​#96 WAITING FOR THE BARBARIANS: CITTADELLA

Non ci siamo, proprio no! Dopo il derby perso a Catanzaro tutto l’ambiente si aspettava una netta reazione della squadra per dare un colpo di spugna alle polemiche e dimostrare che nella partita del Ceravolo si era verificato solo un incidente di percorso che, per quanto brutto – i derby si sa, lasciano sempre ferite profonde ed aprono il campo agli sfottò degli avversari più odiati, sportivamente parlando -, avrebbe dovuto essere solo questo, un passaggio a vuoto. D’altra parte l’occasione di riprendersi contro la penultima della classe era davvero ghiotta ed effettivamente, alla fine di un primo tempo giocato all’arrembaggio, ma chiuso sullo 0-0 solo per l’ennesimo palo incocciato in stagione da Tutino (è il settimo stagionale: magari è il caso di interessare una fattucchiera?), per una serie di parate di Iannarilli e di sfortunate conclusioni finite di poco a lato dell’estremo difensore ternano, sembrava che una convinta reazione degli uomini di Caserta stesse effettivamente arrivando e che fosse solo questione di tempo ed un po’ di fortuna, ma che la partita si sarebbe alfine conclusa con un risultato certamente a nostro favore. Invece, com’è ormai prassi per il Cosenza 2023/24, dopo avere ammirato la versione Dorian Gray del primo tempo, immancabilmente è arrivata quella negativa e decadente del suo Ritratto, quella della ripresa, un alter ego da paura che trasforma il bello delle prime frazioni di gioco, proponendo una versione diametralmente opposta nei secondi tempi. Questo fenomeno di bipolarismo, di “sdoppiamento della personalità” della squadra non l’abbiamo purtroppo osservato con sgomento nella sola sconfitta per 1-3 dello scorso sabato, ma è ahinoi diventato una certezza col dipanarsi della stagione: il Cosenza dei primi tempi, infatti, ad oggi se avesse concluso le sue partite al 45’, sarebbe secondo in classifica con 28 punti, alle spalle esclusivamente del Parma, che ci precederebbe di una sola lunghezza. Se le gare si fossero concluse alla fine delle prime frazioni di gioco, ne avremmo vinte sette, pareggiate altrettante e persa solo una, con 9 gol fatti ed appena 2 subiti. La classifica dei soli secondi tempi, invece, certifica lo psicodramma di Tutino e compagni, i quali viceversa, se avessero disputato esclusivamente i secondi tempi, sarebbero tristemente quartultimi con 14 punti. Quindi, se le partite si riducessero alle sole seconde frazioni di gioco, beh avremmo collezionato la miseria di quattro vittorie, due pareggi e ben nove sconfitte, con 9 gol fatti e la bellezza (bruttezza) di 15 subiti. C’è una evidente discrepanza che è piuttosto difficile da interpretare e spiegare, perché potrebbe essere dettata da più fattori, come il calo fisico per via di un gioco molto dispendioso a livello atletico; oppure una flessione dell’attenzione, un problema mentale, quindi di concentrazione; oppure la capacità delle squadre avversarie di leggera la gara in corso, di adeguarsi e apportare i giusti correttivi per neutralizzarci ed offendere in modo più incisivo; ovvero, al contrario, l’incapacità per mister Caserta di capire le contromosse avversarie e non apportare i giusti correttivi, le proprie contromisure, rimanendo arroccato su un integralismo di modulo che in tanti gli attribuiscono e che, in chi lo accusa, sarebbe di facile lettura per gli avversari; o, ancora, per l’incapacità dei subentrati a partita in corso, di fornire il proprio apporto alla squadra e mantenere il livello adeguato a quello dei primi tempi. Insomma, una o l’altra motivazione, o tutte assieme, fatto sta che il problema è reiterato ed è stato fatto notare all’allenatore già da tempo, ma evidentemente correttivi non ne sono stati apportati, motivo per il quale ora il tecnico è sulla graticola, pronto ad essere “cotto a puntino” ed a pagare per tutti, anche se i problemi non sono generati esclusivamente da lui e la colpevole assenza della Società (sono anni che predichiamo denunciando la grave mancanza di un Direttore Generale che, in questi frangenti sarebbe essenziale) incide in modo funesto soprattutto in frangenti come questi. Fatto sta che al tecnico non sembra essere concesso più tanto tempo e dovrà inventarsi qualcosa se non vorrà fare le fine dei predecessori che hanno iniziato sulla panchina dei Lupi, in B, nelle quattro stagioni precedenti (a parte Braglia che nella prima stagione ha portato a termine il campionato, dall’anno successivo in poi mai un tecnico che aveva iniziato ad agosto è arrivato a giugno in sella) dovrà inventarsi qualcosa ed invertire la tendenza. L’esame inappellabile, dunque, sembrerebbe già essere quello di domani, impegno da affrontare con tutte le energie possibili e con le armi più affilate se la squadra è con il mister o, in caso contrario per capire se lo avrà scaricato: l’esame di domani è ostico, ha un nome e si chiama Cittadella.

Poco meno di ventimila abitanti; 31 km da Padova, una distanza appena sufficiente ad alimentare la rivalità con i più blasonati cugini biancoscudati; il cuore di una provincia che pulsa lavoro. Ecco Cittadella, con la sua Cinta Muraria, con la Torre di Malta, con il silenzioso vociare di un’oasi felice… Almeno nel calcio, dove i risultati raggiunti da una piccola realtà di provincia, fanno strabuzzare gli occhi e quasi non ci si crede! Chiamarla favola si può, definirlo miracolo però no. Perché se il Cittadella da otto stagioni a questa parte, ogni anno in Serie B salva regolarmente la categoria o arriva stabilmente a ridosso delle prime e si gioca la promozione in massima Serie – e quest’anno non fa eccezione -, è solo il coronamento di un percorso iniziato da tempo e che è frutto della programmazione della proprietà, della sagacia e capacità del suo DS (molti premi e riconoscimenti come migliore della categoria) e della serietà e serenità dell’ambiente tutto. Il merito va ascritto soprattutto ad un signore d’altri tempi, un imprenditore lungimirante che nel lontano 1954 fondò quello che sarebbe diventato uno dei principali gruppi siderurgici italiani: Angelo Gabrielli (scomparso nel luglio 2009), nativo di Covolo di Pederobba – in provincia di Treviso, ma ad appena 30 km dalla cittadina medievale dove nei primi anni ‘50 si era trasferito – che rimane il vero artefice del miracolo Cittadella. O meglio… del modello Cittadella! Parte da molto lontano la storia del coinvolgimento nel calcio dei Gabrielli, cioè quando l’imprenditore fondatore dell’impero di famiglia, di cui tratteremo a breve, nel 1966 diventa prima dirigente e poi l’anno successivo presidente dell’A.C. Olimpia, una delle due squadre della cittadina veneta (l’altra era la Cittadellese) rimanendoci per un totale di sette anni. Nel 1973, a causa dei debiti che le due società Olimpia e Cittadellese avevano, Gabrielli propone ed ottiene di fondere le due squadre dando vita all’attuale Associazione Sportiva Cittadella. Da quel momento, partendo dai dilettanti ma con una crescita graduale e paziente, fatta di tanto lavoro e lungimirante programmazione (se i Gabrielli facessero dei corsi ad hoc, in tal senso, sarei disposto a pagarne la retta a favore di Eugenio Guarascio, che avrebbe tanto da imparare su come si fa impresa, su come si fa calcio e soprattutto su come si programma!) e senza spese folli, il Citta è arrivato, lo dicevamo, fino a sfiorare più volte l’approdo in Serie A. Senza spese folli, scrivevamo, nonostante le disponibilità del paperone di Cittadella fossero davvero enormi. L’impero di Gabrielli parte proprio da Cittadella con l’attività di commercializzazione da magazzino di laminati mercantili, tubi e lamiere. Un ventennio dopo, negli anni settanta, la società che nel frattempo si era spinta fortemente nella lavorazione delle lamiere da coils, assume la denominazione di Siderurgica Gabrielli S.p.A. Le scelte di politica aziendale consolidarono la realtà industriale grazie ai risultati ottenuti dalla Divisione Lamiere Grosse, fondata nel 1988 e specializzata nella lavorazione e commercio delle lamiere grosse da treno quarto. Nel 2006 gli stabilimenti vengono ampliati ulteriormente, portando la superficie coperta fino agli attuali 54.000 mq. Nel 2013 La “Siderurgica Gabrielli S.p.A.” cambia denominazione, semplicemente, in “Gabrielli S.p.A.” e fonde per incorporazione la società “Angelo Gabrielli” (magazzini prodotti lunghi). Oggi, attraverso i tre rami aziendali – Divisione Coils, Divisione Lamiere Grosse e Divisione Lunghi la Gabrielli S.p.A. ha raggiunto una capacità produttiva e distributiva di circa 500.000 tonnellate/anno. Il core business del Gruppo Gabrielli consiste nell’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti siderurgici grazie alla collaborazione di circa 1.300 dipendenti. Gli stabilimenti, collocati tutti nel nord-est d’Italia, hanno una superficie coperta (complessiva) che supera i 230.000 m² ed il valore della produzione sfiora gli ottocento milioni di euro annui. Quando nel 2009 papà Angelo è passato a miglior vita, le redini di azienda e Club sono infine passate nelle mani del figlio Andrea Gabrielli, diventato, quindi, presidente dell’A.S. Cittadella, del Gruppo industriale e della SO.FI.DA. (Società Finanziaria Distribuzione Acciaio).

Scrivevamo in precedenza come una delle componenti fondamentali del duraturo successo del Citta sia anche la dirigenza tecnica, in particolar modo grande merito va ascritto alla figura dell’attuale DG del sodalizio granata ed a tutti gli effetti anche DS (carica a lungo ricoperta in passato) in pectore, tant’è che questo ruolo, ufficialmente, manca nell’organigramma dei veneti. Stiamo parlando di Stefano Marchetti, dal 2000 (primo anno di cadetteria per i granata) ininterrottamente a capo del progetto tecnico, un’istituzione al Cittadella, l’uomo di riferimento della famiglia Gabrielli (prima il padre Angelo e adesso il figlio Andrea), colui il quale ogni anno è capace di ricostruire una squadra e di rendere talvolta durissima la vita alle “big” del torneo cadetto, torneo che grazie alle sue intuizioni nel corso dei suoi quasi 24 anni di attività, ha garantito alla Società patavina per ben 17 volte. Un professionista, Marchetti, capace di sfiorare per ben due volte anche la serie A, sfumata l’ultima volta la primavera del 2021, dopo la doppia finale playoff disputata contro il Venezia e due anni prima in un altro doppio derby, giocato nel 2019 contro l’Hellas Verona. Impegnato prima di tutto a coltivare giocatori, quelli allevati nel vivaio e quelli pescati in giro nelle serie inferiori, ovvero quelli con forti motivazioni da rilancio, reduci da annate storte, il 60enne Direttore Generale nativo di Fontaniva, comune di settemila anime ad appena 4 km. di distanza dal Tombolato, ha Cittadella nel cuore ed il suo attaccamento alla compagine patavina lo ha portato a declinare offerte da squadre importanti, come nel 2017 da un Chievo all’epoca ancora in Serie A o, un paio d’anni fa dal Parma del miliardario americano Krause. Marchetti ci ha sempre pensato, ha ringraziato e rispedito al mittente tutte le offerte. “Ho sempre preso in considerazione con grande attenzione tutte le proposte – racconta – ma poi, alla fine, il pensiero era sempre il medesimo: a Cittadella posso svolgere il mio lavoro nel migliore dei modi… penso che sia quasi impossibile fare quello che faccio, altrove, probabilmente non avrei l’autonomia e la forza per difendere le scelte che faccio. Altrove si vedono allenatori esonerati, direttori che vanno e vengono, giocatori senza punti di riferimento e questo spiega anche perché società importanti e che spendono tanto non raggiungono risultati. Qui la società è sana, seria, un modello e quella granata è una splendida famiglia. Non ho alcun rimpianto nella mia carriera”. Una famiglia, dunque, che è sinonimo di continuità e progettualità. Provata anche dal fatto che nei suoi quasi ventiquattro anni di carriera da dirigente responsabile del progetto tecnico, tutti spesi a Cittadella, ha cambiato – costituendo di fatto un unicum, una rarità nel frenetico mondo del calcio tricolore – solo quattro allenatori: prima Rolando Maran, poi Claudio Foscarini, quindi Roberto Venturato e, da ultimo, quello attuale di cui a breve parleremo. Mai un esonero, mai un cambio in corsa. Così pure alla fine di due stagioni fa la Società aveva rinnovato la fiducia a Venturato per quel campionato, il settimo consecutivo, per il quale era peraltro sotto contratto. Ma è arrivata invece la rescissione consensuale, per la volontà del tecnico di non proseguire il rapporto, motivando la decisione col fatto che riteneva di aver dato il massimo e di non essere pronto a ripartire dopo la delusione delle due finali perse – di cui s’è detto in precedenza -, che hanno finito per lasciare il segno. Così è arrivato – o meglio, è rimasto – il quarto allenatore dell’era Marchetti. Prima di trattarne, vale la pena soffermarsi sulla campagna acquisti di quest’anno, la 19a della carriera in granata condotta dal dirigente di Fontaniva (nei primi cinque anni al servizio della famiglia Gabrielli il suo lavoro era concentrato nella segreteria del settore giovanile) ancora una volta improntata a non sbilanciarsi in spese folli, sempre all’impronta dell’equilibrio finanziario, ma che di fatto ha segnato una svolta, tanti sono stati i movimenti di mercato, rispetto ad un passato in cui nella Città turrita venivano inseriti pochi, mirati, innesti.

Quest’anno il Citta dopo essersi l’anno passato un po’ sbilanciato rispetto ai propri standard, chiudendo di fatto il rendiconto complessivo tra acquisti e cessioni in leggero rosso (300mila euro), ma soprattutto segnando la peggiore stagione sul piano sportivo (15o posto e salvezza sudata) dal ritorno in B del 2016, è ritornato al passato, quando la bilancia segnava positivo, per via delle valorizzazioni e cessioni di giovani pescati nelle serie inferiori. Così, grazie alle cessioni soprattutto di Antonucci allo Spezia per 1,7 milioni, ma anche di elementi come Cuppone, Donnarumma, Varela e Asencio, è riuscito a chiudere la finestra di mercato estiva con plusvalenze di quasi un milione e mezzo di euro. Il mercato dei granata, visto gli scarsi risultati dell’anno scorso, stavolta non è stato impostato all’insegna della continuità, quindi confermando in buona sostanza gran parte dell’organico, ma al contrario ha abbastanza rivoluzionato l’organico con ben 15 partenze (alcune le abbiamo citate, a cui affianchiamo anche quelle altrettanto importanti di Ambrosino, Crociata, Tounkara, Embalo e Felicioli) ed ancor più nuovi ingressi, esattamente 16 nuovi volti in organico senza alcun nome altisonante, arrivati in Veneto per contenere i costi e svecchiare l’organico, tornando dunque alle politiche del passato, quando il Club andava a pescare tra prospetti delle serie inferiori o vere e proprie scommesse. Tra queste annoveriamo pure due ex rossoblu come Luca Pandolfi ed Emil Kornvig, arrivati entrambi nel Club di Gabrielli a titolo definitivo. Come a titolo definitivo sono pure arrivati i più esperti Pittarello (a, Cesena), Tessiore (c, Triestina) e Carissoni (d, Latina), lo svincolato ex Pordenone Stefano Negro ed i giovanissimi Angeli (d, 20 anni Bologna), Sottini (d, 21 anni Inter), Rizza (d, 20 anni Empoli), Amatucci (c, 22 anni Montevarchi), Sanogo (a, 19 anni Pesaro) e la stellina Cassano (a, 20 anni Roma). A questi si aggiungano Veneran e Cecchetto, integrati dalla Primavera granata, l’unico prestito Federico Giraudo proveniente dalla Fenice Amaranto (ex Reggina) ed il rientrante dal prestito al San Giuliano City, Nicholas Saggionetto. Tutte operazioni realizzate con esborsi sempre molto contenuti, fattore certificato dal fatto che i veneti sono sempre quelli che hanno – anche quest’anno – il monte ingaggi più basso della B. Ovviamente senza lesinare quando si tratta di investire sulla rete scout che aiuta a scovare i migliori giovani talenti nelle serie inferiori, così come sul pagamento dei cartellini alle società di provenienza dei prospetti individuati (altre fondamentali differenze con il nostro derelitto Cosenza – a parte pochi, isolati, casi). Quindi, se è vero che il l’impegno economico sugli stipendi è alquanto contenuto (arriva a poco più di quattro milioni e mezzo, con i premi e ingaggi al massimo – fatta qualche debita eccezione – di 80.000 euro netti) non è altrettanto vero che il budget in generale è altrettanto parsimonioso, perché quando si tratta di investire sulle – affidabili – giovani promesse, il presidente Gabrielli non esita a fidarsi del suo DG ed a mettere mano al portafogli (l’abbiamo appena scritto che la maggior parte dei nuovi acquisti, sono arrivati a titolo definitivo). Altri elementi essenziali al successo del modello Cittadella sono, senz’altro un settore giovanile che vanta ben sedici squadre, da coltivare e da cui attingere risorse (gli integrati in prima squadra Veneran e Cecchetto che abbiamo citato, ne sono un esempio tangibile), oltre a cinque femminili; contribuisce tanto anche l’ambiente che non mette particolari pressioni e lascia lavorare serenamente il gruppo squadra; poi, non meno importante, il fatto che ci sia un forte sistema identitario (una grande famiglia, così la definisce il presidente) che permette ad ogni componente di crescere professionalmente e di realizzarsi all’interno del Club, senza cercare fortuna altrove. Così, lo abbiamo scritto in precedenza, ha fatto ad esempio lo stesso Marchetti, che ha sviluppato l’intera propria carriera da dirigente tra i granata, ma altrettanto era stato in passato per Foscarini, Venturato e così è pure per l’attuale allenatore in carica.

Dicevamo di progettualità e continuità, ebbene la Società ha seguito questo canovaccio pescando in casa, coerentemente, l’allenatore del nuovo (si fa per dire, perché è già alla sua terza stagione da allenatore in prima) corso e facendo ricadere la scelta già da un paio d’anni su Edoardo Gorini, promosso a capo dello staff tecnico (primo allenatore) con Roberto Musso a sua volta promosso da collaboratore tecnico a secondo allenatore, con l’intento di salvaguardare e mantenere il modulo, l’idea di gioco e la mentalità che ha guidato in questi anni il Citta. Continuità, appunto! Questo modo di operare, secondo il presidente Gabrielli, garantirà ai granata “di valorizzare uno degli staff tecnici più validi a livello nazionale, uno staff che, oltretutto, conosce perfettamente la realtà del Cittadella“. Valorizzazione, un’altra parola chiave dal contenuto significativo da quelle parti, che significa far crescere i propri uomini di fiducia e creare un ambiente di sintonia, oltre che di professionalità, quindi d’intesa. Ed il lungo tempo speso a lavorare assieme cementa il gruppo. Gorini è granata dal 2007 (per 6 anni come calciatore, per i restanti 10 nello staff tecnico, dove ha fatto tutta la gavetta fino a diventare primo allenatore), il vice Musso dal 2000, il preparatore dei portieri Pierobon – cittadellese doc – da una vita, il preparatore atletico Redigolo da vent’anni, il collaboratore tecnico Donazzan da dieci e di Marchetti abbiamo ampiamente detto. A tal proposito, il pensiero di Gorini è illuminante: “La cosa bella di conoscerci da così tanto tempo è che viene tutto naturale, con leggerezza, siamo prima di tutto un gruppo di amici. Ognuno sa ciò che deve fare e lo fa al massimo perché sa che il collega, alias amico, accanto a lui farà lo stesso e con altrettanta dovizia. E’ una Società che ha dei valori importanti, che ha costruito una struttura solida attraverso poche e semplici regole: lavoro, rispetto e armonia. Al Citta c’è davvero possibilità di fare calcio, perché ti lasciano sbagliare, ti danno fiducia, in primis sotto il profilo umano. E quando percepisci armonia nell’ambiente, lavori meglio…”. Veniamo dunque al lavoro del tecnico 49enne (50 il prossimo 28 febbraio), veneziano di nascita che, in continuità con il suo predecessore abbraccia a sua volta il 4-3-1-2, il cosiddetto rombo, fatto di tanto pressing alto e verticalità, con la squadra sempre compatta, che esprime un gioco veloce ed è bella da vedere. Nella sua idea di calcio non bisogna concedere spazi, è vitale rubare palla nella metà campo avversaria per verticalizzare e far subito male. Ciò che non ama è il possesso palla in sé, da lui giudicato sterile, per cui nel suo credo si deve giocare il pallone sempre in avanti, senza fraseggiare all’indietro e senza paura di sbagliare una verticalizzazione o un dribbling. Ai suoi uomini chiede sempre di tentare la giocata. In questo modo, sostiene il trainer granata, “si diverte il pubblico e si divertono pure i giocatori, che così rendono pure di più”. La squadra in fase di possesso palla spesso si dispone con un 3-4-1-2, i due esterni bassi sono dotati di ottime doti atletiche e non è raro trovarne uno dei due sulla linea dei centrocampisti a supportare lo sviluppo dell’azione. Quando non si riescono a trovare le giuste linee di passaggio nella zona centrale di campo i tre attaccanti si dispongono in linea ampliando così il fronte d’attacco. La costruzione in genere parte dal basso, con i due centrali a manovrare l’azione. A volte si cerca un giro palla per consentire di far allargare la squadra avversaria al fine di togliere la marcatura ad uno dei centrocampisti, che quasi sempre è a supporto dei centrali nella costruzione dell’azione. E’ in particolare Branca (se non Danzi) ad abbassarsi, ma il più delle volte questo movimento è finalizzato a farsi seguire dal marcatore e liberare campo per uno dei due centrali e permettergli di avanzare e sviluppare l’azione. Quando succede che la squadra avversaria attua una forte pressione sui due centrali il Cittadella si affida o ai i due esterni bassi per la costruzione e la successiva giocata è sul centrocampista di zona che nel frattempo si è allargato sulla linea laterale. Oppure ad una costruzione “alta” con il portiere Kastrati che gioca sulla “spizzata” di Pittarello, Maistrelloo Pandoli. Se l’azione si sviluppa con una costruzione dal basso i granata principalmente adottano due giocate che si alternano e dipendono molto dallo schieramento avversario. Lo sviluppo maggiormente utilizzato coinvolge le fasce laterali: quando la palla arriva ad uno dei due esterni il centrocampista in zona forte si allarga sulla linea laterale a creare una catena. Questo movimento ha lo scopo di garantire un appoggio per il terzino ma anche di attirare su di sé un marcatore (spesso l’esterno avversario) creando spazio o per una giocata verticale, centrale, o per sfruttare un taglio dell’attaccante nello spazio lasciato libero alle spalle del terzino avversario. Altra giocata che parte sempre dai piedi dei due centrali di difesa è la verticalizzazione centrale sul trequartista (nel abbiamo apprezzato spesso Cassanoo, talvolta, anche Baldini). La giocata inizia con Branca o Vita che “fintano” di abbassarsi per contribuire alla costruzione, ma spesso lo scarico è sul centrale opposto a quello deputato all’impostazione, liberando così lo spazio per avanzare e giocarla verticalmente sul trequartista. Quest’ultimo, spesso marcato e impossibilitato a girarsi, scarica su uno dei tre centrocampisti che a loro volta cercheranno l’assist immediato in profondità, sullo spazio, sfruttando i tagli delle punte. Le rapide verticalizzazioni che il Cittadella attua non impediscono alla squadra di creare un’elevata densità in zona di rifinitura e in area di rigore. Questo è sicuramente possibile anche grazie all’ottima capacità atletica di tutta la squadra ed all’età media di una rosa che come abbiamo visto è molto giovane. Sfruttando le catene esterne e il gioco in profondità degli attaccanti negli spazi che si creano tra i centrali e gli esterni avversari, la squadra di Gorini arriva spesso al cross o al traversone. Uno dei punti di forza della squadra è appunto la grande partecipazione corale degli effettivi alla fase offensiva (con anche il coinvolgimento dei terzini che si sovrappongono spesso); in area di rigore avversaria sono di sovente presenti almeno quattro giocatori e non meno di uno o due vi si trovano appena fuori, pronti a giocare sulle seconde palle. Questo coinvolgimento è risultato anche delle qualità di inserimento che sono comuni a tutti e tre i centrocampisti. Micidiale, il Cittadella, in transizione positiva perché essa si deve, secondo i dettami di Gorini, trasformare velocemente in ripartenza, con verticalizzazioni veloci e quasi sistematiche. Il pressing è ben coordinato e viene fatto nella metà campo offensiva, con la squadra che cerca di chiudere tutte le linee di passaggio per orientare la giocata avversaria. Gli attaccanti sono rapidi, molto abili negli smarcamenti preventivi e nel gioco sullo spazio, cercano di sfruttare tutta l’ampiezza del fronte d’attacco lasciando ai centrocampisti gli spazi per gli inserimenti centrali. La squadra, in fase di non possesso palla, è molto compatta e reattiva anche sui raddoppi, con i reparti molto vicini e la partecipazione di tutti gli undici in campo. La prima linea di pressione è affidata ai due attaccanti ed al trequartista che mantengono lo scaglionamento tra punte (in pressione sui due centrali) e rifinitore, molto spesso quest’ultimo funge da marcatore sul centromediano metodista avversario. Questa scelta costringe l’avversario il più delle volte o a cercare una costruzione bassa partendo dagli esterni o una costruzione alta. Obiettivo primario della prima azione difensiva è però quello di indirizzare la costruzione avversaria sugli esterni. E’ qui dove il Cittadella riesce a interpretare al meglio la transizione negativa ed è in questa zona che avviene il pressing per cercare di riconquistare la palla. Quando gli avversari giocano sugli esterni, essi vengono pressati in tempi molto rapidi dal centrocampista di zona, e con altrettanta rapidità gli altri due centrocampisti stringono scaglionandosi e creando anche tre linee di difesa. Al fine di non concedere completamente il lato debole agli avversari uno degli attaccanti arretra offrendo allo stesso tempo un’alternativa per un eventuale ripartenza. Nel caso in cui la squadra avversaria opti per una costruzione alta molto spesso però è Pavan (o Frare, Negro, Cecchetto a seconda di chi viene schierato tra i centrali di difesa) ad uscire, cercando l’anticipo sull’avversario, mentre dietro a lui i due terzini e l’altro centrale si stringono a coprire. Questo avviene anche se gli avversari riescono a superare il forte pressing e a varcare la metà campo. Come si sarà capito, da quanto finora detto, il vero punto di forza di questa squadra che fa dell’intensità e del recupero palla immediato due pilastri fondamentali è la transizione negativa. Se la palla è persa nella metà campo avversaria viene attuato un forte pressing finalizzato alla riconquista immediata della stessa. Ciò permette, in caso la pressione abbia esito positivo, di trovarsi in zona d’attacco con almeno cinque uomini. Se la palla invece è persa nella propria metà campo, la difesa rincula velocemente per cercare la miglior copertura della porta, quindi, una volta assicurato ciò, eventualmente torna a riattaccare il possessore di palla avversario. In conclusione, si tratta di una squadra che, a dispetto di un organico che apparirebbe all’occhio profano senza elementi di grande valore, ha in realtà una posizione in classifica (ben sei lunghezze sopra il Cosenza) che certifica come sia dotata di meccanismi molto efficaci, un organico ben messo in campo ed in grande condizione atletica, che pratica un gran calcio fatto di pressing alto e che sa costruire e ripartire molto rapidamente e per vie centrali.

Il “Sitadea” schierato da Gorini con il rombo

Entriamo ora nel dettaglio delle scelte che Gorini potrebbe fare domani per quanto concerne gli uomini da schierare in campo, secondo il suo collaudato rombo 4-3-1-2. A difesa dei pali non abbiamo dubbi che venga schierato il pipelet albanese Elhan Kastrati, colui che in rosa ha il cartellino dal valore maggiore (1,5 milioni di euro), che con la sua Albania si è qualificato per le fasi finali di Euro 2024, dove nel girone giocherà contro l’Italia di Spalletti. Davanti a lui la scelta dei due centrali dovrebbe ricadere su Pavane Negro, con Frare che da quando ha trovato lo sfortunato autogol contro il Brescia, non ha più giocato da titolare: sarà un caso? Ancora più chiara dovrebbero essere le scelte di Gorini riguardo i due esterni, per le cui posizioni vedrebbero impegnarsi a destra Salvi, mentre sull’out opposto di sinistra potrebbe tornare Carissoni più che Giraudo, anche se quest’ultimo si è più che ben disimpegnato in quel di Piacenza contro la FeralpiSalò. In mediana i tre che dovrebbero essere chiamati a formare la linea di centrocampo con ogni probabilità saranno: Vita mezzala destra (con l’ex Kornvig pronto a subentrare a gara in corso); il play sarà senza ombra di dubbi il capitano, Branca, poiché da vertice basso del rombo, è colui che è in grado di dirigere la squadra, dettare i tempi soprattutto del pressing, tenere alto il baricentro della squadra e fare grande opera di raccordo tra attacco e difesa; infine la mezzala sinistra, dopo la prova opaca nell’ultima gara da parte di Amatucci potrebbe vedere tornare protagonista sin dal primo minuto Carriero (ma una chance, lì, se la può giocare anche Danzi). In attacco Gorini potrebbe aver trovato la formula giusta con la collocazione sulla trequarti, come vertice alto del rombo, quindi vero collante tra centrocampo ed attacco, del giovane Cassano, davanti al quale il duo d’attacco potrebbe tornare ad essere quello formato da un ex che potrebbe avere il dente avvelenato nei nostri confronti, come Pandolfi che sta per giunta attraversando un momento di particolare stato di grazia nella sua stagione (uomo con più segnature tra i suoi, 3, va a rete da tre turni di fila, condite pure da un assist), il quale potrebbe essere affiancato da Pittarello (2 gol stagionali per lui). Ma attenzione, perché hanno buone chance di far parte della gara anche elementi come Maistrello e Magrassi (anche loro a quota 2 realizzazioni stagionali ciascuno) e Baldini. Bisognerà prestare attenzione, perché il Citta, lì davanti non dà troppi punti di riferimento, tant’è che per i suoi 18 gol stagionali finora messi a segno, ha visto come realizzatori ben 11 elementi: il che significa che, con gli schemi di Gorini, chiunque può arrivare finalizzare.

E’ ora di chiudere e, come al solito, lo facciamo con le notizie di servizio e le curiosità. Intanto vediamo il pronostico e chi è favorito secondo i bookmakers: i quindici siti di scommesse analizzati ci danno tutti per spacciati, nonostante le due squadre siano rispettivamente 7a (Cittadella) e 9a (noi) in classifica, le due squadre abbiano un’analoga differenza reti, pari a 0, loro, con 18 gol fatti e altrettanti subiti, +1 noi, con 18 reti all’attivo e 17 al passivo. Tuttavia c’è da dire che mentre i veneti vengono da un periodo di forma che li vede vittoriosi da ben 4 gare di seguito, noi sappiamo invece che ne abbiamo perse due di fila. Pertanto, il segno 1 che sancirebbe l’affermazione sul campo degli uomini di Gorini, è pagato da un minimo di 1,76 (che tradotto per i non avvezzi al mondo del betting significa vittoria molto probabile per i padroni di casa) ad un massimo di 2,15; il pari, quindi il segno X, viene dato da un minimo di 2,38 fino a 3,20; infine il 2 con la vittoria fuori casa di Micai e compagni verrebbe pagato abbastanza bene, con oscillazioni che vanno da un minimo di 3,25, per spingersi a riconoscere allo scommettitore fino a 3,75 volte la posta giocata. Ci auguriamo, ovviamente, che si sbaglino, anche se c’è da sottolineare un altro dato che non lascia sonni tranquilli a noi tifosi rossoblu: in premessa, abbiamo parlato delle carenze nell’aspetto caratteriale della squadra di Caserta la quale non solo, come abbiamo visto, si trasforma tra primi e secondi tempi, ma non è quasi mai in grado di recuperare il risultato, allorquando si trova in svantaggio. In stagione ciò è successo per sette volte (con Modena, Brescia, Südtirol, Cremonese, Sampdoria, Catanzaro e Ternana) ed in sei circostanze, escludendo il rocambolesco pari agguantato al 99’ da Mazzocchi contro il Südtirol, sono arrivate altrettante sconfitte. Per contro, il Citta ha il record di punti fatti da situazioni di svantaggio: nessuno come i granata in B, considerato che nelle 9 partite in cui si sono trovati sotto, alla fine sono riusciti a recuperare portando a casa la bellezza di 11 punti (tra vittorie e pareggi) dimostrando che sono una squadra di temperamento, che sa reagire e colpire gli avversari che, quando passano in vantaggio, magari mollano sul piano mentale (e noi siamo campioni in questo: occhio!). Per quel che concerne i trascorsi dei bruzi opposti ai granata in territorio veneto, sono sette le occasioni in cui le due squadre si sono affrontate nella città turrita, con i precedenti in perfetta parità: due vittorie per i rossoblu, due affermazioni del Sitadea e tre pareggi. Fu proprio un pareggio l’ultima gara tra le due squadre giocata in Veneto, quella del 27 novembre 2022, gara finita per 1 a 1 dopo che i Lupi erano passati in svantaggio con un gol di Antonucci per i padroni di casa a cui rispose Brignola per il definitivo pareggio. Gli ex della gara di domani saranno tre: oltre ai già citati Pandolfi e Kornvig tra i granata figura dall’anno scorso anche Andrea De Poli che, dopo 6 anni da segretario generale per la Società di Guarascio, nel giugno dell’anno passato si è trasferito in Veneto alla corte di Gabrielli. A dirigere Cittadella Cosenza, domani sabato 9 dicembre alle ore 14.00 allo Stadio Pier Cesare Tombolato, è stato designato il Sig. Kevin Bonacina della sezione di Bergamo, coadiuvato dal 1° assistente Sig. Affatato della sezione Verbano-Cusio-Ossola, dalla 2a assistente Sig.ra Trasciatti di Foligno, dal IV ufficiale Sig. Bozzetto di Bergamo, quindi dal Sig. Irrati di Pistoia al V.A.R., il quale avrà come A.V.A.R. il Sig. Paganessi di Bergamo. Ad assistere alla partita non dovrebbe esserci il pubblico delle grandi occasioni, per cui ci si attende che il Tombolato si riempia per circa la sua metà, rispetto alla capienza di 7.623 spettatori. Tuttavia, a sostenere Caserta ed i suoi, ci saranno comunque circa 450 lupi al seguito (il sottoscritto compreso), praticamente in numero leggermente superiore alle presenze fatte registrare nell’impianto di Via Angelo Gabrielli la scorsa stagione. Non mancherà per i Lupi calore e colore, come di consueto quando si parla di Cosenza in trasferta.

Non aggiungiamo altro, se non un doveroso e sentito Jamu Lupi!

Sapiens

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