​#15 WAITING FOR THE BARBARIANS: PORDENONE

Voglia non ce n’è. Come si fa, infatti, a parlare di prossimo avversario quando la situazione in casa nostra versa in così pessime condizioni? Però, a dispetto dell’ennesima farsa targata Guarascio (VATTENE!), che il popolo rossoblu ha visto consumarsi ai propri danni – qui sul blog ne abbiamo trattato abbondantemente – in un modo o nell’altro il campionato prosegue impietoso, indifferente verso ciò che avviene in riva al Crati e, nonostante nausea e sconforto, ai nostri fedeli lettori non faremo certo mancare le consuete informazioni sul prossimo “barbaro” che il Cosenza sarà chiamato ad affrontare nel turno che arriverà già domani: il Pordenone.

Nato nel 1920 da una “costola” dell’Unione Sportiva (polisportiva cittadina sorta nel 1913 e attiva in varie discipline), non ha vissuto – in più di cento anni della propria storia – grandi soddisfazioni, avendo vinto appena una Supercoppa di Serie C ed uno Scudetto di Serie D. Ed infatti è solo nel 2019 che i friulani hanno conosciuto per la prima volta la Serie B, grazie ad una grande idea della Società, cioè dopo aver lanciato una campagna sul portale The Best Equity con l’obiettivo di raccogliere fondi volti proprio a conquistare e finanziare una degna partecipazione alla serie cadetta. Il progetto, Pordenone 2020, è stato accolto con grande entusiasmo e ha potuto contare sulla partnership chiave con Unindustria. La campagna, prima in Italia per entità di capitali raccolti, volta a finanziare una squadra di calcio con una quota raggiunta pari a 2,28 milioni di euro, è servita a supportare il progetto tecnico-sportivo della Società, a valorizzare un centro sportivo d’eccellenza ed a puntare sullo sviluppo dei propri giovani talenti. L’enorme successo della raccolta fondi appena descritta le ha fatto guadagnare il terzo gradino del podio della speciale classifica dedicata alle più grandi campagne di equity crowdfunding realizzate nel 2019 in Italia. Ciò si era reso necessario perché il Club non era dotato di ingenti capitali, spinto al successo sportivo più per la passione dei suoi dirigenti, che dal loro potere economico. Dirigenti come il presidente, Mauro Lovisa che, fin da ragazzo aveva giocato a calcio nello stesso Pordenone, proseguendo con la carriera in altre squadre friulane, fino a 35 anni. La vecchia società neroverde, poi, fallì nel 2004 e perse il diritto della categoria. A quel punto il presidente del Don Bosco Calcio, Giampaolo Zuzzi, e l’allora sindaco Sergio Bolzonello assieme ad altri si impegnarono per rilevare i diritti e creare una nuova Società. Lovisa fu coinvolto per rapporti di amicizia con alcuni dirigenti di allora e così iniziò l’avventura: diventato presidente dei Ramarri nel 2007, da allora fu iniziato il percorso che dall’Eccellenza, in dodici anni, ha portato la squadra in Serie B ed allo stesso tempo consolidato il progetto tecnico e patrimoniale del Club grazie ad un grandissimo investimento sulla propria cantera. Appena partita l’avventura la compagine friulana non aveva nessun giovane di proprietà, mentre oggi con 400 giocatori e 27 società affiliate vanta uno dei migliori vivai calcistici d’Italia. Eppure Mauro Lovisa non può contare su ingenti risorse economiche, essendo egli solo uno dei tredici soci della cooperativa Vitis Rauscedo di San Giorgio alla Richinvelda, una realtà che opera nel vivaismo viticolo e vende 7 milioni di piante all’anno, in gran parte nel mercato italiano dove realizza l’80% dei ricavi grazie a una consolidata rete di clienti storici, ma anche con una presenza all’estero con destinazioni in Portogallo, Russia, Romania ed anche Spagna. 8 milioni di fatturato, con i residui ricavi da suddividere tra i tredici soci e liquidità in mano al presidente Lovisa che, dunque, evidentemente è poca cosa per sostenere da solo una squadra in B. Ecco il perché della campagna di equity crowdfunding per la raccolta fondi, già descritta, oltre all’apertura del Club a più soci, come il presidente onorario Giampaolo Zuzzi, i soci Maurizio Orenti, Giuseppe Iavazzo e le aziende Omega, Assiteca e Bortolin Kemo, che contribuiscono a mantenerlo in vita, cercando di portare qualche idea innovativa e di dare spazio, come detto, ai giovani, tant’è che la direzione sportiva era stata affidata al figlio di Lovisa Matteo – che, a 23 anni (oggi venticinquenne), era diventato il ds più giovane d’Europa. Oggi il ragazzo è il Responsabile dell’Area Tecnica, dopo avere lasciato il ruolo di DS ad Emanuele Berrettoni.

Nativo di Roma, già calciatore, tra le altre, di Lazio e Napoli, ha finito la carriera proprio nei Ramarri, quindi è rimasto in Friuli prima come dirigente poi, dopo avere superato nel dicembre di due anni fa l’esame a Coverciano, ne è diventato il Direttore Sportivo. A lui anche quest’anno è stato affidato il compito di allestire una squadra capace di raggiungere l’obiettivo della salvezza. Intanto, dopo la scampata retrocessione evitata lo scorso anno grazie proprio alla sfida all’ultima giornata contro i lupi (forse è meglio dire le pecore) guidati allora come oggi da Occhiuzzi, che domani tornerà sul luogo del “delitto” e, come a chiudere un cerchio, ricomincerà laddove aveva malamente terminato, il DS del Pordenone ha pensato bene di sostituire il traghettatore (dopo l’esonero di Tesser) Domizzi con un nuovo allenatore. Così la squadra friulana si è presentata ai nastri di partenza dell’attuale stagione con un nuovo allenatore, vale a dire Massimo Paci. 1ª e 2ª giornata sotto la sua guida ed arrivano altrettante sconfitte. Esonero. Viene chiamato a sostituirlo Massimo Rastelli, che resterà al timone dei Ramarri tra la 3ª e l’8ª giornata con la miseria di appena un punto raggranellato. Altro esonero. Da allora si è deciso di puntare sul ritorno in neroverde di Bruno Tedino, che in otto gare (tante, sommate tra loro ne avevano fatte i suoi due predecessori) ha raccolto 6 punti – contro la miseria di uno dei suoi predecessori -, frutto di una vittoria, tre pareggi e quattro sconfitte. Eppure, la squadra messa su da Berrettoni ha visto il suo organico rinforzarsi rispetto alla passata stagione perché , se si fa eccezione per le eccellenti cessioni di Vogliacco (andato al Genoa), Ciurria (al Monza) e Tremolada (peraltro già fuori dal progetto tecnico, dall’anno scorso, ceduto a titolo definitivo al Modena) per il resto tutte le restanti operazioni in uscita sono state minori. In entrata, viceversa, sono arrivati calciatori a titolo definitivo come Zammarini (c, Pisa), Mensah (a, Triestina), Greco (c, Torino), Onișa (c, Torino), El Kaouakibi (d, Bologna), Ciciretti (a, Napoli), Sabbione (d, Bari); altri in prestito, come Cambiaghi (a, Atalanta), Kupisz (d, Salernitana), Tsadjout (a, Milan) Pellegrini (a,Sassuolo), Folorunsho (c, Napoli), Valietti (d, Genoa), Petriccione (c, Crotone), Pinato (d, Sassuolo). Un buon mix di esperienza e giovani con un’età media della rosa che si attesta sui 26 anni ed un valore complessivo dei cartellini dei calciatori che sfiora i 14 milioni di euro (13,88).

Dicevamo del ritorno di Tedino che, a distanza di 4 anni dall’ultima volta (i friulani giocavano ancora in C e nell’impianto cittadino del Bottecchia, oggi al Teghil di Lignano Sabbiadoro) ha ripreso in mano la squadra con il suo credo tattico abbastanza flessibile e basato su più i moduli, pur sempre mantenendo stilemi di gioco molto definiti. I neroverdi hanno giocato con Tedino – indifferentemente – con una, due e tre punte, alternando 4-3-3 (più frequentemente), 4-2-3-1 e 4-3-1-2. Una varietà che dimostra il vero carattere della squadra pordenonese, ancorata al gioco anziché agli schemi. A prescindere dallo schieramento, la squadra di Tedino non cambia, mantenendo principi di gioco solidi e coerenti. Il Pordenone dell’allenatore 57enne, trevigiano di nascita, ha una vocazione di controllo: la squadra cerca sempre di avere il pallone tra i piedi, nella consapevolezza che il possesso – oltre che attaccare – serva anche a difendersi. La squadra ha una struttura molto fluida nelle posizioni, che poi influenza anche le fasi di gioco: e così si vedono terzini stringere la posizione per marcature preventive, durante la fase di possesso, e attaccanti che arretrano fino a centrocampo per dare un’opzione di gioco in fase offensiva. La squadra cerca spesso di occupare l’ampiezza, che dà un vantaggio posizionale-strategico: dilatando il campo i giocatori offensivi hanno l’opportunità di muoversi al centro con la maggiore libertà possibile, garantendo al portatore sempre due opzioni di gioco. La fluidità delle posizioni – che tolgono riferimenti agli avversari, aumentando quelli dei compagni – fa il resto. Il Pordenone cerca sempre la palla a terra, che si tratti di spostare la retroguardia avversaria o superare il possesso. Oltre alle idee, c’è la qualità dei singoli: i Ramarri non rinunciano mai ai tre giocatori offensivi (un trequartista e le due punte, o due esterni al fianco di un centravanti), appoggiandosi ad un centrocampo dove i giocatori tecnici permettono alla squadra di gestire il possesso nel modo migliore possibile. Per supportare una fase offensiva del genere, che presuppone molti giocatori oltre la linea del pallone, i neroverdi hanno una fase di recupero molto aggressiva: la squadra sfrutta la presenza intorno al pallone per andare subito a caccia del recupero, anche a costo di scoprire spazio alle sue spalle. Il pressing dura almeno 5/10 secondi, per cercare un recupero veloce o (almeno) ritardare le ripartenze avversarie, in modo da potersi riordinare e non disdegna di ricorrere al fallo se questa operazione fallisce. In fase di difesa posizionale la linea dei difensori marca a zona. Uno dei 2 difensori centrali esce, ovvero il centrale di centrocampo si abbassa ad affrontare il portatore di palla avversario, mentre i compagni formano la linea di copertura coadiuvati dagli esterni ed anche dall’esterno di centrocampo presente sul lato debole. La linea difensiva, pur giocando – dicevamo – a zona (in realtà è una zona mista perché spesso gli attaccanti centrali sono francobollati ad uomo) non attua la tattica del fuorigioco. Per quanto riguarda la fase difensiva nel suo insieme la squadra è più accorta, con i tre giocatori offensivi in disturbo sul primo possesso e il resto dei giocatori che si alzano nel tentativo di isolare il portatore avversario. Anche qui l’interpretazione è molto fluida, coi giocatori che agiscono guardando pallone e avversario, cercando comunque una fase difensiva attiva. Una ricerca del genere nasconde comunque fallibilità, specie nelle transizioni. Il minimo errore in pressione rischia di far saltare la catena, aprendo spazi enormi. Le possibilità dei Lupi, domani, potranno trovare corso proprio nello sfruttare le piccole imperfezioni nei meccanismi dei Ramarri, capitalizzando al massimo gli spazi lasciati nelle fasi di transizione. Il contropressing molto aggressivo di Tedino, se eluso con un buon palleggio da dietro (magari sfruttando le qualità dei vari Palmiero, Carraro, Gerbo o Boultam, piuttosto che dei difensori, anche se il gioco di Occhiuzzi – temiamo – coinvolgerà pericolosamente proprio i difensori) potrebbe consentire ai nostri di sfruttare la distanza ampia fra difesa e centrocampo e quindi essere pericolosa in fase di ripartenza ed in zona di rifinitura. Staremo a vedere come Occhiuzzi avrà analizzato l’avversario e, magari, facendo tesoro di errori già fatti l’anno scorso, sappia leggere le difficoltà degli avversari a partita in corso. Ma non sarà affatto una passeggiata, perché noi veniamo da una preoccupante involuzione sul piano tecnico , del gioco e purtroppo dei risultati (la squadra avrà voluto farsi fuori Zaff? Non lo sapremo, forse, mai!), mentre i pordenonesi a livello di organizzazione e di gioco di squadra, nelle ultime uscite (compresa l’ultima, quella di Benevento) avrebbe meritato ben altri risultati. Fondamentali per confermare la fiducia del tecnico di Corva nei suoi uomini saranno le prossime due partite che vedranno lottare il Pordenone contro avversarie dirette nella lotta per la salvezza: prima il nostro Cosenza e poi i cugini di Crotone. C’è da aspettarsi dunque degli avversari che si giocheranno il tutto per tutto, quindi ci auguriamo che i nostri si impegnino con altrettanto ardore, per spazzare critiche, ritornare a macinare punti, oltre che lasciare a distanza di sicurezza un diretto avversario, evitando di ripetere i “peccati mortali” commessi nelle partite contro Alessandria e S.P.A.L.

L’11 che Tedino potrebbe opporre al Cosenza

Come vorrà, Tedino, giocarsi, dunque, la partita più importante del girone d’andata? Quali uomini vorrà coinvolgere dal primo minuto di gioco nel suo undici iniziale per provare a scardinare la difesa del Cosenza? Beh, non sembra vi siano dubbi sull’impiego, a difesa dei pali di Perisan, davanti al quale, sugli esterni potrebbero ancora una volta esserci Falasco sull’out di sinistra ed El Kaouakibi (o Magnino) sul versante opposto, di destra. La linea centrale potrebbe essere formata da due tra Camporese, Barison e Bassoli. In mediana i dubbi maggiori per il tecnico di Treviso, con tutte le posizioni in ballottaggio: Zammarini potrebbe essere preferito a Kupisz a destra, Pinato a Ciciretti a sinistra ed al centro Pasa potrebbe spuntarla su Petriccione. In attacco, Butic (a segno a Benevento) dovrebbe spuntarla, come “puntero”, su Sylla, mentre difficilmente, largo a destra, non si vedrà giostrare dal primo minuto Folorunsho, mentre in tre potrebbero contendersi una maglia, alti a sinistra, vale a dire Tsadjout, Cambiaghi ed il già citato Ciciretti.

Sarà che in trasferta i Lupi vanno decisamente male ed i numeri sono impietosi e parlano chiaro: 2 soli punti conquistati lontano dal Marulla, 5 gol fatti e ben 19 subiti. Sarà che contro un Pordenone in crescita, per i Lupi in piena crisi andare a segno sarà molto complicato. Sarà anche che i precedenti in terra friulana dicono Pordenone (nei tre incontri disputati, due le vittorie dei padroni di casa ed una a nostro favore)… beh, fatto sta che neanche quando siamo opposti all’ultima in classifica, che la distanza tra le due squadre è di ben 8 punti e che persino la differenza reti è a nostro schiacciante favore (-12 per noi, contro un pesante -19 dei neroverdi) si riesce ad avere il favore del pronostico degli scommettitori (credo che sia un record avere 17 turni su 17 i bookmakers contro, grazie anche di questo, presidente Guarascio!): la vittoria del Pordenone, domani, salvo variazioni dell’ultimo minuto, verrebbe pagata la miseria di 2,17, il pari è dato a 3,30, mentre l’eventuale rapina dei Lupi viene data come ipotesi più remota, essendo pagata ben 3,70 volte la posta. A dirigere Pordenone-Cosenza, in programma domani con calcio d’inizio alle ore 14:00 allo stadio Teghil di Lignano Sabbiadoro, è stato designato l’arbitro Marco Piccinini di Forlì. Avrà come assistenti Scarpa e Avalos. Quarto uomo Angelucci. Al VAR Giua, suo assistente Cecconi. Due sono i precedenti di Piccinini con il Pordenone, che con lui ha ottenuto un successo in serie C e un pareggio, mentre lo stesso direttore di gara ha incrociato tre volte il Cosenza, che con lui ha ottenuto una vittoria, un pareggio ed una sconfitta. Ultima nota curiosa, in questa partita non vi sono ex, né nell’una né nell’altra squadra.

Scaramanticamente, provo a non evocare più lo spirito del capo dei Visigoti per cercarne l’intercessione: speriamo solo di uscire da Lignano con un risultato diverso rispetto a quello di pochi mesi fa, perché i ricordi che quella partita richiamano, non sono per niente piacevoli, soprattutto se il fato si accanisce e riporta, proprio dove aveva diretto la sua ultima partita, Occhiuzzi di nuovo sulla panchina del Cosenza. Speriamo che si chiuda il cerchio e che stavolta la buona sorte giri a nostro favore.

Sapiens

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