TRAVOLTI VIVI


Cremonese – Cosenza 3-1

CREMONESE (4-2-3-1): Carnesecchi; Sernicola, Bianchetti, Ravanelli, Baez; Fagioli (42′ st Politic), Castagnetti; Zanimacchia (32′ st Valzania), Gaetano (42′ st Rafia), Buonaiuto (32′ st Gondo); Di Carmine (18′ st Ciofani). A disposizione: Agazzi, Sarr, Fiordaliso, Casasola, Meroni, Bartolomei, Crescenzi. Allenatore: Pecchia
COSENZA (3-5-2): Matosevic; Vaisanen, Camporese, Rigione; Di Pardo (16′ st Gerbo), Ndoj (30′ st Palmiero), Carraro (30′ st Zilli), Florenzi (16′ st Vallocchia), Situm (28′ pt Liotti); Caso, Larrivey. A disposizione: Vigorito, Sarri, Venturi, Hristov, Bittante, Pandolfi. Allenatore: Bisoli
ARBITRO: Meraviglia di Pistoia
MARCATORI: 2′ pt Larrivey (Cs), 17′ pt Gaetano (Cr), 34′ pt Gaetano (Cr), 45′ pt Vaisanen (Cs, aut)
NOTE: Spettatori 6287 di cui 223 tifosi del Cosenza. Ammoniti: Vaisanen (Cs), Florenzi (Cs), Carraro (Cs), Di Pardo (Cs), Zanimacchia (Cr), Fagioli (Cr). Angoli: 4-2 per la Cremonese. Recupero: 3′ pt – 3′ st


Siamo ai piedi del Golgota, ma vivi.
C’è questo da dire al termine di Cremonese-Cosenza, partita che ci ha visto addirittura passare in vantaggio dopo un paio di minuti (e un avvio al fulmicotone, con un altro gol sfiorato venti secondi prima) quando Larrivey ha ribadito in rete una caparbia azione di Camporese – sempre lui – proprio a seguito del corner conquistato con quella prima, pericolosissima incursione (di Di Pardo). La gara ha raccontato della ovvia superiorità tecnica grigiorossa – non per nulla sono loro i primi in classifica -, di un Cosenza certamente meno arrendevole e vittima predestinata del solito (questa stessa prestazione, quantomeno sul piano della voglia, forse ci avrebbe visti uscire indenni da Terni o Reggio) ma che ha nuovamente pagato la carenza di qualità specie in uscita dalla difesa: in troppe circostanze (gol compresi) i pericoli sono giunti non tanto dagli schemi offensivi dei padroni di casa, quanto dalla nostra incapacità di uscire dall’area serenamente palla al piede, di ripulire i palloni nella nostra trequarti senza riconsegnarli agli avversari o almeno, alla peggio, di spazzare a casa loro.
Probabilmente la Cremo, bella da vedere e ricca di qualità (ricordatemi di aprire una parentesi su Baez), avrebbe vinto ugualmente, proprio perché con oggi sono 38 i punti che ci dividono da loro; ciò non toglie che il Cosenza ha un problema di qualità nelle fasi di gioco più concitate davanti alla nostra porta, in cui il solo modo che abbiamo di provare a schivare un pericolo è togliere la palla da lì (quando ci riusciamo) senza badare a dove la si manda – e questo a lungo andare significa gol avversario, perché non puoi coprire tutti i buchi che si aprono soprattutto se nel coprirne uno automaticamente tu stesso ne apri un altro: Rigione, Camporese, Vaisanen e gli altri, specie gli esterni, dovrebbero – nella consapevolezza che giocano in B e in B queste attitudini sono richieste – passare la palla ai loro compagni (con precisione) anziché provare a buttarla via alla disperata anche in circostanze in cui la disperazione è ben di là da venire. Se su ogni cross, su ogni tentativo di filtrante, su ogni palla che passa davanti alla nostra porta, la sola soluzione che sappiamo tirare fuori è tirar via di lì il pallone (NON allontanandolo: semplicemente, si passa dalla nostra area alla nostra trequarti, e l’azione avversaria prosegue da lì), è ovvio che i gol altrui arrivino puntualmente e diventa anche inutile giocare chiudendosi dietro.
Ma, al di là della grande giornata di Gaetano e della luna nera che ha oscurato la nostra difesa (palla sotto tre paia di gambe – Matosevic compreso – sul primo gol, autogol sfortunato di Vaisanen sul terzo, col finlandese che forse nemmeno voleva colpire il pallone e il portiere croato rimasto a metà strada e spiazzato da quel tocco di testa estemporaneo) resta un Cosenza che, seppure poche volte abbia superato la metà campo costruendo azioni offensive, in quelle poche volte ha costruito serie palle gol, poi però non concretizzandole (miracoloso soprattutto Carnesecchi su Caso in occasione di una velocissima discesa del nostro numero dieci che poteva valere il 2-2): questo non significa che i locali abbiano demeritato la vittoria, naturalmente, ma rappresenta il segnale che il Cosenza comunque c’è, è vivo e lotta ancora. E teniamoci questo per oggi, quindi: siamo ai piedi del Golgota, ma vivi.
Naturalmente la prestazione ha avuto comunque lati negativi, specie nelle prestazioni dei singoli. Ndoj , ad esempio, ancora una volta non pervenuto: siccome tutti lo conosciamo benissimo, non resta che chiederci che fine abbia fatto l’immenso giocatore ammirato a Brescia, salvo risponderci che evidentemente – una volta uscito dall’infermeria – è ancora a fare fisioterapia, mandando in campo il suo gemello, in attesa di recuperare una piena forma che evidentemente ritroverà nella prossima stagione, quando probabilmente se lo godrà qualcun altro. Questi sono i rischi di scegliere di non poterti permettere giocatori pronti: anche quando arrivi a ingaggiarne qualcuno di nome, il campo ti spiega come mai uno come Ndoj all’improvviso è diventato accessibile a te.
Carraro ancora una volta privo di spunti: è il giocatore che dovrebbe darci ordine, una volta che si sceglie lui anziché Palmiero, ma in campo raramente si vede ordine. La difesa oggi ha perso la testa: tutti danno colpe a Matosevic su primo e terzo gol, ma la prima regola di chi difende è che non si copre la visuale al portiere, soprattutto se in due si fanno passare la palla sotto le gambe su un tiro che poi il croato vede all’ultimo secondo e passa sotto le gambe anche a lui. Perché non puoi mettere in croce Matosevic per una palla passata sotto le gambe se due difensori due davanti a lui fanno la stessa cosa, facendogliela sbucare davanti all’improvviso. Sul terzo mi sono già dilungato abbastanza.
Sugli scudi il solito Caso strepitoso, ormai calato perfettamente nella parte di quello che si deve caricare il Cosenza sulle spalle – aggrappiamoci a lui per centrare questa salvezza – mentre il compito di Larrivey è timbrare il cartellino (con oggi sono quattro da febbraio quando è arrivato: mica disprezzabile), non ha più il fisico per sostenere invece l’azione offensiva.
Ma in tutto questo, siamo ai piedi del Golgota ma siamo vivi.


Siamo vivi perché, in attesa che l’Alessandria affronti il Cittadella (e squadre sono in campo ora mentre questo articolo viene pubblicato) il Vicenza completa il suo suicidio perdendo in casa con il Perugia dopo essere passato in vantaggio e andando molto probabilmente a tenere compagnia a Crotone (che fa a noi, ma non a sé stesso, il favore di togliere punti alla Spal) e Pordenone, che anche matematicamente saluta la categoria. Notizia importante, perché proprio i ramarri saranno i nostri prossimi avversari: una squadra che è ultima perché è più debole di tutte le altre, se la classifica ha ancora un senso, e che verrà a Cosenza priva di stimoli e depressa da una retrocessione freschissima. Saranno da prendere con le molle perché hanno comunque mietuto vittime eccellenti in stagione (buon ultimo il Frosinone) e perché li affronteremo senza Di Pardo, Carraro, Florenzi e forse Situm, ma rappresentano un’occasione irrinunciabile e non rinviabile di portare a casa, davanti al pubblico amico, tre punti che sarebbero fondamentali e vorrebbero dire al 90% quantomeno i playout.
Siamo vivi a sufficienza per puntare antenne e zanne verso i neroverdi, anche a farci pagare un conto dal destino: una volta in C ci hanno eliminato dai playoff, una volta – appena un anno fa – hanno sancito in uno scontro diretto la nostra retrocessione poi cancellata dall’estate che si è portata via il Chievo, adesso tocca a noi riprenderci la serie B proprio contro il Pordenone.
Siamo vivi perché ci tiene vivi la classifica, perché ci tengono vivi i soliti risultati disastrosi delle altre, ma anche perché il Cosenza nonostante tutto oggi ha dimostrato di esserlo: carente, lacunoso, con poca qualità – ma vivo, disposto a combattere e in grado di creare occasioni da rete nonostante tutto. Da una trasferta in casa della prima in classifica forse non ci si poteva aspettare di più.
Qualcuno sta già parlando di prestazione vergognosa, come se avesse dimenticato le vere prestazioni orripilanti di questa squadra (specialmente in epoca Occhiuzzi, com’è che a quello scienziato di Occhiuzzi certe cose non le diceva nessuno tranne questo blog?) o anche solo il fatto di avere davanti la Cremonese (Carnesecchi, Baez, Fagioli, Gaetano…).
Siamo vivi, e questo conta.


Sì, prima di chiudere, ero in debito di due righe su Baez.
Io stravedevo per Baez, gli volevo pure bene sostanzialmente – lo vedevo come un ragazzo (molto giovane quando è venuto qui) che ha attraversato un oceano, è diventato grande da noi e si è anche affezionato alla piazza: da allora sta anche con una ragazza di Cosenza tutt’oggi. Tecnicamente fenomenale (ce lo ha ricordato oggi con stop inconcepibili e una prestazione mostruosa, seppure schierato da terzino…), velocissimo, caratterialmente temprato – garra uruguagia pura.
In moltissimi lo criticavano.
Non me la voglio prendere con quei moltissimi; piuttosto, oggi, nel vederlo giocare questa partita perfetta persino da terzino (!!!), semplicemente mi viene da ripensare allo scorso gennaio, quando uno così lo avevamo noi. La squadra arrancava (sarebbe retrocessa a fine stagione, torno a ripeterlo perché è un concetto che non ci deve mai passare di mente), avevamo il peggiore attacco del campionato – che si aggrappava soprattutto alle sue giocate per cavare fuori qualche ragno dal proverbiale buco -, e la proprietà penso bene di farlo cedere per settecentocinquantamila euro (più duecentocinquantamila di stipendio lordo risparmiato: totale, un milione in saccoccia), per di più a quella Cremonese che l’anno scorso, in quel momento, era una nostra diretta concorrente. A fronte di questa cessione dolorosissima e di un milione intascato, l’attacco peggiore del campionato fu rafforzato ingaggiando lo svincolato Mbakogu (anche questo non mi stancherò mai di ripeterlo), giocatore fermo da un anno e finito più o meno da cinque.
Col milione rimasto in saccoccia (nella tasca di so io chi), perché una società ha entrate e uscite. Entrate nelle tasche di cui sopra e uscite in oneri diversi di gestione e costi per servizi, non certo per calciatori – come se nemmeno lo fossimo, una società di calcio.
Il tutto con l’avallo di Robbé.
Poi vedi questo Baez… e no, meglio che non continui la frase.
Ma forse qualche ultimo indeciso lo avrà capito almeno oggi, il motivo per cui Guarascio se ne deve andare.

NubeDT

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