LO SCRIGNO DELLE MEMORIE #101. VENT’ANNI E NON SENTIRLI

Prosegue con la sua ennesima puntata (lui dice centounesima, ma c’è da credergli?) l’amata rubrica del nostro blog, a firma Keep Your Feeling In Memories e a cadenza “un po’ quando ca##o mi pare“, in cui torneremo a ricordare fatti e personaggi nemmeno troppo in là nel tempo (astenersi nostalgici di Codognato o De Maria) perché si ha l’impressione, come spesso scritto su questa piattaforma, che a Cosenza la memoria difetti un pochino e si tenda a celebrare e ammantare di epica certi periodi che non meritano propriamente di essere rimpianti.
Anche perché poi ci è capitato davvero, di andarci a vedere lo Zumpano; e lo Zumpano giocava contro il Cosenza. O era Montalto-Cosenza o che so io.

Il quattro a zero, secco (quasi crudele) nel punteggio e meritatissimo nell’espressione in campo, con cui abbiamo umiliato a domicilio una Reggiana che mai prima avevamo sconfitto tra le sue mura (nemmeno quando eravamo in vantaggio di tre gol dopo venti minuti: ma state tranquilli, non è quella la partita che voglio rievocare nel nostro viaggio nella memoria che ha raccolto in questi anni sul blog un buon numero di appassionati), va a scavare tra i ricordi per aprire cassetti impolverati.
Avevamo mai vinto con quattro gol di scarto fuori casa, in cadetteria? Quando uscirà questo articolo avrete già la risposta (le solerti testate locali avranno già trovato il modo di riempire uno spazio andando a scrivere quattro righe su stantìe statistiche), ma io lo sto scrivendo nell’immediatezza del fischio finale di Reggio e poi amo basarmi solo sulla mia memoria (è un modo per tenerla attiva), e a mia memoria direi proprio che la risposta è no: quattro a zero o quattro gol di scarto sono per noi un’estrema rarità in serie B (e non solo), figuriamoci andarci a vincere fuori casa.
Il massimo del trionfo in cadetteria mi pare essere un 3-0 rifilato all’Ascoli al Del Duca, nell’anno della inopinata retrocessione con Occhiuzzi. Quell’anno sconfiggemmo appunto il picchio a domicilio con tre pappine di scarto, quasi sul finire del girone d’andata, e sancimmo la perdita della categoria per i bianconeri… anzi, no. Nel girone di ritorno l’Ascoli, che quando perse in casa contro di noi era ultimissimo, si presentò al Marulla in forte rimonta in classifica (cosa ti vuol dire fare un calciomercato di riparazione decente quando devi rimediare a una brutta situazione e vai a prendere Dionisi anziché Mbakogu…): ma noi, passati in svantaggio, segnammo i due gol della vittoria, ricacciammo i marchigiani quattro punti indietro e allora sì, sancimmo la loro pressoché certa retrocessione… anzi, no. A fine campionato loro, quintultimi, ci finirono davanti di nove punti e a retrocedere fummo noi, senza nemmeno i playout. Poi per fortuna al Chievo venne fatto il funerale estivo.
E in serie C, qualche anno prima, ne facemmo sei (a zero) all’Ischia, in casa nostra, mattatori La Mantia e Arrighini, ultima di campionato con qualche tenue speranza per noi di centrare i playoff (all’epoca in C riservati solo fino al quinto posto), svanita per i risultati degli altri campi. E poi, naturalmente, la vittoria in trasferta più bella degli ultimi anni, il 3-0 a Catanzaro della prima giornata del campionato successivo, Caccetta Gambino Caccetta, il trenino rossoblù sugli spalti, l’aria rovente di un insolito 31 agosto.
Ma un quattro a zero fuori casa, per tornare a noi?
Dicevo, voi starete leggendo queste righe probabilmente già a metà settimana e quindi conoscerete già la risposta, avendola letta sull’articoletto di quattro righe (ci scommetto) di cui sopra. Io, con i fischi dei tifosi granata ancora felicemente nelle orecchie, scavo nella mia mente e dico che no, un quattro a zero a favore in trasferta non è cosa a cui siamo abituati. Una quasi eccezione si staglia, potentissima, nella memoria: quattro i gol di scarto, cinque quelli realizzati dai Lupi, Empoli lo scenario. Era la serie B ripresa da poco dopo la sospensione per via del covid, il Cosenza di quelle ultime dieci giornate di campionato disputate in poche settimane estive a ritmi convulsi in cui si conquistarono 22 incredibili punti. Quella notte di Empoli, indimenticabile, ci regalò uno spettacolo quasi surreale: un Cosenza dominatore in lungo e in largo, Baez che arava il campo, Bruccini e Sciaudone a dettare legge, il miglior Bittante, e soprattutto Casasola e Riviére. Casasola e Riviére. Come raccontare quella notte (e a dire il vero tutto quel finale di campionato) di Casasola e Riviére? Ci fu chi disse che l’unica nota stonata di quella serata pazzesca era la multa all’argentino e al francese perché avevano parcheggiato l’astronave in divieto di sosta.
Riviére segnò due gol (il secondo, quello del cinque a uno finale, con una torsione aerea dell’altro mondo), creò altre settordici palle gol, offrì due assist, e della sua serata in cui disintegrò la difesa empolese e gettò le basi per la salvezza clamorosa non le due marcature resteranno ma un assist. Palla a loro, cross in area, la difesa respinge a centrocampo verso lui e Baez che partono in contropiede. Come il lampo immaginifico di un poeta che racchiude in un verso tutta l’arte dell’universo, Riviére lancia di tacco al volo l’uruguaiano, direttamente da un’altra galassia, e Baez si fa cinquanta metri prima di superare il portiere con un pallonetto, dopo averlo fatto sedere con una finta.
Il gol del millennio, per chi ama l’arte.
Ma, dicevamo, parliamo di un’eccezione.
A essere precisi, che io ricordi certe goleade (con la nostra porta invece inviolata o quasi) ci sono state in realtà quasi esclusivamente in serie D, almeno negli anni recenti. E intorno a questa parola, recenti, si tesse la tela di questo pezzo: perché per sapere se e quando nella sua storia il Cosenza abbia vinto in serie B o in altra categoria con quattro gol di scarto lontano dal Marulla vi sarà intanto bastato l’articoletto di cui sopra, ma se noialtri della Bandiera abbiamo aperto un blog è per fare letteratura, sapete?
Persino poesia.


Il ricordo corre alla prima serie D, forse il secondo o terzo anno dopo quel luglio 2003 in cui Pagliuso finì di devastarci la prima volta, e la mente spalanca lo scenario di un Cosenza-Pomigliano 6-0, ultima di campionato in un San Vito assolato e malinconico. Anni tremendi da tutti i punti di vista, anche quello del fornitore delle divise di gioco (saltammo da SportPoint a ErreA a manco mi ricordo più chi in un anno): per quell’ultima di campionato sembrava avessimo finito, oltre alle energie mentali, anche la scorta di rossoblù e la voglia di procurarcene ancora da qualche parte; scendemmo in campo con una maglia rossa e pantaloncini e calzettoni bianchi.
Così, evidentemente perché sì.
Nelle domeniche precedenti, del resto, avevamo già diverse volte pericolosamente rischiato di deragliare dai nostri colori sociali (la serie D ti toglie anche quelli, non lo sapevate?), con divise all blue salvate in calcio d’angolo da qualche virgola rossa qua e là (roba che al confronto la divisa di quest’anno è più rossa della lava di un vulcano).
E in serie D, la maledetta serie D, qualche messe di gol l’abbiamo pur raccolta, in fondo. Siamo andati avanti a quattro a quattro in diverse occasioni: ricordo ancora una derelitta Gioiese venire schiantata da gol memorabili, tipo una rovesciata di Sarli giunta a conclusione di un’azione di squadra sulla destra che sembrava la playstation. E un quattro a zero sotto natale al San Vito pure al Campobello, dopo che il portiere aveva parato un rigore a Cosa (beandosene salvo poi essere bucato sul calcio d’angolo susseguente), e in trasferta, sì, proprio in quel campionato (quello del primo ritorno in serie C, targato Paletta, Citrigno, Chianello e Mirabelli), un quattro a zero inflitto a domicilio al Paternò, alla prima di campionato.
Ecco, avevo parlato di anni recenti, e invece guarda: da quel drammatico 31 luglio 2003, quello che ci ha spediti all’inferno la prima volta, è passato oltre un ventennio.
Vent’anni.
Quanti sono vent’anni?
Tanti, pochi, un soffio, una generazione, una vita. Chissà. Tra noi del blog c’è qualcuno più attempato (non tutti i ragazzi sono giovani) che c’era, in quegli anni di serie C di fine 80’s quando si diceva, campionato dopo campionato, che era uno scandalo che Cosenza mancasse dalla serie B da 25 anni e nemmeno ci provasse (i presidenti di allora piangevano spesso miseria). La serie B per noi allora era un ricordo di ere passate, roba da genitori e forse persino nonni, 25 anni, figuriamoci.
E oggi? Oggi, rievocato per una serie di associazioni di idee da una vittoria per 4-0 in casa della Reggiana, alle 33esima giornata del campionato nazionale di serie B 2023-2024, scopriamo che vent’anni (anzi, di più) sono già passati da quel giorno in cui siamo morti. E non sembra affatto una vita, non come allora quando la serie B dei tempi che furono mancava da 25 anni e 25 anni ci sembravano, a noi che non c’eravamo stati nei 60’s, un’eternità. Oggi quel 31 luglio 2003 ci sembra ieri, giuro, ieri. E sembra ieri la serie D della Catizone, di Intrieri e Nucaro, di Paletta e Mirabelli, invece anche per quei campionati il traguardo del ventennale si avvicina a passi spediti.
Sembra ieri, ma è passata una vita.


In quel quattro a zero a Paternò imperversò Vincenzo Cosa. Mimmo Toscano disse a fine partita di non illuderci e che, nonostante avessimo allestito uno squadrone, non ci dovevamo aspettare, nemmeno in serie D, di vincere tutte le partite per quattro a zero: sembrava persino infastidito dal risultato roboante, che poteva ingenerare nella tifoseria aspettative che avrebbero complicato il suo lavoro di tecnico.
Quanto aveva ragione! Vincemmo quel campionato e cogliemmo lungo la strada qualche altro 4-0, come quello già ricordato al Campobello, ma soffrimmo abbastanza, col Siracusa che crollò alla distanza e il Bacoli Sibilla (sì, la squadra di Moggi, secondo il senatore Gentile, che con grande sprezzo del ridicolo propose addirittura un’interrogazione parlamentare…) ci accompagnò in vetta fin quasi alla fine, cedendo le armi solo nella gara di ritorno al San Vito davanti alla doppietta di Bernardi.
Era un San Vito imbandierato a festa (pure troppo, visto il bandierone presente in Nord: ne ho già parlato una volta, meglio non tornarci…), spettatori quasi ventimila, settemilacinquecento per il cassiere (visto che ufficialmente era quello il limite massimo). Concludevamo la prima epoca di anni amari (purtroppo ne verrà una seconda, grazie Pagliuso!) ma anche di quattro, cinque, sei a zero per noi, in partite che per lo più non contavano nulla (le sole vittorie che rappresentino qualcosa sono ovviamente quelle dell’anno della promozione) contro avversari talmente infimi che per subire una sporta di gol gli bastava affrontare un club che del Cosenza aveva solo il nome (e neanche).
Gli anni della D, quella post-Carraro, fino a Cosenza-Bacoli Sibilla.
Ancora qualche anno e saranno vent’anni pure da allora.
Vent’anni da quegli anni, i primi della prima D, di under improponibili, da Di Giorgio (chissà che fine ha fatto: l’unico esterno della storia che mai nessuno ha visto puntare un avversario per dribblarlo) a Dos Santos, da un volenteroso Mignolo (chissà che fine ha fatto) agli esordi di Ciccio De Rose, oggi veterano quasi a fine carriera che ha riportato in B il Cesena. Vent’anni di distanza da quegli anni di giocatori senza stipendi (ma già ai tempi della C di Pagliuso ci avevamo fatto l’abitudine), di mozzarelle di Intrieri, di pale eoliche di Nucaro, di scontri di Eboli.
Vent’anni e sembra ieri, mentre la serie B degli anni 60, negli anni 80 per noi giovani di allora sembrava il Pleistocene, mentre affidavamo le nostre speranze a Baldassarri e Rocca, Calcagni e Rovellini, Montefusco e Ghio, poi con più garanzie di successo a Lucchetti, Simoni, Urban, Padovano e Di Marzio, e intanto vedevamo divampare in cielo la stella che sbocciava allora di Gigi Marulla, e lo vedevamo precederci in serie B di qualche anno.
Vent’anni e più fa ingoiavamo il fiele di una retrocessione in C e poi di una scomparsa con ricollocamento in serie D di una società erede. Vent’anni e più e sembra ieri, mentre oggi andiamo a vincere quattro a zero a Reggio Emilia e vuoi o non vuoi, per tanti motivi (escluso in larga parte, purtroppo, qualche merito societario) siamo in serie B da sei, e con speranze rinate di esserci ancora per il settimo anno nella prossima stagione.
In fondo anche sette anni di fila, se pure non sono una vita (ma chi può dirlo?), cominciano a diventare tanti. Sembra ieri la notte di Pescara, sembra ieri. Sembra ieri ma ormai è già storia. La nostra.
Buon quattro a zero in trasferta, Cosenza Calcio, e cento di questi anni. Anzi, centodieci.

K.Y.F.I.M.

Un pensiero su “LO SCRIGNO DELLE MEMORIE #101. VENT’ANNI E NON SENTIRLI

  1. Emilio

    Anche se fu “solo” uno 0-3, ricorderei (giuro, senza googlare) anche Livorno – Cosenza del 2020. Non fosse altro che per la sforbiciata di Asencio che ho ancora negli occhi. Grazie per i ricordi.

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