NON SAREMO MAI FELICI

COSENZA (4-3-1-2): Marson; Venturi, Vaisanen, Rigione, Gozzi (40′ st Camigliano); Voca (40′ st Brescianini), Calò, Florenzi; Zilli (16′ st Brignola), Larrivey, D’Urso (32′ st Butic). In panchina: Matosevic, Brescianini, Kornvig, Panico, Merola, Camigliano, Nasti, Vallocchia, Sidibe, Butic, La Vardera. Allenatore: Viali.
PERUGIA (3-4-1-2): Gori; Sgarbi, Curado, Dell’Orco; Casasola, Bartolomei (32′ st Iannoni), Santoro, Paz (1′ st Beghetto); Kouan (17′ st Luperini); Di Serio (1′ st Strizzolo), Di Carmine (22′ st Melchiorri). In panchina: Furlan, Abibi, Rosi, Iannoni, Vulikic, Lisi. Allenatore: Castori.
ARBITRO: Feliciani di Teramo.
NOTE: giornata serena, terreno in buone condizioni, spettatori 4052, di cui 95 ospiti. Ammoniti: Voca, Venturi, Iannoni, Camigliano. Angoli: 3-4. Recupero: 2′; 4′.

…Ma sì, magari invece sì, magari anche stavolta a fine campionato troveremo nel risultato finale un motivo per piangere di nuovo di gioia e abbracciarci ubriachi di felicità per un’altra miracolosa salvezza, chissà. Sicuramente l’impressione è che – passano gli anni, ma – il nostro destino non possa essere diverso da questo, lottare fino alla fine dando il 110% per riuscire a centrare la salvezza. Il sestultimo posto, il quintultimo con quattro punti di distacco sulla quartultima, il playout, il fallimento o la radiazione di qualcun altro con annessa riammissione, va bene tutto – nella giornata in cui la Reggina viola anche il Rigamonti, imponendosi in casa del nostro quotatissimo prossimo avversario, e dalle rive dello Stretto ci insegnano come si fa calcio vincente, ecco, proprio in una giornata così noi per l’ennesima volta prendiamo atto che dobbiamo e possiamo aspirare solo a salvarci (e pure quello sarà sempre in bilico. Salvarsi? Magari).
Arriva a Cosenza l’ultima in classifica, ed esattamente come nelle previsioni il Perugia detta legge per oltre un’ora (ed è il Perugia ultimo: un’altra squadra in quei sessantacinque minuti circa ci avrebbe fatto tre gol), come al solito balbettiamo per un tempo e mezzo – poi cambiano le cose nel finale e tanto basta a qualche sprovveduto (o fin troppo furbo) per raccontare in giro che avremmo meritato di vincere (bocca mia, taci).
Finisce zero a zero in casa contro l’ultima in classifica, dicevo, e ci tocca anche questa: leggere di gente felice perché si è bloccato il Perugia impedendo ai grifoni di avvicinarsi in classifica. Discorsi che sentii in un lontano Cosenza-Barletta di serie C di dieci anni fa o poco più: anche allora si disse che avevamo bloccato il Barletta ultimo impedendogli di avvicinarsi a noi. Testuale, stesso assurdo concetto che già circola oggi dopo la gara con gli umbri. Quella volta finì che retrocedemmo noi e loro, perché quando pareggi in casa con l’ultima in classifica, con chi poi vorresti vincere?
Innumerevoli, tra primo tempo e prima fase del secondo tempo, le occasioni in cui i biancorossi avrebbero potuto farci molto male. Le ha sventate un Marson che ancora una volta si dimostra quantomeno affidabile (ve lo sto ripetendo: volete un portiere di categoria? E prendiamo un portiere di categoria, ma le vere priorità oggi sono in altri ruoli), mentre Venturi, croce e delizia, ha fallito un gol che sembrava impossibile da sbagliare ma ha tolto dalla nostra porta, con una perfetta diagonale, un pallone che Kouan stava per spingere in rete. Alla fine le occasioni da gol per gli umbri saranno otto, nove, forse addirittura una decina (dipende da cosa si considera palla gol), quindi almeno per quello che si è visto per larghi tratti del match il pari è benvenuto davvero.
Le palle gol (e clamorose) stavolta le ha avute anche il Cosenza, più o meno nei venti minuti finali o giù di lì (tranne un tiro troppo centrale di Voca da posizione favorevolissima, su sponda di Zilli, al 45′), ed è già una novità rispetto a quando nemmeno si tirava in porta. Alcune sono state estemporanee (come quando Larrivey, al ventiduesimo della ripresa, ha approfittato di una dormita di Curado e del portiere Gori per portar via loro il pallone in modalità Benevento, ma stavolta non ha centrato lo specchio da posizione decentrata), altre in mischia (vedi la già citata occasionissima di Venturi, che a un quarto d’ora dalla fine ha incredibilmente calciato sul fondo da pochi passi dopo una percussione di Florenzi), altre ancora originate da spunti individuali (Calò al minuto 82′ ci ha fatto credere di stare assistendo a una gara dei mondiali, quando partendo dalla trequarti è entrato in area in serpentina in mezzo a un cespuglio di gambe avversarie e poi ha colpito un palo a Gori battuto con un fantastico collo esterno). Insomma, potevamo vincere, potevamo perdere (e per 65′ almeno sembrava quello il destino), poteva finire due a due o tre a tre – alla fine ne è uscito uno zero a zero che accontenta tutti oppure nessuno, perché la classifica delle due squadre piange.


Però una riflessione si impone.
Mi sono chiesto: cosa è cambiato tra il Cosenza della prima ora di gioco, incapace di costruire azioni offensive e schiacciato nella propria area, al Marulla, dall’ultima in classifica, e il Cosenza dei venticinque minuti finali (circa), che non solo ha creato palle gol ma si è fatto avanti in maniera tambureggiante, arrivando al tiro numerose volte?
La risposta annoierà molti, già lo so, perché è un argomento su cui mi rendo conto di insistere spesso (e darmi arie da espertissimo di calcio, modello Coverciano), ma è quella per me più corretta ed è importantissimo tenerla a mente, ed è: le seconde palle.
All’improvviso, a meno di mezz’ora dalla fine, il Cosenza ha cominciato a conquistare tutte le seconde palle. Quello che ai Lupi non era riuscito né nel primo tempo né nel resto del campionato. Perché nel calcio non è detto che, per esempio, ogni cross spiova magicamente sulla testa del tuo bomber: succede che la difesa respinga quel pallone. Se tu arrivi per primo su quella respinta, magari già nella trequarti avversaria, inizi subito una nuova azione offensiva, partendo subito da posizione favorevole, e la difesa avversaria deve affaticarsi a riposizionarsi. Se invece sulla respinta ci arrivano loro, partono in contropiede e devi correre all’indietro. Stesso discorso quando attaccano gli avversari: se sulla respinta della tua difesa ci sei tu, puoi contrattaccare; se puntualmente invece arrivi per ultimo sulle seconde palle, ti schiacciano nella tua area.
Ecco: che fossero offensive o difensive, praticamente da inizio stagione su quasi tutte le seconde palle sono arrivati per primi tutti gli avversari che abbiamo affrontato, e più o meno tutti quindi ci hanno schiacciato nella nostra area – o sono agevolmente ripartiti quando hanno rintuzzato uno dei nostri sporadici attacchi. E’ andata avanti così da agosto fino a 25′ dalla fine di oggi, quando invece è poi cambiato tutto all’improvviso: sulle seconde palle, da quel momento in poi, c’eravamo noi – e non è un caso se anche le palle gol che abbiamo creato in quel frangente sono nate proprio da seconde palle, respinte alla meno peggio dagli umbri e calamitate da Florenzi e Calò, che le hanno trasformate quasi in oro (quasi, purtroppo).
Che sia successo perché il Perugia è arretrato troppo, perché abbiamo finalmente alzato il baricentro noi o per una combinazione di questi due fattori, è successo che – proprio come negli scacchi – quando ci siamo presi il centro del campo, facendo stazionare la palla dalle parti dell’area di Gori e impedendo ai grifoni di risputarla via, è cambiata la storia della partita. E io credo che Viali debba interrogarsi su questo, darsi una risposta e agire di conseguenza: perché se alzando il baricentro cominciamo ad assomigliare anche noi a una squadra di serie B (fino a oggi, a voler essere buoni, siamo risultati di una categoria inferiore rispetto a tutti, anche le squadre che abbiamo battuto) sarà il caso di farlo definitivamente e abbandonare le nostre paure.
E’ ovvio che non si riduce tutto a una lettura così manichea, altrimenti si peccherebbe di eccessiva semplificazione (però c’è anche chi dice che il calcio sia un gioco semplice, anche se è difficilissimo giocare semplicemente): ma trovo che lavorare su questo sia comunque un passaggio fondamentale.
Chiaro che in campo c’è pure l’avversario, per carità. Non sempre ti riesce quello che prepari prima della partita: ma mi piacerebbe cominciare a vedere un Cosenza che ci provi per 90 minuti, finalmente – fermo restando che anche oggi è emerso come questa squadra debba essere seriamente rinforzata per davvero a gennaio e non sarà ammissibile trascorrere un’altra sessione di mercato con le ridicole farse a cui questa società ci ha purtroppo abituato: se non si opera immediatamente e bene, se non si investe massicciamente sul mercato (a occhio, almeno il doppio del budget stanziato fino a ora), se non ci si dota di 4-5 giocatori di categoria pronti fin dai primi di gennaio, stavolta sembra veramente difficile che l’ennesimo miracolo si ripeta.
Ah, e detto per inciso: parlando a titolo personale e degli altri del blog, per carità (la tifoseria può, se vuole, dissociarsi da questa mia affermazione), io mi sarei anche scocciato di lottare ogni anno perché si verifichi un miracolo che ci porti a una semplice salvezza. Mi sarei ampiamente scocciato di pregare ogni anno Santi e Madonne perché ci facciano la Grazia, se poi la Grazia è semplicemente salvarsi, anche nel modo più squallido possibile (quando ci vuole, ci vuole).
Lo ha detto anche Mutti con toni più soft, lo ripeto io così come va detto.
E’ vergognoso, caro presidente Guarascio. Vergognoso.


PS c’è un particolare motivo se per la seconda volta consecutiva in casa giochiamo con pantaloncini e calzettoni bianchi? Non è che di quelli blu ne abbiamo una muta sola ed è a lavare?

NubeDT

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