LA MEMORIA DEL LUPO

Secondo stime ritenute persino prudenti, Cosenza – nell’ipotesi in cui più ci si tiene stretti – avrebbe circa 2800 anni di storia (VIII – IX secolo a.C.), scivolando quindi come un quinto di centrocampo verso i tre millenni da che il sole, splendendo su questi cieli, illumina una comunità urbana. E se ci si ferma a 2800 anni è solo perché non si ha traccia alcuna di quanto accaduto prima, disperso nelle nebbie di un tempo troppo lontano per non essere immemore: nessuno si aspetti di trovare alcunché circa la Fondazione della città, avvolta nel mistero (quando? Per mano di chi?) di una preistoria dei popoli italici che forse mai nessuno dipanerà.
Gli archeologi oggi più seguiti la identificano con l’antichissimo villaggio di Kos (o Cosa, o Cossa), nome che suona greco ma origini certamente italiche, di cui alcune monete sono esposte al prestigioso British Museum. E probabilmente Kos la chiamavano anche i conquistatori Bruzi, dopo averne fatto la loro capitale intorno al 356 a.C. – certo non Consentia, il nome che le davano i Romani, che al tempo erano il nemico. I Bruzi non parlavano latino, bensì osco.
Fui dei Bruzi capitale / dominai su molte terre
Fui di Roma la rivale / combattei in molte guerre…

Noi sì, noi la chiamiamo Consentia – probabilmente dal consensum, la confluenza dei due fiumi nelle cui acque scorre la nostra storia. Noi sì, nonostante non sia nella nostra antica lingua. Noi sì che la chiamiamo Cosenza, il nome con cui la amiamo – e in fondo nelle nostre vene scorre da quei millenni già il sangue di Roma, in cui l’elemento bruzio si è ormai totalmente diluito.


Evidentemente, chi ha troppa storia da portarsi in giro non ha abbastanza memoria.
Quasi tremila anni, no? Si fa fatica a tenere in mente tutto.
In questa città da molto tempo la memoria fa seriamente difetto. Eventi, personaggi, situazioni si sfocano appena trascorre qualche anno – talvolta qualche mese – da quando erano cronaca. Sarà un effetto collaterale dei millenni, mi dico. Così i ricordi subiscono processi strani, spesso artificialmente indotti da chi ha tutto l’interesse a far ricordare le cose in un altro modo.
Prendi Pagliuso, toh: chiunque può avere l’opinione che più gli aggrada sull’ex presidente, ma non è paradossale farlo passare per salvatore di quella stessa patria che in mano sua è già affondata due volte? Capirà di calcio, sarà un grandissimo tifoso, sarà un passionale, sarà amabilissimo – tutto quello che si vuole, ma che sia stato tragicamente il protagonista negativo di ben due radiazioni del Cosenza dal calcio, con conseguenti fallimenti, dovrebbe essere dato oggettivo. Poi si può tranquillamente ritenere che se oggi riprendesse in mano le redini del calcio cosentino lo porterebbe in serie A e pure in Europa, ma sembra davvero un po’ troppo non ricordare che… no, vabbè: fermiamoci qui con lui o partirebbe la sfilza di Carraro, Della Valle, la Fiorentina, il decreto salvacalcio, era in carcere, se ci fosse stato lui, e poi in fondo ci ha fatto vedere 76 anni di serie B e tutti quei campioni. No, vabbè, quali campioni? Forse Scaringella, Tiberi, Varricchio, Andreolli, Zunico tornato dalla pensione, Biagioni in forma fisica da Eccellenza, e tutti quei fuoriclasse ingaggiati solo perché non costavano nulla, a prescindere dalla loro qualità? Questi campioni? No, no, ricordati che abbiamo visto Batistuta, Effemberg, Toldo (sì, grazie per avermeli ricordati, c’ero anch’io a Cosenza-Fiorentina) e poi segue di solito tutta una serie di altro grandi giocatori, stavolta grandi sì davvero ed effettivamente passati dal San Vito, ma tutti con maglie di squadre avversarie. Abbiamo affrontato la Samp, il Napoli, l’Atalanta… beh, certo, erano retrocesse loro.
E se qualcuno volesse enumerare anche i vari Margiotta (venuto in comproprietà, poi trasformata in prestito al mercato di gennaio tanto siamo già d’accordo con gli amici di Pescara che a luglio ce lo ridanno di nuovo in comproprietà, disse Pagliuso in diretta sugli schermi di TEN: voi lo avete più rivisto con la nostra maglia?), Guidoni, Savoldi, Zampagna, eccetera, vi ricordo che parliamo di calciatori di serie B (qualcuno di loro diventerà tale solo dopo, e quando venne qui era poco più di una promessa): non mi sembra grandissimo merito prendere calciatori di serie B se si deve affrontare un campionato di serie B, anzi – direi che è la normalità.
Altro che Barbera e Marcatti.
Ve lo dico come un padre.


Ma a Cosenza la memoria si annacqua anche per storie vicinissime nel tempo.
Del resto questa è la fortuna di molti: a queste latitudini, che tu sia presidente di calcio, politico o clamoroso svampone di quartiere, puoi fare qualunque promessa, tanto tempo pochi mesi e non se la ricorderà più nessuno – ma intanto ne avrai intascato nel presente i frutti. Forse c’è anche un complesso di modernità: magari da queste parti si ha paura di restare troppo ancorati al passato, di essere considerati indietro, e quindi si corre in avanti.
Ma come, Tizio quando voleva i voti aveva detto tre mesi fa che…
E tu ancora a tre mesi fa pensi? Ancora a tre mesi fa sei rimasto, cavernicolo? E poi non è colpa di Tizio se purtroppo le cose sono cambiate e non si può più.
Già, c’è anche questo: non è mai colpa di Tizio, quando qualcuno si ricorda delle parole pronunciate un tempo. Semplicemente sono cambiate le cose. Diventa persino ingratitudine pretendere che con le cose imprevedibilmente cambiate, le condizioni diventate d’improvviso e senza colpa alcuna avverse, Tizio mantenga quello che aveva detto mesi prima.
Qualcuno ad esempio ancora aspetta lo stadio nuovo. A me il San Vito è sempre andato benissimo così – andrebbe solo curato un po’ di più -, tanto non ce li vedo i cosentini sciamare a portare soldoni nelle casse guardando film nei cinema multisala e pranzando al ristorante dentro lo stadio e cose del genere. Ma qualcuno ancora aspetta, cullato nei suoi sogni dalle parole di sindaco e presidente Guarascio di tre-quattro anni fa, i viaggi a Roma, i rapporti con B Futura, il progetto dello stadio che anche su questo blog abbiamo descritto nel dettaglio, eccetera. Sui social il sindaco negli ultimi tempi, incalzato sul punto, ha gentilmente replicato più o meno che purtroppo le cose sono cambiate.
Ed è uno dei pochi che – certo perché è suo interesse – almeno replica. Altri sono solo infastiditi quando li si pone davanti alle loro parole di prima. E intanto c’è un presidente che è gloriosamente arrivato al record di cinquanta giorni di silenzio – e non certo sull’argomento stadio.
E le minacce inquietanti rivolte a Occhiuzzi, Corsi, Carretta? Quelle che qualcuno giurava di aver visto? Quelle che ci hanno fatto passare come una tifoseria di ingrati infami? Scivolati che sono i quinti (pardon, i quartultimi) in serie C, il silenzio anche su quella storia. Io di minacce ne ho viste con questi occhi, però messe nero su bianco da un parente delle vittime sulla sua pagina facebook, cosentini i 4 sordi, faciti meno i wappi supa su facebook ca manu a manu vi fazzu canuscia tutti l’ospedali da Calabria e non solo minkù, e hai voglia a cancellarle subito, meritoriamente pentito: su internet hai dieci secondi per cancellare la stupidaggine che hai scritto – dall’undicesimo secondo in poi – ormai qualcuno ha fatto uno screenshot e, tecnicamente parlando, sono c$$?§ suoi.
Ecco, quelle minacce del parente di una delle vittime io personalmente le ho viste, hai voglia di cancellare. Delle altre, quelle per cui è scoppiato un mezzo scandalo (siamo una tifoseria di m€%&£, come ci permettiamo di scrivere certe cose a Occhiuzzi, minacciando lui, i suoi figli e i figli dei suoi figli fino alla dodicesima generazione?) – mai nemmeno una virgola – silenzio tombale ancora oggi.
Ma insomma, pure per non coinvolgerci tutti, chi, come e quando ti ha minacciato? Macché, niente, rien de rien. Anzi, guai a chi ne parla – e in caso proprio se ne dovesse parlare – guai a chi ne dubita. Ma sempre tenere a mente la lezione più importante: a Cosenza non avere memoria conviene.
Quantomeno non fai domande scomode, ti adegui all’omertà pretesa per consentirti in cambio il quieto vivere e nessuno comincia a tentare di capire chi sei e cercarti in giro per la città, con intenzioni tutte sue.

NubeDT

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