IL SILENZIO DEGLI INCOSCIENTI

Non è morto ciò che in eterno può attendere,
E col passar di strani eoni anche la morte può morire.

Abdul Alhazred, Al-Azif (Necronomicon)


Le settimane passano, diventano addirittura mesi. Io lo so cosa pensa, il povero tifoso: lo so perché non posso dimenticare che il povero tifoso sono io. Io, esattamente – come chi mi legge – ci casco ancora, ci casco sempre. Specialmente quando arriva l’estate, anche a luglio-agosto in spiaggia, mi sveglio con la speranza che nella notte sia successo qualcosa mentre dormivo e corro a controllare.
Mi ricordo ancora l’estate di due anni fa, quella che precedette la stagione 2019-2020, l’anno del miracolo: ci mancava un centravanti, ci mancava la speranza, ci mancavano i buoi (e andavamo cercando le corna). Tutte le mattine, puntuale, alle nove e mezza nel giardino di casa o addirittura in spiaggia, anziché pensare a fare il bagno mi connettevo via cellulare in religiosa attesa che in diretta dal calciomercato i giornalisti locali spediti a Milano annunciassero finalmente l’ingaggio sospirato del nuovo attaccante, per presentarci in maniera decente all’inizio della nuova stagione.
I giorni passavano e non succedeva nulla. In collegamento si dicevano giorno dopo giorno le stesse cose: Braglia, orfano di Okereke e poi di Embalo – che si scelse di non ingaggiare nonostante fosse svincolato perché d’ingaggio costa troppo – evidentemente voleva a tutti i costi un africano (manco fossero tutti uguali, che basta la pelle nera e via: se fosse così, anche Precious Monye sarebbe stato un calciatore), così Trinchera si arrabattava a destra e a manca chiedendo in giro Cissé, Mokulu, Mbakogu (sì, proprio lui), Nzola, calciatori peraltro non propriamente uguali tra loro né propriamente simili tecnicamente e tatticamente a Okereke, però oh, erano neri.
Più che una campagna acquisti sembrava la tratta degli schiavi dei secoli andati.
Si tentò anche un’incursione in Centroamerica con Acosty, costaricano che all’epoca militava in Croazia e Braglia aveva già allenato a Castellammare: i croati di cartellino volevano 700mila euro, Trinchera secondo i giornalisti aspettava che abbassassero le pretese: nessuno ebbe il coraggio di dire che il Cosenza – pardon, Guarascio – aveva intenzione di pagargli solo l’ingaggio e quindi i croati dovevano abbassare il costo del cartellino fino a zero euro, non si capisce perché.
E i giornalisti giorno dopo giorno, in collegamento diretto da Milano, puntualmente ripetevano il solito mantra: i prezzi degli attaccanti di serie B sono troppo alti, il Cosenza non può / vuole permetterseli (del resto si potrebbe dire più o meno lo stesso degli attaccanti di serie C: almeno i migliori, totalmente al di fuori dei proverbiali budget di spesa imposti da Guarascio), l’attaccante verrà l’ultimo giorno di mercato quando tutti hanno paura di restare senza squadra e abbassano le pretese. E mi spiace per quei giornalisti che oggi si smarcano, ma allora ricordo bene che lo dicevano convinti e giustificavano questo modo di agire della società.
Poi l’ultimo giorno di mercato venne, ma l’attaccante no: ci fu l’incredibile telenovela Nzola col Trapani, col retroscena passato sotto silenzio di una quasi rissa tra Trinchera e i dirigenti siciliani in quel di MIlano, ci fu l’umiliante rifiuto di Rosseti (benedetto col senno di poi), ci fu il balletto sul filo dei minuti per Tupta. Infine, solo una rivolta della tifoseria inferocita e l’amicizia personale di Lazaar (più utile come DS aggiunto che come terzino sinistro) compì il miracolo che, insieme allo stop per la pandemia, fece conquistare al Cosenza la più clamorosa delle salvezze: da Marte sbarcò in riva al Crati Emmanuel José Rivière – sempre sia lodato – per il quale ringrazierò sempre Dio, Allah, Visnù, Cthulhu e Azatoth per averlo visto nella mia vita con indosso la maglia del Cosenza.
Notare che nella lista dei ringraziamenti non ho inserito il presidente, al quale non attribuisco il benché minimo merito per aver portato qui il franco-martinicano.


Due anni dopo, le cose stanno molto peggio.
La serie B non c’è più, sfumata per colpa di tutta una serie di elementi che qui non esaustivamente indico, a solo titolo di esempio, come dabbenaggine, scelleratezza, irresponsabilità, menefreghismo e scivolamento dei quinti e mi fermo qui – aggiungete pure voi tutto quello che volete – perché già lo so che l’elenco è per forza di cose incompleto.
La serie B non c’è più, dicevamo, e nemmeno la squadra. Sette elementi in rosa, tra cui due portieri e un rientro dall’ennesimo prestito fallimentare (non è che è proprio la D la dimensione ideale del povero Moreo, sballottolato in categorie più grandi di lui?), mentre devo pure vedere Sciaudone, Legittimo e Petrucci, che inseriti in un organico di serie C lo fanno diventare competitivo per vincere il campionato, andare probabilmente a (con decenza parlando) Catanzaro: perché sì, pure il (con decenza parlando) Catanzaro intanto sta facendo seriamente la squadra per provare a salire in B.
La messianica attesa di un centravanti di due estati fa è diventata la disperata attesa di un segno qualsiasi oggi. Per Dio, ma pure Allah, Shiva, Azatoth e Nyarlatothep, se ci sei batti un colpo, Guarascio. Non c’è manco un direttore sportivo e un allenatore c’è – quello dello scivolamento dei quinti, il cocco di casa che ancora qualcuno si ostina a difendere – ma certo la panchina dei Lupi non è di nuovo destinata a lui (vero???). Non esiste una sola dichiarazione ufficiale, ufficiosa, sotto banco, a mezza voce, non c’è traccia di un minimo spiffero proveniente dalla società. Il nulla. Guarascio si nota esclusivamente quando va a villeggiare a Cetraro o passa da Roma a perorare – secondo i suoi scherani – la causa del Cosenza in FIGC, in ottica clamoroso ripescaggio in cadetteria.
Per inciso, ci si spera un po’ tutti, anche perché disperazione per disperazione è meglio essere disperati in B che in C, ma al momento le cose stanno al livello e mò mangi.
E Guarascio niente, così come il Cosenza Calcio nella sua interezza di persona giuridica. Niente. Il D’Alema televisivo che Nanni Moretti implorava di dire qualcosa di sinistra almeno straparlava. A noi restano solo queste lunghissime settimane di silenzio assoluto, offensivo e provocatorio (quando ci vuole…), che a me personalmente fanno sentire la mancanza e il bisogno persino di quei ridicoli e patetici presidenti di provincia, che un attimo prima di schiantarsi contro il muro del fallimento (sportivo e/o societario) ancora arringano la piazza millantando obiettivi trionfali e nomi altisonanti da campagna acquisti big.
Guarà, ne ho bisogno, davvero: vai in diretta su TEN e racconta ad Attilio Sabato che hai preso i tre quinti di Giordano per scambiarli con i sette ottavi di Rumenigge ma è solo una finta perché il vero obiettivo è Maradonna Benedetta dell’Incoronéta.


Questo silenzio, l’ho detto, è offensivo e provocatorio.
E aggiungo: non posso ovviamente avere certezze sul punto, ma l’impressione, mi si perdonerà, è che lo sia volutamente. Che il presidente, cioè, scocciato dalla contestazione (del resto, di solito i presidenti che retrocedono per aver voluto risparmiare anche sul Gatorade vengono portati in trionfo…), stia in questo modo punendo una tifoseria che ha osato con ingratitudine non riconoscere i suoi meriti e una classe giornalistica non abbastanza prona quanto la vorrebbe lui (e sono anni che dalla stampa riceve carezze; alla peggio – quando nella sorsa stagione il disastro si stava delineando – veniva compatito con un sorriso, lo sappiamo che Guarascio è così, che ci possiamo fare? Siamo solo giornalisti, in fondo).
Quest’attesa a cui siamo costretti non porterà a nulla di buono.
A cosa è dovuta, punizione a parte? Perché davvero, in qualche modo il Cosenza dovrà pur muoversi. Il povero giapponese nostro ha dichiarato (alleluja!) che la società non aveva diffuso un comunicato circa l’avvenuto adempimento degli obblighi per l’iscrizione al campionato (comunicato che fanno tutte le società del mondo) perché non se ne ravvisava il bisogno, in quanto ovvia formalità. Povero, povero giapponese nostro, povero addetto stampa di Guarascio, quante se ne deve inventare per metterci pezze a colori.
Ma cosa si aspetta, in realtà?
C’è chi dice davvero il ripescaggio: il Chievo è morto, lo ha detto Garritano alla Conad, e poi il trust della Salernitana non sarà mai accettato in FIGC, pure i campani ripartiranno dai Dilettanti e ci lasceranno il posto. C’è chi dice.
C’è anche chi dice che ci siano sottotraccia trattative (serie) di cessione della società. Sapete una cosa? Sì, è vero, ci sono. Qualcosa sappiamo persino noi della redazione del blog, grazie alle nostre poliedriche professionalità che ci consentono di avere infiltrati in posti inimmaginabili. Nulla che ora come ora si possa dire pubblicamente, però sì, le trattative ci sono. Ma è un motivo valido e accettabile per questo immobilismo? Per questo silenzio urtante? Io non credo.
Io credo che Cosenza meriti rispetto, e lo dico direttamente al presidente Guarascio. Per cortesia, presidente, diventa ex e stavolta almeno non tirarti indietro: accetta finalmente le offerte, cedi le quote societarie e togliti da davanti. Vattene da presidente più vincente della storia del Cosenza e scrivitelo pure sui biglietti da visita, se vuoi, ma sparisci da qui. Abbiamo aspettato abbastanza e no, non mi riferisco (solo) a questi ultimi, intollerabili 50 e passa giorni di nulla.

NubeDT

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