capire che la partita non poteva riprendere. In diretta, in tempo reale, prima ancora che risuonasse in TV, Stultus Sapiens sulla chat di gruppo della Bandiera (quella su cui ho seguito la gara d’andata) ci ha annunciato, mentre raccontava di esplosioni fuori dal nostro settore che manco a Beirut, “è finita, è finita, ha fischiato ‘sto cornuto!” e dallo schermo dove sono rimasto inchiodato mi arrivavano le immagini dei ragazzi che correvano a festeggiare sotto i nostri tifosi.
Scene bellissime, di nuovo.
Due parole sulla partita: una sofferenza pura. Tutti raccolti dietro, sull’onda dell’uno a zero dell’andata, con Viali che conosce benissimo il Brescia e magari si sarà pure detto chiusi lì dietro, dai e dai prima o poi il gol lo prendiamo, ma conoscendo quanto siano scarsi loro in difesa lo facciamo pure. No, in realtà non lo so cosa sia passato per la testa di Viali, stasera non so niente se non che per l’ennesima volta al rotto della cuffia siamo ancora vivi. Come in campionato, il Brescia poca, povera cosa (ma più di noi sicuramente, però non tanto quanto gli serviva): attacchi disordinati, tensione alle stelle, poca concretezza. Una traversa, esattamente come all’andata (ma giusto per confermare l’effetto Guarascio), uno sterile dominio. Noi, fantasmi dalla trequarti in su. Impalpabile Florenzi, vistosamente in scarsa condizione post infortunio, senza sbocchi D’Urso chiamato a cantare e portare la croce, isolato Nasti. Solo che dietro il fortino reggeva. Visto mai che davvero la sfanghiamo zero a zero?
A un quarto d’ora dalla fine, invece, il patatrac. Florenzi esce male in pressing alto addirittura in area avversaria (ma perché???), dove c’erano già Nasti e il neoentrato Zilli, le rondinelle possono capovolgere il gioco trovando un varco a centrocampo, Rodriguez trova lo spunto sulla sinistra e sul suo cross arretrato Bisoli supera Micai.
Sotto di uno e tutto da rifare.
Lì abbiamo visto tutti le streghe, ammettiamolo. I bresciani galvanizzati che assaltavano come furie, i nostri che sembravano supplicare l’arrivo dei supplementari, i palloni che ballavano davanti a Micai (che para l’inenarrabile su Bianchi: sarebbe stato il due a zero e sipario calato), la tachicardia. Cinque di recupero. Proprio nell’ultimo, una palla verso Zilli (entrato in campo in totale berseker, ad abbattere ogni avversario a spallate e a contendere ogni pallone aereo: ti vogliamo così) viene protetta dall’ariete friulano, che conquista una punizione dalla trequarti. Ora, alzi la mano chi non ha pensato per un attimo a Guarascio – alla sua indicibile fortuna -, mentre Brescianini stava per scodellarla al centro. Oh, vuoi vedere…? Manco a dirlo, il Cosenza mette all’opera lo schema Mazinga: palla disperata in mezzo per Meroni, ché lui è quello pericoloso.
No, a dire la verità il cross di Brescianini era al bacio, tutt’altro che disperato. La difesa bresciana si perde il nostro, capocciata da schema Mazinga, sotto l’influsso di Guarascio (ci ricordiamo anche di come abbiamo segnato all’andata, sì?) la palla sfugge persino di mano ad Andrenacci ed è urlo, semplicemente. Urlano i nostri in campo, urlano quelli in panchina mentre si catapultano in campo anche loro ad abbracciarli, urlano i tifosi rossoblù sugli spalti, urlo pure io – tra la gioia di un altro gol salvezza e la rabbia che ho raccontato nella prima parte.
Il resto è cronaca nera, di invasioni e bombe carta.
Al triplice fischio le squadre non avevano ripreso a giocare (SkySport racconta che Rigione e Karacic sarebbero venuti alle mani negli spogliatoi ed espulsi entrambi): l’uno a uno cambierà pelle e diventerà tre a zero per noi, ma quello che conta è che siamo ancora in serie B.

* * * * *

Ne ho ancora tanto, ma per stasera amen.
la proverbiale fortuna del padrone è riuscita in un’altra impresa da fantasma del descenso: mandare in serie C una squadra con organico da playoff che da quasi quarant’anni veleggiava tra A e B. I bresciani temevano il playout perché dicevano che gli toccava giocarlo contro (testuale) il Real Madrid delle salvezze impossibili: comincio a pensare che avessero ragione.
Sento i clacson dei festeggiamenti dalla strada: stavolta non mi unisco. Sono felice per me, per il Cosenza e per i tifosi che festeggiano (ancora di più per quelli a Brescia stasera), ma la maledetta rabbia di fondo resta: ancora una volta ci aggrappiamo a non si sa cosa, ancora una volta ci riduciamo ai Santi, ai pali, al gol al 95′, ai playout, a qualunque cosa – tutto per non degnarsi nemmeno per sbaglio di fare le cose per bene, una buona volta.
Non festeggio, pur essendo felice – perché sento che non si farà nulla, nemmeno nei mesi che ci aspettano e nella stagione che verrà, per evitare di soffrire così. No, ti sbagli, stavolta non può permettersi di fare errori, stavolta lui... oh, già vi sento.
Vabbè, dai, per stasera godiamoci l’ennesimo miracolo.

NubeDT

4 pensieri su “PRIMA E DOPO LA GARA DELLA MORTE

  1. Giustiziere rossoblu

    Adesso però cara bandiera rossoblu ci dovete fare il favore di cominciare la battaglia GUARASCIO VATTENE
    mi raccomando, abbiamo solo voi per gridarlo

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